FEDERALISMO DEI LANDERS … per cambiare l’europa?

8 Marzo 2019
La riforma istituzionale italiana è la madre di tutte le innovazioni.
Un grande tema politico, ma soprattutto la scommessa del nostro futuro, dei nostri figli e nipoti.
CAMBIARE L’EUROPA? FEDERALISMO DEI LANDERS?
Concordo che la nostra Costituzione sia ancora importante, efficace, rispettosa di diversità e fautrice di equilibri saggi, oltre che di rispetto e garanzia dei cittadini e delle istituzioni.
Dico solo che deve essere aggiornata favorendo la semplificazione, la sburocratizzazione, l’adeguamento al dinamismo e alle condizioni socio-economiche di una Europa Unita forte e ampia.
Ci sono poi tutti i regolamenti e le “questorialità” parlamentari che vanno rivisti in termini di uguaglianza del lavoro.
Da una riorganizzazione e concentrazione di funzioni possono nascere grandi opportunità, meno costi fissi, più efficienza.
Il primo a parlarne Gianfranco Miglio, poi la bicamerale di D’Alema, poi la modifica raffazzonata del titolo V°, il Referendum diventato una prova di forza partitico.
Ora il regionalismo differenziato di alcune Regioni tende a introdurre ancora qualche piccola variante.
L’ultima proposta, pur rientrando nei binari Costituzionali, già vede rigide manifestazioni.
Inoltre il rapporto con e fra gli altri Paesi dell’Europa non può essere avulso da questa discussione.
Piero Bassetti, primo presidente della regione Lombardia, e di Ralf Dahrendorf, docente di economia, membro della Camera dei Lords e commissario inglese in UE negli anni a cavallo dei due millenni, su due piani differenti, hanno detto molto sul federalismo in Europa.
Il primo kennediano ottimista anche di fronte a segnali secessionisti e alle pressioni europee sull’Italia, è sostenitore di una inscindibile Unità Nazione, strettamente connessa a una UE pluralista attraverso progetti di ampi bisogni collettivi geopolitici.
Il secondo europeista scettico e già allora commentatore lucido dell’isolazionismo britannico, fu sempre un difensore dello Stato solido contro ogni forma di autodeterminazione regionalistica.
Alla luce degli eventi 2017-2018, in Italia, in altri Paesi e nell’Europa a 27 o 28, urge superare la visione di uno Stato centrale con Istituzioni immodificabili che rispecchia ancora una eredità Risorgimentale e di olocausto mondiale, giustamente a quei tempi, con una maggiore autodeterminazione delegata di regioni aggregate e più ampie.
In Germania e in Francia è già stato avviato 30-40 anni fa un processo federalista di Regioni Europee che esaltino le plusvalenze geopolitiche derivanti da diversificati asset e business.
Quindi niente fantomatiche mire secessioniste verso la UE e separazioni interne, sottolineando che un eccesso di Stato Centrale nell’Italia delle piccole patrie e antagonismi fomenta dannosi dualismi politici, autoreferenziali e non fa altro che appesantire e accentuare quelle diversità fra comparti, non solo pubblici, già in essere da molto tempo fra una Regione italiana e l’altra.
Urge una riforma completa, da attivare in tempi brevi. E’ evidente che la unione solo monetaria e la eliminazione dei confini fisici, ma non identitari, culturali, pragmatici, razionali, equalitari, solidali e sostenibili anche in termini di polita estera, di giustizia, di difesa e tanto altro aumenta il rischio di secessioni e bipolarismi nord-sud, est-ovest, forti-deboli.
Nel 2015 la Francia passa da 22 a 13 regioni. Da allora lo Stato e le Regioni hanno una spesa pubblica nazionale inferiore di 15 mld di euro l’anno! Non è un dogma, ma un dato di fatto.
Di conseguenza l’Italia potrebbe passare da 20 a 5 macro-regioni, ipotizzando un risparmio di spesa pubblica vicino a 25-30 mld euro l’anno, a tutto vantaggio di investimenti, infrastrutture, posti di lavoro.
Tutte le macro-regioni avrebbero le stesse chances, gli stessi parametri, gli stessi obiettivi e il “non speso” potrebbe essere anche ridistribuito con formule predefinite di efficienza e solidarietà in modo differenziato.
Il comma 1 dell’art 132 della Costituzione consente che dalle deliberazioni assunte nei consigli comunali con votazione maggioritaria semplice, si arrivi all’accorpamento di 3 o 4 o 5 regioni attuali per volta con rispettivi referendum, il cui esito positivo porterebbe le Camere a licenziare un atto costituzionale di unificazione rispettando le autonomie esistenti.
Proprio il rispetto della diversità fra ambiti territoriali compositi nella stessa macro area e le destinazioni speciali di una macro regione rispetto all’altra sono la prova concreta che siano mantenute, se non aumentate, tutte le garanzie di sostenibilità, solidarietà e sussidiarietà fra le macro-regioni.
E’ nella rispettiva (nord e sud, est-ovest) aumentata autodeterminazione su capitoli di spesa e di scelte politiche precise che vanno eliminati sprechi e malgoverno e recuperate risorse.
Questo percorso diventa un modo concreto e trasparente di portare a termine, dopo 100 anni di dibattito, la questione meridionale italiana, bloccando la nascente questione settentrionale che sta alimentandosi.
Solo una completa riforma istituzionale può arrivare a chiudere l’intero cerchio fra governo nazionale sovrano e sovranità delegata per aree vaste geopolitiche .
Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
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