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Stati generali della Ristorazione Collettiva, prospettive future tra opportunità e incertezze

Stati generali della Ristorazione Collettiva, prospettive future tra opportunità e incertezze

By MaurizioCeccaioni

Ristorazione collettiva, l’inflazione blocca la ripresa e avanza la crisi nel settore

di Maurizio Ceccaioni

Dagli Stati Generali della Ristorazione collettiva tenutesi il 22 novembre presso la sede di Confcommercio a Roma, si è alzato un grido d’aiuto in particolare all’indirizzo della politica per un settore che sta subendo fortissimi contraccolpi per gli aumenti spropositati dei generi alimentari e delle materie prime, specie energetiche, usati per la preparazione dei pasti. Un “messaggio nella bottiglia” che pare sia stato raccolto da una fugace visita del Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri e nel merito, dal Sottosegretario di Stato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy Massimo Bitonci, che alla fine della giornata ha tracciato le conclusioni dell’incontro confermando l’impegno delle istituzioni.

Il Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri e il Sottosegretario di Stato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy Massimo Bitonci,

Nell’emiciclo al quarto piano si erano dati appuntamento i rappresentanti degli undici principali marchi che operano nel settore, riuniti nell’Angem (Associazione Nazionale della Ristorazione Collettiva e Servizi), che dal 1973 promuove il valore sociale ed economico del settore della ristorazione collettiva e che da fine 2020 è stata accolta sotto l’egida di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi.
Per chi non ne fosse edotto, quando si parla di ristorazione collettiva s’intende quel settore strategico sia a livello gastronomico, che sociale e culturale, che s’interessa in generale di cosa mettiamo nello stomaco durante le pause pranzo nelle mense aziendali, in ospedale, nei convitti o nella refezione scolastica. Quella definita importante dal nutrizionista Andrea Ghiselli, con tre concetti chiave: quello dell’educazione alimentare, dell’alimentazione come presidio terapeutico e salute alimentare e produttività nel lavoro. Concetti importanti ma ancora non assimilati da molte persone intervistate, che hanno la percezione di non mangiare cibi sani. «Anzi – dice Ghiselliil 12% di questi, sarebbe d’accordo a dare anche tutti i giorni ai bambini per pranzo pizza e patatine». Un rapporto positivo tra imprese e comunità locali sostanziato anche dalla Carta dei Valori della Ristorazione italiana sottoscritta un anno fa e curata da Davide Rampello (Fipe), che in introduzione riporta: “Carta dei valori e delle azioni condivise dagli imprenditori della ristorazione e dai cittadini delle belle contrade italiane. Per le prossime generazioni”.

Il nutrizionista Andrea Ghiselli, Dirigente di ricerca presso il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria)

Come ha ricordato Matteo Cataldi nella presentazione dell’indagine degli ultimi tre anni pubblicata a settembre 2022 da Oricon (Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione), la spesa per l’energia elettrica del settore è passata da 25.442.000 euro nel 2020 a 245.525.000 nel 2022, con un aumento di 220 milioni di euro. Per il gas la spesa è aumentata di circa 126 milioni, passando da 9.360.000 euro nel 2020 ai 134.975.000 nel 2022. Anche sul fronte delle materie prime alimentari si registra un incremento pari al 24% rispetto al 2021, passando da 1.100.833 euro nel 2021 ai 1.362.727 del 2022. Per quanto riguarda il concetto di ristorazione collettiva come bene sociale, quello che emerge dai dati raccolti è lo squilibrio sociale che si viene a determinare nel nostro Paese tra chi ha la mensa a scuola e chi no. Ad oggi, solo 37 bambini su 100 usufruiscono delle mense scolastiche, avendo quindi la possibilità di fare il “tempo pieno” e migliorare la loro formazione. E questo deficit, rilevato principalmente nel Sud Italia, mostra di fatto un Paese che appare spaccato a metà. «È uno squilibrio difficile da accettare», precisa Cataldi nello snocciolare i dati. «Se un bambino milanese può contare nel 90% dei casi su 40 ore di scuola settimanali, in Sicilia una percentuale ancora maggiore deve accontentarsi di sole 27 ore. A conti fatti, nell’arco dell’intero ciclo di scuola primaria, queste disparità si traducono in un anno di scuola in meno tra studenti del Nord e quelli Sud», ha poi concluso.

