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Piacenza icona e capitale della conservazione del cibo – Santa Maria di Campagna – giovedì 16 marzo

Piacenza icona e capitale della conservazione del cibo – Santa Maria di Campagna – giovedì 16 marzo

By Giuseppe

Piacenza ha tutti i titoli per essere la prima, capitale della conservazione del cibo



CICLO DI INCONTRI – COMITATO TRATTA PIACENZA VIA FRANCIGENA – Santa Maria di Campagna – Biblioteca del Convento – giovedì 16 marzo 2023, ore 18

 

Piacenza: icona e capitale mondiale della conservazione del cibo.

“città di passo” da 2500 anni, dai Crociati ai Templari europei, da Annibale a Carlo Magno, da san Colombano a sant’Ambrogio, da san Rocco a …tutti hanno sostato in un convento, monastero, refettorio piacentino lasciando un segno, un progetto, una idea. Piacenza la città con più scambi e contaminazioni anche a tavola.

Più che la “creatività” , a Piacenza è contata l’ospitalità, l’accettazione di tutti, l’offerta del cibo e del vino come segno tangibile concreto di pace. Lo stesso dialetto piacentino e i nomi di tanti piatti o arredi della tavola risentono di lingue diverse… dagli arabi ai greci, dai francesi agli spagnoli, dagli svevi agli austriaci. Non c’è piatto o cibo tipico piacentino (le prime creazioni risalgono al tempo dei liguri ed etruschi) che non abbia segnato e non sia stato preso a riferimento dalle altre città lungo tutta il fiume Po (le torte dolci e salate ripiene, il latte dolce e “furmai duro”, la pasta ripiena per esempio) come pure tutte le spezie orientali della Serenissima Repubblica Veneziana  arrivavano al porto fluviale di Piacenza e da qui verso il ducato di Milano.

La stessa potente città marinara di Genova aveva elevato la piazza di Piacenza come approdo-mercato: nel 1200-1400 per prodotti alimentari, sete e tessuti …nel XVII° secolo come principale sede dei “cambi monete  e banchieri” europei. Da qui i grandi palazzi rinascimentali e barocchi di grandi famiglie principesche che arricchiscono oggi le viuzze medievali e le piccole chiese millenarie…tutte con il proprio “cenacolo o refettorio”

Piacenza ha tutti i titoli per essere una, se non la prima, capitale della conservazione del cibo… ma è come una gatta sorniona che da secoli dorme sui suoi allori. Ma è tempo di aprire un occhio, di darsi da fare… “Comolli docet“…

La storia di città di passo, con migliaia di pellegrini cristiani in transito, la necessità di far fronte alla alimentazione urbana anche in periodi di carestia, clima avverso,  pestilenze, guerre a portato a “studiare” metodi di conservazione per dare garanzia e sicurezza alimentare ai cittadini e ai pellegrini. Il legame stretto storico-antico con i pellegrini ha determinato un imprimatur naturale e biodiverso nel rapporto prodotto agricolo e cibo sicuro e salutare, che va ben oltre alla semplice creatività culinaria e gastronomica del XVII°-XIX° secolo, quando molte altre città hanno assimilato e fatto propria questa cultura. Già con san Colombano arrivò la birra, la prima crociata con tanti popoli diversi, i Templari, san Bernardo e tanti altri monaci e vescovi transitanti a Piacenza hanno lasciato in eredità qualche tradizione alimentare che i piacentini, prima di altri, hanno saputo mettere a frutto proprio per i più fragili.

La stessa tradizione del vino santo e il vino della santa Messa. Piacenza ha sempre usato “il cibo” come ospitalità, messaggio di pace, di accoglienza… non come opulenza, ricchezza, ma come giusta misura fra nutrizione necessaria e ambasceria di una propria antica cultura. Penso alla storia continentale-padana del burro e del grasso che si è incrociato con l’olio di oliva di origine mediterranea; l’uso del miele e del sale, la doppia cottura della carne e la pratica di insaccarla con spezie già nel XII-XIII°secolo.

Le citazioni del “furmai piasentino” già nel XIV° secolo, antesignano sia del grana padano che del parmigiano … Piacenza, non unica, ma più di altre città, può considerarsi una capitale, una icona, una fonte di “nuovi” cibi durevoli, quindi più sani. Penso alla conservazione di frutta e verdura per la mostarda, al croccante, alla doppia cottura dei buslan, l’uso dello zucchero e l’aceto di vino, la tradizione del nocino… tutte le confetture e composte, le prime salse italiane con lardo, aglio, prezzemolo…

Piacenza può ambire a chiedere un riconoscimento di patrimonio mondiale della “conservazione del cibo” per la vastità delle prove, del numero di alimenti, di cibi ancora oggi presenti (e Dop) sulle nostre tavole risalenti a capacità e cura di monaci nei tanti monasteri cittadini di 800-1000 anni fa.

Solo a Piacenza c’è una enorme differenza e considerazione fra un bollito e un lesso, per esempio, come  la frutta sciroppata, i canditi nella pasta dolce, il mosto cotto, il latte in piedi, lo zabaione ….frutto di scambi e di contaminazioni naturali fra culture antiche diverse…purtroppo alcuni di questi cibi nati nei refettori piacentini sono passati di moda….. perché non recuperarli e “farli nascere di nuovo = refettorio) attraverso anche solo un marchio cittadino, un logo, un brand che tutti possono usare…..ma di questo ne parliamo nel terzo e ultimo incontro nel convento della basilica di Santa Maria di Campagna

 

Giuseppe Danielli
Newsfood.com
Nutrimento & nutriMENTE

 

Giampietro Comolli AEVF, associazione europea delle via francigene, palazzo Farnese –

Via Francigena ItaliaPatrimonio dell’Unesco

 

Redazione Newsfood.com

 

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