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Summit Parigi: accordo minimale raggiunto… le conclusioni di Comolli

Summit Parigi: accordo minimale raggiunto… le conclusioni di Comolli

By Giuseppe

(Vedi anche gli altri articoli su Summit Parigi 2015 Cop 21)

Due settimane di lavori con Accademia Kronos, Giampietro Comolli  e gli esperti Carlo Dettori e Alfonso Navarra
(quinto articolo di cinque)

Comolli: meglio di nulla, importante è iniziare

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5) SUMMIT PARIGI CLIMA
COMOLLI << ACCORDO MINIMALE RAGGIUNTO, MEGLIO DI NULLA, COME SI DICE, MA…..>>
Il Cop 21 ha chiuso i battenti. Un documento finale c’è, molto politico e mediatico, confermativo di quanto già deliberato a Varsavia 10 anni fa, è indirizzato ad un “ minimalismo organizzato” di conferenze come dice Hermann Shee.

Appare evidente che da un lato molti Paesi in difficoltà puntano sulla firma del documento unitario solo a fronte di un contributo finanziario reale, in soldoni, non in formule finanziarie o mutualistiche. Dall’altro campo chi tira fuori miliardi di dollari da anni, o li ha impegnati e garantiti per paesi terzi, pretenda un minimo di grafico di Gantt (uno schema che piace tanto agli economisti pragmatici moderni, meno agli economisti filosofi) e di trasparenza che risponda a step di obbiettivi certi.

Il tutto, sotto il placet di Hollande, Ban Ki-moon, Wwf e Greenpeace, si sintetizza con una proposizione di intenti a contenere la crescita della temperatura del pianeta entro 2 gradi centigradi.  Presente nei 13 giorni, ma soprattutto in stretto collegamento con l’accademia Kronos contesto di docenti universitari italiani, di economisti liberal e di ricercatori nazionali, chiediamo a Giampietro Comolli un resoconto finale, chiaro e sincero, per far capire cosa succede.
Comolli, contento: << Non soddisfatto da un punto di vista tecnico-strategico, accettabile per una ricerca di consenso unanime fra 195 Paesi e realtà diverse. La Francia è orgogliosa perché è il primo caso di firma congiunta e immediata di tutti i partecipanti.  Oggi il mondo, le nuove generazioni hanno bisogno anche di esempi che insegnino a fare squadra, sistema vuol dire economia, sviluppo, benessere, sicurezza e pace. In questi contesti è già un grande risultato.>>
Comolli, i punti base: <<fare di tutto e di più perché l’escursione termica non sfori i 2 gradi rispetto ai primi anni del secolo scorso. Aumentare sforzi perché questo limite si attesti a 1,5. Portare in equilibrio fra il 2050-2070 le emissioni da attività umane e riduzione gas serra da mezzi artificiali. Tutti i paesi devono rispettare gli impegni già assunti, anche se diversi uno dall’altro, soprattutto fra i più bravi che hanno dato limiti entro il 2025 e migliorarlo con continuità ogni 5 lustri. La prossima verifica sarà l’anno 2023. E’ previsto che il fondo per i paesi più deboli e in via di sviluppo sia mantenuto e addirittura incrementato a carico dei paesi più virtuosi e più sviluppati perché gli impegni assunti da terzi siano mantenuti, ma senza una responsabilità giuridica per inadempienza o per compensazione.

