Fivi nel 2023 sarà alla fiera di Bologna… e Piacenza sta a guardare!

5 Febbraio 2023
Fivi lascia Piacenza. Nel 2023 sarà alla fiera di Bologna
Piacenza, città internazionale della vite e del vino dal 1998, perde il 2° evento nazionale del vino italiano. Per Fivi sono cresciuti bisogni e obiettivi … e Piacenza non è in grado di dare il supporto necessario
Fivi, dopo 11 anni, lascia Piacenza. Nel 2023 sarà alla fiera di Bologna.
Comolli: “ Piacenza non ha saputo tesaurizzare ed evolvere un approccio di 11 anni fa. Piacenza fu scelta in due incontri fra addetti ai lavori e produttori. Il Mercato Fivi non è una fiera, è una enoteca che va a casa del consumatore. Non solo una alternativa nazionale a Vinitaly, ma risposta alla domanda del cliente. Per questo confermo quello già proposto anni fa pubblicamente che la soluzione migliore erano 4 location al posto di 1, favorendo incroci geografici-culturali-educativi. Fiera e città di Bologna hanno captato e risolto le esigenze logistiche ”.
Piacenza non ospiterà più la mostra mercato Fivi dei vignaioli indipendenti italiani. Dopo la edizione record a Piacenza di fine novembre 2022, dopo 11 edizioni svolte sempre a Piacenza, la sede del 2023 sarà l’ente Fiera di Bologna.
L’ente fiera, e l’intera città di Piacenza perdono il 2° evento nazionale sul vino italiano, secomdo solo al Vinitaly, a Verona da 55 anni consecutivi. E’ una perdita enorme, in cui la politica locale, strutture e mezzi, non addetti ai lavori non hanno saputo rispondere alle richieste che erano già nell’aria da anni e alle opportunità offerte.
Ho già scritto, in tempi non sospetti, in diversi articoli nazionali e sul quotidiano Libertà, che era obbligata una visione e un investimento più ampio possibile. Ne ho anche parlato con diversi direttori dei sindacati agricoli, presidenti, vignaioli piacentini associati e non a Fivi. Eppure in 5 anni si sono cercati palliativi e rammendi, nulla di strategico e di sostanziale.
Chiedevo più efficienza logistica, viabilità diversa, parcheggi settoriali, più servizi dentro e fuori la fiera, collegamenti e attività con la città, più convenzioni anche con mezzi pubblici, simili a quelli di Verona, Merano, Dusseldorf, Bordeaux. Eppure sono 32 le cantine piacentine, ottime, associate a Fivi; altre 50-60 cantine locali di vignaioli e di famiglie artigianali vitivinicole di antiche tradizioni e di pregio, potenzialmente possono tutte essere meritevoli di adesione e condivisione del progetto Fivi. Doveva nascere un “movimento” pro Fivitaly a Piacenza, come in più anni mi sono permesso di rammentare intendendo il valore e il significato che rappresentava in prospettiva.
Ricordo i primi contatti con Costantino Charrere (vignaiolo valdostano), Walter Massa (vignaiolo piemontese) ma anche Peter Dipoli (altoatesino), Ampelio Bucci (marchigiano), Leonildo Pieropan (veneto) , Giovanni Cavalleri della Franciacorta, Mario Pojer del Trentino, ma anche con gli amici di Slow Food di quegli anni come Piumatti, Piasentin e Barbero. Colorno nel 2008 sancì la costituzione di Fivi e, due anni dopo, il mercato dei vini prende forma in quel Vinitaly, fra amici.
Mi permisi, allora, di indicare Piacenza perché facilmente raggiungibile, centrale, vicinanza fiera-autostrada, costi ridotti, città ospitale, innamorata del buon vino con una diffusa ristorazione al di sopra della media sempre. Altri decisero. Fui felice.
Non molto appoggio venne da altre associazioni e federazioni vitivinicole; le stesse organizzazioni agricole non favorirono il movimento. Si partì con la edizione numero 1 del 2011 con 100 banchi espositivi. Già con la sesta e settima edizione avevo sollecitato l’importanza di “assecondare” un tale evento perché unico, innovativo, sicuramente rispondente a una domanda del consumatore, attrattivo e con delle opportunità e finalità che andavano molto oltre i confini e la vendita del plateatico del piccolo ente fieristico piacentino.