Variazione indice dei prezzi all’ingrosso agricoltura 2021-2022

Di una tematica sociale come la lotta agli sprechi alimentari ha trattato il Segretario generale della Fondazione Banco Alimentare Marco Lucchini, che ha ringraziato la ristorazione collettiva per contribuire con la donazione delle eccedenze della ristorazione, l’accesso al cibo a fasce meno abbienti della popolazione. «Nel cibo – ha detto Lucchini – è racchiuso un punto identitario dello Stato, che deve raccogliere i contributi che arrivano dai vari settori della Società». «Il cibo – ha poi continuato – è fatto per essere condiviso. Per questo la gente che si rivolge alle nostre strutture, non trova solo cibo ma anche delle persone».
Ma gli interventi degli operatori del settore hanno visto tanti suonatori ma un solo spartito, accomunati in un coro di denuncia e speranza che poteva essere paragonato per intensità, al ‘Va pensiero’ del Nabucco di Verdi. Le ragioni del disagio vanno cercate in primo luogo nella pandemia, che ha lasciato tutti a casa, e poi nella guerra in Ucraina, che ha tagliato i rifornimenti di materie prime come petrolio, gas, cereali per l’alimentazione umana e animale, o concimi per l’agricoltura.

In primo piano il Presidente Agem Carlo Scarsciotti; a dx Stefano Biaggi Ad Sodexo Italia Spa

Se nel 2020 le imprese del comparto della ristorazione collettiva avevano registrato una flessione generale dei ricavi del 40% a causa delle chiusure per il Covid-19 con numeri preponderanti per le mense scolastiche (-63%) e quelle aziendali (-43%), alla successiva ripresa positiva nelle scuole del 2021 non è seguito lo stesso andamento nelle mense aziendali. Infatti, la pandemia non ha solo stravolto la vita delle persone ma anche il mondo del lavoro, con l’introduzione di una tipologia lavorativa da remoto come lo smartworking, prima osteggiata dalle aziende, poi attuata ob torto collo e oggi entrata a tutti gli effetti nella contrattazione aziendale. Con il risultato che rispetto al 2019 la ristorazione collettiva nelle aziende ha perso il 20% del proprio valore. Una preoccupazione espressa anche nell’intervento d’apertura da remoto del presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia Carlo Sangalli e ribadita con fermezza dal presidente Angem Carlo Scarsciotti e da quello Fipe-Confcommercio Lino Enrico Stoppani. Tematiche dibattute anche nella successiva tavola rotonda moderata dal giornalista Angelo Mallone, a cui hanno partecipato l’Ad ‘Elio Ristorazione’ Rosario Ambrosino, il presidente e Ad di ‘Sodexo Italia’ Stefano Biaggi, il Dg ‘Sir-Sistemi di ristorazione’ Eugenio Chiesa, il Dg ‘Gruppo Pellegrini’ Fabrizio Pedrazzini.

Il presidente Fipe-Confcommercio Lino Enrico Stoppani

Dai dati presentati (2022 su 2020) emerge l’immagine di un settore fortemente penalizzato dagli aumenti di spesa non solo per elettricità e gas, ma al caro delle bollette vanno aggiunti i costi delle materie prime alimentari, con la pasta aumentata del 24%, le verdure del 31% e i latticini del 15%. A cui si sommano gli extracosti degli imballaggi rispetto al 2021, con il +70% della plastica, il +40% del cartone e il +30% per il vetro. Un aggravio dei costi sostenuti dalle aziende della ristorazione collettiva che in totale va dal +36% al +52%. Senza calcolare le difficoltà negli approvvigionamenti, specie di prodotti avicoli.«Dalle nostre analisi, per numerose aziende della ristorazione e soprattutto PMI – ha affermato Carlo Scarsciotti -, l’uscita dal mercato entro la fine dell’anno è un’opzione più che vicina, perché le entrate non riescono più a coprire i costi di produzione e sono a rischio migliaia di posti di lavoro, oltre che l’erogazione di servizi essenziali come le mense scolastiche».
Aumenti spesso non previsti nella stesura dei contratti di somministrazione sottoscritti in tempi non sospetti, che rischiano di far implodere il servizio di mensa all’interno di scuole, ospedali, strutture pubbliche e imprese private. Secondo Angem sono due i principali problemi da affrontare che attualmente squilibrano il sistema. Da un lato c’è la scarsa e non uniforme applicazione della Norma Sostegni Ter che impone alle stazioni appaltanti (Comuni, Regioni e Pubbliche amministrazioni in generale) d’inserire nei bandi di gara delle apposite clausole per la revisione dei prezzi; dall’altro c’è l’impossibilità di rispettare i vincoli imposti dai Criteri Ambientali Minimi incontrata da molte imprese, che sanciscono l’obbligo di portare in tavola una percentuale di prodotti certificati Bio, che oggi sono o di difficile reperibilità o molto onerosi.