Infine c’è l’obbligo per ogni paese di stendere una road map che leghi i 100 mld di dollari l’anno destinati fino al 2020 con i risultati ottenuti da divulgare, questo come base fondamentale di trasparenza a fronte di un intervento collettivo finanziario cospicuo e dimostrare che l’impegno c’è in base alla capacità del Paese.>>
Comolli, qualche dettaglio: << Le Bourget di Parigi, con enfasi mediatica e politica, licenzia un accordo sul clima approvato all’unanimità. Certamente una discussione lunga per limare dettagli molto importanti rispetto all’origine. Ma almeno c’è. due i punti strategici: un unico fondo cospicuo dei paesi virtuosi e grandi verso i più vulnerabili e deboli, grande segno di solidarietà e sussidiarietà. Dall’altro, seppur senza poter porre sanzioni e out-out, i paesi più problematici devono ogni 5 anni dare resoconto pubblico di come sono stati spesi i soldi e per che cosa. un passo avanti, da pachiderma, ma avanti e non da gambero >>
Comolli, tutto risolto?: << No sicuramente. Infatti il documento non aggredisce, non blocca, non lotta contro i diversi problemi ambientali, non solo climatici, ed appare solo come un ri-adattamento. La emissione di CO2 è una questione diversificata sia come origine che come derivazione, per cui è obbligatorio non rincorrere o ridurre i volumi prodotti, quanto intervenire sull’origine. Certo che vuol dire cambiare stile di vita, forse anche tornare indietro di qualche anno, ma certamente anche il consumismo sfrenato si è bloccato. Se la Plv industriale mondiale cresce meno o non cresce, ci sarà un motivo che va oltre i fabbisogni. L’altro aspetto è che parlare di quote di CO2 ai Paesi mi lascia interdetto: mi sembra di vedere le quote latte o le quote pomodoro mi recente europea memoria! >>

Comolli, infine, ci sarà un traguardo?<< La data concordata per un vero step, ma senza colpevoli e sanzioni purtroppo se non qualche riduzione di fondo capitale, è la metà del nostro secolo, ovvero il 2070. In mezzo ci sono quasi 3 generazioni che dovranno lottare. Il buonsenso, di politici e grandi esperti, dovrebbe far pensare che il binomio concomitante dell’abuso umano di mezzi fortemente inquinanti (non solo CO2) con una forza di autodeterminazione della natura non può avere lo stesso risultato di quanto avvenne nell’XI° secolo con il forte riscaldamento dell’emisfero nord del pianeta. Attenzione. >>
Comolli, ma cosa può fare il singolo cittadino? <<Poco o nulla, però una autolimitazione di certi strumenti più o meno colpevoli può essere un segnale. Per esempio le auto elettriche, ma il costo d’acquisto deve scendere del 100%. I mezzi pubblici e i camion sono i veri motori della CO2. Impiantare più piante affamate di anidride. Limitare l’uso di carburanti fossili. La risoluzione vera non è contenere i gradi termici in 1,5 o ridurre del 20% la CO2 emessa, la unica e vera soluzione è cambiare stile di vita, insegnare ai Paesi terzi e difficili che si può vivere bene e debellare la fame senza fare guerre di religione, di elettronica, di fabbricazione. Il mondo ha già tanto materiale non usato per un altro miliardo di abitanti. Dovrebbe esistere una generazione completa che decide di fermare alcuni canali. Difficilissimo, ma si potrebbe fare. >>

Comolli, banale domanda, ma chi ha vinto a Parigi? << Se vogliamo forzare e tirare un po’ la giacca e trovare una sintesi, più mediatica che di contenuti, per scoprire i veri vincitori, dobbiamo per forza riconoscere e considerare che in contesti così ampi i paesi più deboli e fautori del clima più caldo sono quelli in via di sviluppo e quelli produttori di carboni fossili che, con grandi ricavi finanziari e crescita del Paese, incidono e muovono forti capitali nei centri della finana. I paesi più in difficoltà e più produttori di effetto serra avranno altri 100 mld di dollari da spendere per colmare il gap in un lasso di tempo più lungo del previsto, i secondi, cioè i produttori di gas e petrolio,  hanno sempre annualmente 500 mld di dollari di sgravi imposte mondiali e altri 50.000 mld a disposizione da muovere in finanza.  La coalizione di questi paesi ha anche fatto naufragare la regola della “differenziazione di responsabilità” tanto voluta dall’Italia, dall’Europa e da altri. Un placet a Usa e Cina, motivi e cause diverse, ma hanno cambiato rotta da Kyoto. >>

 

 

Giampietro Comolli
Relatore, e Inviato Speciale a Parigi, al Summit COP 21,
in esclusiva per Newsfood.com

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