Una “chicca” che “tutta” Piacenza non doveva trattare come una qualsiasi altra mostra espositiva, perché la funzione mercato sarebbe sempre più cresciuta. L’11ma edizione ha visto la presenza di 900 associati su 1500 aderenti. 5000 etichette in vendita, 24000 ingressi paganti.
I principali giornalisti enogastronomi nazionali presenti. File lunghissime all’ingresso. Attesa in piedi per entrare in fiera, code fra i banchi per poter acquistare. 800 carelli su ruote messi a disposizione per la spesa diretta, ma insufficienti. Molti acquirenti si sono presentati con il “loro” carrellino. Un dato non certo marginale: oltre 13.000 sono stati gli atti di acquisto con una media di 3,1 di bottiglie cadauno, un volume d’affari di 500.000 euro in quasi 3 giorni. Quanto valore reale e aggiunto in città? Non male dicono tutti…
La nuova generazione di vignaioli nazionali vuole cambiamenti in linea con il mercato e il consumo. Tutta una altra storia in Francia per organismi e eventi similari e dello stesso settore: associazionismo, credibilità, business, rappresentatività legano sempre con la “tensione” della partecipazione e l’accesso all’evento dosato e misurato.
Confermo la domanda che mi sono già fatto: meglio un mercato di vignaioli unico con 1500 o 2000 aziende presenti oppure 4 eventi in 4 location top, diverse fa loro ma identitarie, con 400-500 cantine presenti. Una enoteca-mercato privilegiata di cantine speciali selezionate non è una fiera. Con 4 eventi l’anno si aumenterebbe, in positivo, un grande scambio cultuale enoico fra cantine del nord in location al sud e viceversa, oltre che fare istruzione e formazione al consumo.
La 11ma edizione ha coinciso anche con il passaggio del testimone di presidenza da una grande vignaiola come Matilde Poggi dopo 9 anni di guida al giovane Lorenzo Cesconi trentino.
Piacenza ha perso a vantaggio di Bologna, una città 4 volte più grande, un ente fiera enorme e dalle ampie disponibilità economiche e finanziarie anche pubbliche, con forte volontà dell’imprenditoria locale, sede della amministrazione della Regione.
Sinceramente mi sarei aspettato anche una proposta di ospitalità da Fico, il parco del gusto. Piacenza una delle poche Città Internazionali della Vite e del Vino in Italia accreditata dal 1988, grazie agli accademici piacentini della Vite e del Vino. Piacenza ha ragionato più in termini di sufficienza per altre tipologie di mostre, troppa attenzione al plateatico.
PiacenzaExpo spa ha nel Comune il socio di maggioranza assoluta, solo il 5% in mano alla Regione, l’imprenditoria locale ha solo il 4% fra tutti. Piacenza non ha calcolato il valore complementare e supplementare. E’ una perdita che insegna anche che si devono ascoltare consigli dei vari esperti. Domande logiche: è mancato un progetto-risposta con conoscenza del mondo enoico privilegiando scelte raso terra? I vignaioli piacentini hanno sostenuto o non sostenuto la presenza di Fivi?
Le imprese chiedono sempre più servizi, efficienza, sicurezza, accessibilità. Piacenza ha mancato in questo: “perdita clamorosa” viene definita dalla stampa nazionale il cambio di sede. Bologna ha fatto ponti veramente d’oro pur di sostituirsi alla consorella emiliana, in piena libera concorrenza, ovviamente fuori da ogni sensibilità di collaborazione come decantata spesso, di comodo, lungo la via Emilia fra i vari capoluoghi…
Una riflessione generale ci tocca: puntare tutti e sempre al business, sia esso mirato alla vendita di bottiglie di vino o di plateatico o di un evento, oggi diventa estremamente complesso e articolato.
Il presidente Cesconi ha rimarcato, appunto, che da anni era emersa la necessità di un cambio di passo. Da anni Fivi ha gestito liste d’attesa, ha gestito il numero chiuso per il mercato di Piacenza. Pressioni interne, nuove adesioni continue, qualche malumore di troppo … giustamente bisognava correre ai ripari.
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Giampietro Comolli Piacenza site:newsfood.com
Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
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