L’intervento d’apertura da remoto del presidente Carlo Sangalli di Confcommercio-Imprese per l’Italia

«Queste distorsioni costituiscono di fatto una violazione del principio delle uguali regole in uno stesso mercato – sottolinea Scarsciotti – perché le imprese che hanno siglato i contratti pre-pandemia quando non era previsto alcun adeguamento dei prezzi, oggi si trovano a lavorare in perdita e non ricordo altri esempi di servizi pubblici essenziali in appalto che operino a prezzi fissi malgrado la fiammata inflazionistica». Ma non solo, perché chi ha sottoscritto contratti successivamente, «Oggi vive nel limbo costituito dalla discrezionalità lasciata ad ogni stazione appaltante», ha poi precisato il presidente Angem spiegando che «In pratica, abbiamo decine di migliaia di committenti in tutta Italia, ciascuno dei quali è libero di dettare le condizioni che preferisce in merito all’adeguamento dei prezzi, in ragione del boom dell’inflazione e dei costi energetici. Tutto questo è inaccettabile. Per questo o stabilire dei criteri uniformi in relazione ai quali le aziende della ristorazione collettiva possono richiedere l’adeguamento dei prezzi, proprio come avviene negli appalti per i lavori, valorizzando e ridando fiato alle migliaia di piccole, medie e grandi aziende del comparto».
Ha usato il termine di “ingiustizia tecnica” il presidente Fipe Lino Enrico Stoppani, nel ricordare l’importanza del valore economico e sociale della ristorazione collettiva e denunciando che «In una situazione di difficoltà come quella che stiamo vivendo, nelle gare di appalto si richiede sempre di più, pagando sempre meno». Per poi spiegare che «Il cibo è un condensato di valori e non può essere considerato alla stregua di altre cose, specie se ci si riferisce ad appalti pubblici».

L’intervento di chiusura del Sottosegretario di Stato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy Massimo Bitonci

Quello dell’adeguamento del Codice degli appalti pubblici è uno dei principali temi a cui la Politica deve mettere mano per queste imprese dice Stoppani, perché «Se l’impennata dei prezzi delle materie prime e dei costi dell’energia è un problema per tutte le imprese, nel caso della ristorazione collettiva c’è un problema in più e l’obbligo di operare in costanza di prezzi fissi in un quadro di grande volatilità diventa un fardello che da solo è sufficiente a spiegare le difficoltà nelle quali versa chi opera in questo settore». Ma, continuando sull’argomento, ha poi espresso anche una forte condanna verso quella concorrenza a “basso prezzo” definita nel concetto di «Teoria della saturazione». Il chiaro riferimento è a quelle «Aziende di scarsa qualità che combattono la concorrenza di imprese più serie, tagliando diritti ai lavoratori e sulla qualità al prodotto».  Infine, ha elencato i punti cardine da mantenere per garantire continuità e dignità nel settore, cominciando dal valore culturale del cibo e dal posizionamento sociale della ristorazione, concludendo con una rapida richiesta di aggiornamento delle normative in vigore, per adattarsi all’attuale situazione. «Auspichiamo – ha concluso il presidente Stoppani – che le clausole di salvaguardia introdotte nello schema preliminare del nuovo codice appalti possano essere d’aiuto affinché le ricadute degli aumenti dei costi delle materie prime alimentari e dell’energia non si riversino direttamente ed esclusivamente sulla sostenibilità economica ed operativa delle aziende che erogano un servizio di interesse pubblico essenziale».

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