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In Piemonte a caccia di geni

By Redazione

MILANO – Sette comuni, poco più di 2mila persone in tutto. Ma per i ricercatori del DIBIT-San Raffaele di Milano la comunità montana della Val Borbera potrebbe diventare
una vera e propria miniera di informazioni scientifiche, il motivo? L’isolamento geografico della valle, «nascosta» nell’Appennino ligure-piemontese, in provincia di Alessandria.
«Essere rimasti per secoli quasi del tutto isolati sulle loro montagne ha reso gli abitanti della val Borbera interessantissimi dal punto di vista genetico» spiega Daniela Toniolo
del DIBIT-San Raffaele. «Poiché la valle è di difficile accesso i suoi abitanti di oggi discendono in gran parte da poche famiglie originarie, e questo rappresenta una
condizione ideale per studiare i fattori di rischio genetici di diverse malattie, come diabete, ipertensione, obesità, ma anche tumori e malattie psichiatriche».

«Si tratta di patologie cosiddette multifattoriali» chiarisce l’esperta, «perché vi contribuiscono diversi fattori, ereditari e ambientali, che sono molto più
difficili da identificare isolare in una popolazione normale, meno omogenea sotto il profilo genetico. Qui invece il vantaggio per chi studia è avere un campione di persone che oltre ad
avere una radice comune ha anche stili di vita e fattori di rischio ambientali estremamente simili».

DUE ANNI DI LAVORO – Il progetto è partito nel 2005. «In tre anni abbiamo coinvolto circa 1800 persone» illustra Daniela Toniolo. «A tutte abbiamo fatto dapprima
una visita medica accurata, quindi abbiamo sottoposto loro un questionario e infine abbiamo avviato ciascun partecipante a una serie di esami, un vero e proprio check-up». «Al
termine di questa prima fase abbiamo inserito tutte le informazioni in una banca dati, sulla quale abbiamo cominciato a operare analisi epidemiologiche per confrontare la frequenza di varie
patologie con quella della popolazione generale. Ci siamo inizialmente concentrati su patologie della tiroide, frequenti nella valle, ma non abbiamo trascurato nemmeno malattie molto diverse,
come l’anemia o alcuni disturbi cognitivi».
In seguito alla grande partecipazione della popolazione, quest’anno abbiamo iniziato alcuni nuovi progetti, quali lo studio della densità ossea e di parametri della memoria e del gusto,
di tutta la popolazione. In parallelo all’attività di analisi clinica è stata realizzata la ricostruzione degli alberi genealogici. Sono stati raccolti 65 mila records grazie agli
archivi comunali (dai quali si può risalire fino al 1838) e i registri parrocchiali, che consentono di arrivare quasi fino al 1600.
«In questo modo abbiamo potuto constatare che si possono correlare a un unico albero genealogico quasi 25mila persone, e questo rappresenta un formidabile punto di partenza per gli studi
di genetica veri e propri. Per esempio abbiamo verificato che l’obesità è particolarmente ricorrente in soggetti raggruppati in un unico albero genealogico che raggruppa circa 600
persone, e facendo un’analisi del loro Dna alla ricerca di determinati marker potremo verificare se ce ne sono alcuni che ricorrono con maggior frequenza e quindi possono essere associati
potenzialmente all’obesità».

ANALISI GENETICA – «E’ solo l’inizio ovviamente» conclude Daniela Toniolo, «Ora stiamo aspettando in finanziamenti per l’analisi genetica sui tutti i 1800 Dna che
abbiamo raccolto e che, possiamo correlare con gli alberi genealogici e i riscontri clinici ed epidemiologici. In questo modo potremo saperne di più sui geni correlati non solo
all’obesità, ma alle molte altre patologie su cui abbiamo posto l’attenzione, dall’osteoporosi al diabete alla menopausa precoce».
«Le comunità chiuse sono una risorsa inestimabile, ma dobbiamo affrettarci a studiarle», prosegue l’ esperta. «Negli ultimi 50 anni molti abitanti se ne sono andati
verso centri più popolosi o si sono comunque incrociati con individui provenienti da altre aree: grazie alla migliore accessibilità dei luoghi la segregazione genetica è e
sarà sempre minore, anche in queste preziose “riserve” per la caccia ai geni coinvolti nello sviluppo delle più diverse malattie». Sarebbe un peccato perdere le informazioni
che derivano dalla storia millenaria e dalla posizione geografica del nostro Paese».

Luigi Ripamonti
15 ottobre 2007

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