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Da Artusi a Marchesi, alla nidiata dei tanti allievi chef… ecco la Cucina Italiana!!

Da Artusi a Marchesi, alla nidiata dei tanti allievi chef… ecco la Cucina Italiana!!

By Giuseppe

200 anni dalla nascita di Pellegrino Artusi ( 4 agosto 1820 a Forlimpopoli )

Un compleanno che segna il recupero della cucina italiana

Una pietra miliare discussa, ma utile. Tutto riparte da lì

La rinascita della cucina italiana all’inizio degli anni ‘70

Grazie a Gualtiero Marchesi e alla nidiata di tanti allievi diventati maestri   

 

Onore a Pellegrino Artusi

di Giampietro Comolli

L’amicizia, non solo la stima e la grande fortuna di aver frequentato molte volte e con continuità il desco stellato di Gualtiero, mi porta a considerare nella storia e nella letteratura dell’arte culinaria il grande Gualtiero Marchesi come figlio adottivo e critico di Pellegrino Artusi.

Comolli in cucina con Gualtiero Marchesi

Già al Bonvesin della Riva, ma soprattutto dal 1993 al 1999 in Franciacorta, quante discussioni con Gualtiero ed anche altri cuochi che spesso sono capitati all’Albereta, a Erbusco in Franciacorta, non solo i grandi giovani che vi hanno lavorato e che sono diventati oggi maestri, come Davide o Carlo, Alberto e Riccardo, Andrea e Marco ( i cognomi sono superflui), ma anche i colleghi come Ezio Santin o George Cougny, Antonio Santini o Paul Bocuse, su tanti piatti e ricette.

1999, Giampietro Comolli e Gualtiero Marchesi

Gualtiero Marchesi: la vera cucina è saper mangiare bene

Ho imparato tutto da lui: alla sera tardi per ore si parlava di piatti. Assaggiavo esperimenti, novità, su forchette e cucchiai strani. E sempre mi diceva: “ la vera cucina è saper mangiare bene”, non andava d’accordo con il Pellegrino… ma da giovane lesse più volte il libro del romagnolo scritto nel 1891 all’età di oltre settantanni recuperando ricette altrui.

La vera differenza tra Artusi e Marchesi

Una grande differenza fra loro era il modo di porsi in cucina davanti al fornello e nella creatività e scoperta di una ricetta. Artusi ha voluto soprattutto raccontare la cucina degli italiani che avevano perso, dimenticato, abbandonato; mentre Marchesi ha contribuito a creare un modo di vivere la cucina e la tavola insieme.

Pellegrino Artusi

Artusi non volle mai codificare o uniformare o catalogare la cucina italiana… la sua formazione letteraria e linguistica e il fatto di “raccogliere” ricette segnalate non lo fa un cuoco, ma più uno “scalco” nuova maniera.

Con la fine del Settecento la cucina italiana-medioevale-rinascimentale finisce, finisce con la fine degli “scalchi” figure particolari fra la cucina e la tavola aristocratica che non solo erano bravi macellai e tagliatori di carni, grandi ortolani, esperti di condimenti, bravi pescivendoli o pasticceri… ma soprattutto sapevano raccontare a voce la ricetta ai commensali del principe.

La grande cucina francese, nata dopo che Caterina de’ Medici regina di Francia importò dalla Toscana tante ricette italiane oltre che l’uso della forchetta allora ignota ai francesi, perdurò per molto tempo, ma l’Artusi favorì un risveglio nazionalistico, fortemente antagonista alle regole e metodi ferrei dei professionisti francesi. Artusi propone una cucina italiana domestica ed emotiva contro una cucina didattica e dogmatica francese.

… l’Artusi fu il primo blogger gastronomico

E’ da quel momento che la cucina italiana si propone come arte del divenire, delle molteplici interpretazioni e della condivisione rispetto ad un sapere omologato non modificabile. Inoltre l’Artusi fu il primo blogger gastronomico: pochissime ricette del suo libro prevedono un suo intervento, quasi tutte arrivano dalle lettere scambiate con le cuoche di tante case italiane.

… la pasta come elemento base del menu italiano

La prima edizione del libro “artusiano” riporta 475 ricette, l’ultimo 790 nell’arco di 20 anni di continui aggiustamenti.  Ad Artusi non si devono ricette, ma la scelta di porre “ la pasta” come elemento base del menù italiano. E’ in quegli anni di fine XIX° secolo (1891-1905) che nascono tante ricette di pasta, come il piatto “discriminante” di una tavola, di una regione, di un menù. E’ la pasta che rende la tavola veramente artigianale e biodiversa: rileggendo per esempio le ricette degli spaghetti o delle paste ripiene si nota come la omogeneità della produzione della pasta  sia poi firmata territorialmente da alcuni ingredienti unici esclusivi di un territorio.

In Italia ci si dimenticò totalmente della “cucina artusiana” pensando addirittura per anni (secondo dopoguerra fino agli anni ’70) ad una soluzione industriale della tavola e della cucina, preconizzando “pillole” tutto fare. Fortunatamente per l’Italia  nacque la generazione (in cucina) di cuochi “marchesiani” che non lasciarono dimenticare la storia artusiana e non si lasciarono abbindolare dalla regolarità  matematica e schematica delle salse, sughi, temperature, abbinamenti lineari della cucina francese che in ogni caso fu e restò un mito europeo per secoli.

Sono gli anni in cui si facevano 300-500 km in auto per andare a mangiare da Gigetto o da Lino, da Valentino o da Franco, da Peppino a Carlo (anche qui i cognomi sono superflui) e da Gualtiero o da George perché il modello italiano stava nascendo: l’artigianato artusiano semplificato, alleggerito, stagionalizzato ma con i ritmi di cottura antichi, della nonna, i sapori dell’orto e dei colori diventate salse pure verdi e rosse, la freschezza degli ingredienti vegetali e le porzioni tagliate.

Ecco che l’incrocio di Pellegrino Artusi e di Gualtiero Marchesi hanno generato una squadra attenta di giovani cuochi italiani bravi, non chiamiamoli “chef” , meglio scalchi.

 

 

Giampietro Comolli
Newsfood.com
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

Redazione Newsfood.com
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