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FEDERALISMO DEI LANDERS … per cambiare l’europa?

FEDERALISMO DEI LANDERS … per cambiare l’europa?

By Giuseppe

La riforma istituzionale italiana è la madre di tutte le innovazioni.

Un grande tema politico, ma soprattutto la scommessa del nostro futuro, dei nostri figli e nipoti.

CAMBIARE L’EUROPA? FEDERALISMO DEI LANDERS?  

 

Concordo che la nostra Costituzione sia ancora importante, efficace, rispettosa di diversità e fautrice di equilibri saggi, oltre che di rispetto e garanzia dei cittadini e delle istituzioni.

Dico solo che deve essere aggiornata favorendo la semplificazione, la sburocratizzazione, l’adeguamento al dinamismo e alle condizioni socio-economiche di una Europa Unita forte e ampia.

Ci sono poi tutti i regolamenti e le “questorialità” parlamentari che vanno rivisti in termini di uguaglianza del lavoro.

Da una riorganizzazione e concentrazione di funzioni possono nascere grandi opportunità, meno costi fissi, più efficienza.

Il primo a parlarne Gianfranco Miglio, poi la bicamerale di D’Alema, poi la modifica raffazzonata del titolo V°, il Referendum diventato una prova di forza partitico.

Ora il regionalismo differenziato di alcune Regioni tende a introdurre ancora qualche piccola variante.

L’ultima proposta, pur rientrando nei binari Costituzionali, già vede rigide manifestazioni.

Inoltre il rapporto con e fra gli altri Paesi dell’Europa non può essere avulso da questa discussione.

Piero Bassetti, primo presidente della regione Lombardia, e di Ralf Dahrendorf, docente di economia, membro della Camera dei Lords e commissario inglese in UE negli anni a cavallo dei due millenni, su due piani differenti, hanno detto molto sul federalismo in Europa.

Il primo kennediano ottimista anche di fronte a segnali secessionisti e alle pressioni europee sull’Italia, è sostenitore di una inscindibile Unità Nazione, strettamente connessa a una UE pluralista attraverso progetti di ampi bisogni collettivi geopolitici.

Il secondo europeista scettico e già allora commentatore lucido dell’isolazionismo britannico, fu sempre un difensore dello Stato solido contro ogni forma di autodeterminazione regionalistica.

Alla luce degli eventi 2017-2018, in Italia, in altri Paesi e nell’Europa a 27 o 28, urge superare la visione di uno Stato centrale con Istituzioni immodificabili che rispecchia ancora una eredità Risorgimentale e di olocausto mondiale, giustamente a quei tempi,  con una maggiore autodeterminazione delegata di regioni aggregate e più ampie.

In Germania e in Francia è già stato avviato 30-40 anni fa un processo federalista di Regioni Europee che esaltino le plusvalenze geopolitiche derivanti da diversificati asset e business.

Quindi niente fantomatiche mire secessioniste verso la UE e separazioni interne, sottolineando che un eccesso di Stato Centrale nell’Italia delle piccole patrie e antagonismi fomenta dannosi dualismi politici, autoreferenziali e non fa altro che appesantire e accentuare quelle diversità fra comparti, non solo pubblici, già in essere da molto tempo fra una Regione italiana e l’altra.

Urge una riforma completa, da attivare in tempi brevi. E’ evidente che la unione solo monetaria e la eliminazione dei confini fisici, ma non identitari, culturali, pragmatici, razionali, equalitari, solidali e sostenibili anche in termini di polita estera, di giustizia, di difesa e tanto altro aumenta il rischio di secessioni e bipolarismi nord-sud, est-ovest, forti-deboli.

Nel 2015 la Francia passa da 22 a 13 regioni. Da allora lo Stato e le Regioni hanno una spesa pubblica nazionale inferiore di 15 mld di euro l’anno! Non è un dogma, ma un dato di fatto.

Di conseguenza l’Italia potrebbe passare da 20 a 5 macro-regioni, ipotizzando un risparmio di spesa pubblica vicino a 25-30 mld euro l’anno, a tutto vantaggio di investimenti, infrastrutture, posti di lavoro.

Tutte le macro-regioni avrebbero le stesse chances, gli stessi parametri, gli stessi obiettivi e il “non speso” potrebbe essere anche ridistribuito con formule predefinite di efficienza e solidarietà in modo differenziato.

Il comma 1 dell’art 132 della Costituzione consente che dalle deliberazioni assunte nei consigli comunali con votazione maggioritaria semplice, si arrivi all’accorpamento di 3 o 4 o 5 regioni attuali per volta con rispettivi referendum, il cui esito positivo porterebbe le Camere a licenziare un atto costituzionale di unificazione rispettando le autonomie esistenti.

Proprio il rispetto della diversità fra ambiti territoriali compositi nella stessa macro area e le destinazioni speciali di una macro regione rispetto all’altra sono la prova concreta che siano mantenute, se non aumentate, tutte le garanzie di sostenibilità, solidarietà e sussidiarietà fra le macro-regioni.

