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SOFT OR HARD BREXIT? IL VINO PRINCIPALE OGGETTO DEL DESIDERIO PER GLI INGLESI

SOFT OR HARD BREXIT?  IL VINO PRINCIPALE OGGETTO DEL DESIDERIO PER GLI INGLESI

By Giuseppe

SOFT OR HARD BREXIT?  IL VINO PRINCIPALE OGGETTO DEL DESIDERIO PER GLI INGLESI
Il primo sondaggio  svolto da Ovse-Ceves sul mercato del vino italiano, e non solo, sul mercato del Regno Unito in previsione di una Brexit dolce o dura ancora tutto da definire, forse da rimandare.

Forse da rivedere attraverso un nuovo referendum è molto chiaro e apporta qualche nota aggiuntiva interessante. Gli inglesi non vogliono perdere il vino italiano, soprattutto il Prosecco, ma anche lo Champagne. C’è anche chi immagina soluzioni strane…tipo viaggi sotto la macchina in camioncini pe caricare le bottiglie di vino direttamente a Calais.

C’è addirittura qualche distributore e importatore inglese pronto a finanziare un desk privato sulla sponda UE dell’Europa come fornitore esclusivo e ufficiale delle “etichette” europee. Nessuno vuol sentire parlare di hard Brexit e di etichette semaforo per Grana Padano, Camembert, Brie, Gorgonzola, Asiago, Coppa Piacenza, Culatello Zibello. Marzo è il mese fatidico: o hard o sweet o tutto da rifare o nuovo referendum. In ogni caso nessun inglese ( ma soprattutto scozzesi e gallesi) da noi contattato vuol sentire parlare che il vino italiano non si berrà più sul suolo britannico. “ Pronti a pagare qualche pounds in più”! Questa è la frase più ricorrente.

Meno propensi ad accettare tutte le soluzioni sul tavolo, sono gli importatori e i distributori soprattutto quelli legati ai grandi magazzini e ai grandi supermercati dove i volumi di vino europeo venduto sono importanti. Da mesi vengono inviate lettere ai vari dicasteri dello scacchiere della Regina perché tutto sia fatto per non avere più costi di impresa e costi da caricare sul consumatore. Il rischio maggiore è per i vini “di mezzo” sia per nome, che qualità, che prezzo. Quelle che rischiano maggiormente sono le etichette sullo scaffale oggi a 12-20 sterline a bottiglia poiché un ricarico del 25% può far abbassare i consumi. Va meglio per le bottiglie a 5 sterline, come non se ne accorgeranno nemmeno i clienti della bottiglie da 50-100 sterline.

I commercianti inglesi hanno soprattutto paura del sistema modulistico. Costi burocratici enormi. Fra i più penalizzati, le enoteche rionali private che fin ora hanno venduto quasi porta-porta le bottiglie di vino italiano. Qualche commerciante irlandese è preoccupato ma si stanno già mobilitando: l’Irlanda potrebbe diventare una “sponda” interessante per alcuni prodotti europei se la legislazione inglese, dopo l’hard Brexit, favorisse lo scambio doganale e di confine fra le due Irlanda.

Quindi senza barriere doganali, il vino europeo potrebbe entrare nel Regno Unito gabbando la Brexit, quindi la volontà dei britannici che hanno votato al referendum. Se la dogana resta, forse il mercato della Repubblica d’Irlanda potrebbe diventare un nuovo paese ad alto consumo di vino ai danni della birra!

Qui il Prosecco Dop ha già un suo successo personale e le vendite crescono regolarmente anno su anno del 5-8%. Unico problema è dato dal controllo dei consumi di alcol: niente abuso in assoluto, ma forse più accise e tasse . Massimi controlli.

 

Giampietro Comolli
Newsfood.com

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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