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Il panettone. Ovvero, come (non) si protegge la tradizione

Il panettone. Ovvero, come (non) si protegge la tradizione

By Redazione

panettoneSono un consumatore milanese, affezionato alla tradizione del ‘panetun’.

Da tempo però, con questo nome, trovo un po’ di tutto.

Possibile che un prodotto così importante non abbia qualche protezione che ne garantisca la composizione originale?

Risponde Alfredo Clerici, Tecnologo Alimentare

Proprio per assicurare la trasparenza del mercato, proteggere ed informare adeguatamente il consumatore attraverso la definizione di taluni prodotti dolciari da forno di largo consumo in relazione alla loro composizione”, l’allora Ministero delle Attività produttive, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali emanò, in data 22 luglio 2005, un decreto intitolato “Disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti dolciari da forno“.

Vi si legge, tra l’altro: “La denominazione “panettone” è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida” e ancora “salvo quanto previsto all’art. 7, l’impasto del panettone contiene i seguenti ingredienti: farina di frumento, zucchero, …, uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al venti per cento, …”.

Se, però, andiamo all’articolo 7, troviamo che “in deroga a quanto previsto all’art. 1, comma 2, l’impasto base del panettone può essere caratterizzato dall’assenza di uvetta o scorze di agrumi canditi o di entrambi” e ancora “E’ in facoltà del produttore aggiungere al panettone … farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni e frutta, nonché altri ingredienti caratterizzanti, ad eccezione di altri grassi diversi dal burro”.
Segue poi l’articolo 8, dove si precisa che, se e quando la composizione del panettone cambia, bisogna indicare tale cambiamento nella denominazione di vendita (e ci mancherebbe altro! aggiungiamo noi).

Sin qui, per quel che riguarda la composizione.

Anche sulla ‘trasparenza del mercato’ avremmo qualcosa da osservare.

All’articolo 9 (Mutuo riconoscimento) si legge: “Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai prodotti legalmente ottenuti e/o commercializzati negli altri Stati membri o in Turchia o legalmente fabbricati in uno Stato firmatario dell’EFTA, parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo”. Quindi, se ben comprendiamo, possiamo trovare ‘panettoni’ con i più fantasiosi ingredienti, purchè legalmente fabbricati nel Paese d’origine. La cosa ci pare in contrasto, oltre che col buon senso che però spesso latita nelle norme, anche con quanto previsto dal D.to Leg.vo 109/92 (peraltro citato proprio nel decreto di cui stiamo parlando) che, a proposito delle denominazioni di vendita, dice: “La denominazione di vendita dello Stato membro di produzione non può essere usata, quando il prodotto che essa designa, dal punto di vista della composizione o della fabbricazione, si discosta in maniera sostanziale dal prodotto conosciuto sul mercato nazionale con tale denominazione“.

E per fortuna si tratta di una “denominazione riservata”!

Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare

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