E’ nella rispettiva (nord e sud, est-ovest) aumentata autodeterminazione su capitoli di spesa e di scelte politiche precise che vanno eliminati sprechi e malgoverno e recuperate risorse.

Questo percorso diventa un modo concreto e trasparente di portare a termine, dopo 100 anni di dibattito, la questione meridionale italiana, bloccando la nascente questione settentrionale che sta alimentandosi.

Solo una completa riforma istituzionale può arrivare a chiudere l’intero cerchio fra governo nazionale sovrano e sovranità delegata per aree vaste geopolitiche .

 

 

FEDERALISMO DI LANDERS EUROPEI PER  UNA POLITICA AGROALIMENTARE NUOVA DIRETTA MIRATA   
La discussione italiana sul federalismo e sull’autonomia differenziata regionale  ha aperto in diversi contesti accademici e non, un dibattito molto interessante sul rapporto Europa, singoli Stati membri, aree vaste istituzionali.
Tema già affrontato dalla bicamerale di D’Alema nel 1997, ripreso con un intervento sul  titolo V° della Costituzione, raffazzonato dal referendum. Un aggiornamento, minimo, della Costituzione non deve essere un tabù.
Da una riorganizzazione possono nascere grandi opportunità, non solo semplificazione, meno costi fissi, più efficienza purchè venga attuata in una logica di visione ampia, non settoriale o secondo l’aria politica che tira.
Il rapporto, e l’equilibrio, Stato-Regioni non deve limitarsi a qualche delega, va inserito, se vogliamo una Europa diversa e migliore, proprio in una contestualità e in un processo di innovazioni istituzionali europee.
Il tema sull’Europa che si vuole,  non deve essere avulso dalla discussione.
Piero Bassetti, primo presidente della regione Lombardia, e Ralf Dahrendorf, docente di economia, membro della Camera dei Lords e commissario inglese in UE, hanno rappresentato due posizioni diverse, meritevoli di attenzione.
Il primo kennediano ottimista anche di fronte a segnali secessionisti e alle pressioni europee sull’Italia, è sostenitore di una inscindibile Unità Nazione in una UE pluralista molto attenta alle diversificate azioni in base a bisogni collettivi geopolitici.
Il secondo europeista scettico e già allora partigiano lucido dell’isolazionismo britannico, difensore dello Stato solido contro ogni forma di autodeterminazione regionalistica, non considerava Maastricht e altri trattati intoccabili, anzi.
Quindi si disegna una Unione Europea federalista, non solo con le carte e la moneta, per esaltare le plus valenze e le diverse caratteristiche geopolitiche che derivano da propulsori differenti, non castigandoli.
L’Italia, nel tempo, ha utilizzato le deleghe alle regioni, più per motivi politici che per logica civile. Un eccesso di Stato Centrale nell’Italia delle piccole patrie e di antagonismi bizantini fomenta dannosi dualismi politici, autoreferenziali e non fa altro che appesantire e accentuare quelle diversità fra comparti, non solo pubblici, già in essere da oltre 20 anni fra una Regione e l’altra.  Le stesse 3 Regioni che hanno chiesto un regionalismo differenziato e rafforzato, non hanno mai preteso la secessione o chiusura dei rubinetti. 
Nel 2015 la Francia passa da 22 a 13 regioni!
Da allora lo Stato e le Regioni hanno una spesa pubblica nazionale inferiore di 15 mld di euro l’anno!
Non è un dogma, ma un dato di fatto.
Di conseguenza l’Italia potrebbe passare da 20 a 5 macro-regioni, ipotizzando un risparmio di spesa pubblica vicino a 25-30 mld euro l’anno, a tutto vantaggio di investimenti, infrastrutture, posti di lavoro.  
Tutte le macro-regioni avrebbero le stesse chances, gli stessi parametri, gli stessi obiettivi e il “non speso” potrebbe essere anche ridistribuito con formule predefinite e differenziate in base alla efficienza dimostrata e per solidarietà nazionale. 
Proprio il rispetto della diversità di ambiti territoriali compositi di una macroregione rispetto a una altra, comprendendo le destinazioni speciali e autonome in essere, sono la prova concreta che siano mantenute, se non aumentate, tutte le garanzie di sostenibilità, solidarietà e sussidiarietà fra la Nazione-Macroregioni.
E’ nella rispettiva (nord-sud ed est-ovest) aumentata autodeterminazione su capitoli di spesa e su scelte politiche precise che vanno eliminati sprechi, malgoverno e recuperate risorse. 
Questo percorso diventa un modo concreto e trasparente di portare a termine, dopo 100 anni di dibattito, la questione meridionale italiana, bloccando la nascente questione settentrionale che sta alimentandosi.
Solo una completa riforma istituzionale, in tempi brevi,  può arrivare a chiudere l’intero cerchio.  

Giampietro Comolli
Newsfood.com

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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