Fiume Po progetto rinaturazione, altri problemi e fondi pubblici: commento di Giampietro Comolli

21 Ottobre 2023
Fiume Po rinaturazione – fondi pubblici
Comolli: “ Urge strategia unica di lungo periodo, obiettivi multilaterali e non settoriali e non di parte. Non perdere fondi UE”
Sulla base delle recenti notizie, pubblichiamo su Newsfood.com, un commento di Giampietro Comolli ai blocchi e ai cambi di un progetto atteso da 50 anni ma più volte rimandato.Testo di Giampietro ComolliFiume Po fra Unesco e critiche, clima e paesaggio, rinaturazione e bacinizzazioneComolli: “ Urge strategia unica di lungo periodo, obiettivi multilaterali e non settoriali e non di parte. Non perdere fondi UE”“ L’è tutto da rifare?” Verrebbe da dire. Il progetto – atteso da 50 anni per chi da Torino a Venezia è nato vicino al fiume Po e ci crede – della rinaturazione del grande fiume con un investimento di 350 milioni di euro, più altri 500 milioni fuori dal Pnrr messo in cantiere da Regione Lombardia, progetto Life di 46 milioni, altri di Lombardia e Veneto su navigazione interna… .è stato congelato dal ministero dell’Ambiente, in accordo con il ministero delle politiche agricole per una opposizione delle organizzazioni sartoriali degli agricoltori… così si legge… in primis Coldiretti e Confagricoltura. Che Autorità di Bacino e Azienda del Po (enti preposti a programmazione e gestione) abbiano presentato un piano vecchio già predisposto alle fine degli anni ’60, già finanziato dal governo Prodi e Berlusconi nel 2006-2008, che non abbiano fatto tutte le verifiche propedeutiche con chi “ il fiume” lo vive direttamente, quotidianamente, per lavoro, coltivazione, passione, turismo, natura, paesaggio è purtroppo un dato di fatto. Tavoli scientifici e tavoli accademici di professori delle diverse università (in Italia non abbiamo istituti di facoltà dedicati), di invitati non ascoltati, di dipendenti di comuni, province, regioni, enti e amministrazioni locali sono stati convocati, 4 o 5 volte, ma solo per essere informati del progetto già deciso e non per “ascoltare” le proposte concrete volute dai contribuenti, dai fruitori.Non è stato detto “no”, però i cantieri già aperti da Aipo dovranno essere rivisti in base a nuove “criticità” e problematiche connesse con la produttività e l’uso del suolo. Si parla ufficialmente al ministero di “revisione e rivisitazione”… Era stato sbandierato da tanti sulla stampa e non solo il binomio innovativo e vincente di Confindustria e WWF d’accordo sul progetto di “rinaturazione” come era stato presentato e approvato da Azienda e Autorità (delegate dall’allora ministro Cingolani) composto da 56 “schede-siti” lungo l’asta del fiume (pari a 36 km effettivi su 650 dell’intero fiume) in cui erano previsti interventi ambientali misti di impianto e di escavazioni anche voluminose in certi punti. Anche la sponda di Piacenza era interessata per 7 siti. A quanto pare pioppicoltori, enti di bonifica, coltivatori di mais si sono messi di traverso, confortati dall’attuale Governo, paventando una quantità enorme di espropri di terreni che avrebbero fatto chiudere centinaia di imprese che si trovano nelle aree più o meno golenali, oggetto di rinaturazione. Dalle schede tecniche, difficili da reperire sul portale Aipo, si tratta di 2000 ettari circa in totale, aggiunti a quelli rientranti entro l’ambito del fiume, dati in concessione demaniale da secoli, che sarebbero dedicati a escavazione di sabbie e ghiaioni. Secondo WWF, invece, sono solo 200 ettari di terreno coltivato quello espropriato lungo l’intera asta del fiume. Chi si è messo per traverso è arrivato a contare 28.000 ettari a rischio… uno zero in più!Effettivamente 27.800 sono gli ettari totali che riguardano nel complesso l’intera destra e sinistra riva fiume interessata al piano generale, ma non è l’estensione delle opere ed espropri. WWF, a sostegno della bontà del progetto originario, informa che, dopo leggi nazionali e regionali strombazzate per limitare a casi eccezionali le nuove cementificazioni e espropri, oggi sono 20 gli ettari sottratti giornalmente all’ambiente da nuove costruzioni in cemento e asfalto. Il piano, steso da Anepla-Confindustria e WWF, prevede un ripristino di vegetazione autoctona, rimboschimenti sulle rive e fra gli argini, abbassamento dei pettini per consentire alla corrente di scavare naturalmente il fiume, un numeroso ripristino e scavi nuovi di lanche, golene e vasche di contenimento per dare più sicurezza e tutela ambiente. Tutti gli interventi sono da realizzare entro il 2024 e 2026 come previsto dal PNRR. La stessa presidente UE von der Lyen ha recentemente indicato il progetto “fiume Po” come uno dei migliori. Gli stessi Reno, Danubio, Senna stanno in parte smantellando la canalizzazione artificiale, le dighe e chiuse che avevano consentito uno sviluppo enorme di navigazione commerciale e turistica.L’articolo di Repubblica del 10 ottobre ha aperto un dibattito forte, da inserire in un contesto più ampio e non di contrapposizione. WWF con Anepla, associazioni confindustriale di imprese di escavazione e inerti, hanno una posizione ferma di non blocco per paura di perdere i fondi UE e perchè le alternative non hanno una valenza economica. I proponenti sostengono che il Po come via commerciale ha diverse difficoltà se non eliminate in una ottica progettuale per una portata troppo variabile e bassa rispetto ad altri fiumi europei più lunghi. Inoltre il fiume è collocato in una valle chiusa molto industriale non attraente e senza uno sviluppo agroalimentare produttivo. Addirittura viene definito controproducente e non competitivo dalle imprese, anche per agricoltura e per la produzione energetica idroelettrica. Soprattutto Anepla e WWF sembrano fortemente contrari alla bacinizzazione perchè altera il ciclo idrologico. Sostengono che non esistono valido motivi per non dare seguito ai lavori già approvati e iniziati con il rischio – che l’Italia non si può permettere – di perdere il PNRR che non è più cambiabile e va chiuso nel 2026.Allora “Quale futuro per il Po?”. Noi stessi, come Osservatorio Distrettuale Produttivo, abbiamo sempre sostenuto con le autorità pubbliche locali e regionali fin dai tempi di Expo Milano 2015 con il progetto “UnPoxExPo” e con il riconoscimento Unesco Po Grande che buttare soldi senza un obiettivo strategia di lungo periodo era un errore sostanziale, come pure progetti “ rammendo” che non risolvono criticità o opportunità nel lungo periodo. Avevamo già allora presentato domande alla politica nazionale se si voleva un fiume a parco e statico assistendo passivamente ai cambiamenti o navigabile come altri fiumi europei, per cosa e per chi. Continuare a disperdere l’acqua dolce in mare era un grave danno per tutti, che tutelare l’area umida più produttiva in qualità eccelsa di tutta Europa vuole dire sostenere una cultura d’impresa agroalimentare in difficoltà con i cambi climatici.Sosteniamo ancor più oggi certe scelte di allora: la biodiversità del fiume Po è una risorsa e una ricchezza da mettere a regime e a reddito; la più vasta area interna umida nazionale deve continuare a produrre eccellenza agroalimentare; la tipicità distrettuale simbolo della cultura millenaria legata al cibo e al paesaggio e all’arte; la bacinizzazione aiuta a migliorare le condizioni ambientali e la pulizia dai solidi trasportati che possono ostruire ponti; la possibilità di una navigazione da diporto, tragitti brevi, accoglienza e attrazione turistica sono una opportunità di reddito e di non abbandono della abitabilità del fiume; attività turistiche di ogni tipo sono fonti di occupazione lavoro e residenzialità anche nelle zone limitrofe agli argini; i riconoscimenti Unesco lungo il fiume (ne manca qualcuno ancora come quello di Piacenza) sono un asset del paese nell’ottica della vivibilità e della eredità alle generazioni future.Ribadiamo che si deve avere una strategia di lungo periodo globale e unitaria (interministeriale) non succube di tirate di giacca e di lobbies; mettere in rete opzioni “multilaterali” per gli eventi eccezionali atmosferici e climatici; alle nuove e continue richieste escursionistiche, emozionali, naturalistiche offrire la possibilità di navigazione privata e pubblica da Piacenza a Venezia; puntare a eliminare le specie alloctone in modo da ridare alla “valle del Po” una matrice originaria, anche didattica e formativa.
Giampietro Comolli
Esclusiva Newsfood.com
© Riproduzione Riservata

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
Presidente CevesUni- centro studi ricerche
mercato consumi distretti produttivi
mercato consumi distretti produttivi
Mob +393496575297
Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà
Redazione Newsfood.com
Contatti