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Difendere l’origine Dop-Igp del made in Italy è un dovere- L’Europa deve piantarla di essere Giano bifronte, di pisciare fuori dallo scorbino

Difendere l’origine Dop-Igp del made in Italy è un dovere- L’Europa deve piantarla di essere Giano bifronte, di pisciare fuori dallo scorbino

By Giuseppe

 

Difendere l’origine Dop-Igp del made in Italy a tavola è un dovere – L’Europa deve piantarla di essere Giano bifronte, di pisciare fuori dallo scorbino

 

Tracciabilità ed etichettatura nell’agroalimentare vogliono dire sanità, salubrità. Difendere l’origine Dop-Igp del made in Italy a tavola è un dovere di molti ministri italiani, non solo di Patuanelli

Con il 31 dicembre 2021 scade il decreto che obbliga di esporre in etichetta, ben visibile, tutti i dati di “origine” di tutti i prodotti lattieri-caseari

 

NOTA DEL DIRETTORE
L’Europa è una mamma che vuole il bene della sua prole oppure è una matrigna invidiosa della bellezza e delle eccellenze di chi è più desiderata?
Non si rende conto che questa bellezza è anche la bellezza dell’Europa verso il mondo?
Mi sorge il dubbio che qualcuno pensi soprattutto al suo tornaconto personale, favorendo le multinazionali (notoriamente senza bandiera e devote solo al Dio Denaro), piuttosto che ai figli virtuosi…
Giuseppe Danielli

 

 

Testo di Giampietro Comolli

Non sono contrario a internet, né ai social. Anzi sono fonti interessanti, un modo formidabile per comunicare  con il mondo. Ma bisogna saper scegliere, vigilare, conoscere.

Negli ultimi anni,  la diffusione fra gli utenti -navigatori del web-*   ha forse contribuito a generare una quantità di fakenews impressionanti, su tutti i temi,  anche “bufale in tavola” per prendere a prestito la trasmissione di Radio24.

*Quanti italiani hanno usato Internet nel 2020?

L’anno della pandemia ci ha indotto ad un uso più prolungato di Internet. Analizzando i dati di Audiweb powered by Nielsen emerge che in media ogni mese hanno navigato in rete 43,5 milioni di italiani, in crescita del 4,6% rispetto al 2019.1 apr 2021

… utenti internet nel mondo
Internet: 4,66 miliardi
27 gen 2021

Non la più importante, né la più recente, ma una mi ha colpito per storia personale. Da parte di madre sono nipote e pronipote di “casari” del Grana Padano con caseifici in provincia di Piacenza, da Caratta a Ottavello, da Niviano a Rottofreno. Inoltre negli anni 1983-1984 ho compilato circa 1900 schede “QuoteLatte” di aziende e allevamenti di montagna (stalle di 4 fino a 100 mucche) con molti dubbi, molta ritrosia, molta critica non tanto all’Europa, quanto alle “indicazioni” scritte e verbali impartite allora dagli organi di rappresentanza agricolo-sindacale e istituzionale-ministeriale!

Nodi che sono venuti tutti al pettine: con lo spauracchio della indagine fiscale, della cancellazione del reddito catastale a favore del reddito da bilancio, tutti i piccoli allevatori da me contattati, ripeto tutti, nessuno compilò la scheda secondo la reale produzione, con gli effetti che tutti abbiamo visto. Potrei definirla, oggi, la prima fake news, anche se eravamo in piena old economy, con una Europa che tentava di controllare e pilotare – già allora – le principali produzioni agrarie.

Ecco che non sono insensibile  a titoli di giornali e portali del tipo:  “Finito il latte e i formaggi italiani… non ci saranno più formaggi italiani… niente formaggi italiani agli italiani” . Cavolo!

L’ennesima bufala? No sembra proprio che l’Europa, da sempre macchina burocratica, estensore e da due lustri anche archivio-banca di tutte le Doc Dop Igp Stg esistenti in Europa… nega se stessa e chiede una etichettatura anonima per il latte e i formaggi.

 

Con il 31 dicembre 2021 scade il decreto che obbliga di esporre in etichetta, ben visibile, tutti i dati di “origine” di tutti i prodotti lattieri-caseari a favore di una informazione corretta al consumatore. Una “tracciabilità” così importante al consumatore europeo e mondiale, viene sancita a tempo?  Ma siamo pazzi?

Una deregulation o liberalizzazione – secondo alcuni a Bruxelles, Utrecht, in Westfalia – che fa bene al consumatore.  Mi domando: una liberalizzazione è utile alla salubrità dei prodotti lattiero-caseari (e non solo),  alla vigilanza, ai controlli, alla marchiatura? Appare più – a naso – una liceità, una manleva e un collateralismo-consociale fra grandi gruppi industriali per consentire l’arrivo sulle nostre tavole di latte anonimo, pastorizzato, liofilizzato, in polvere prodotto dal triangolo mega-produttivo fra Paesi Bassi, Germania, Polonia, patria dei formaggini spalmabili e dei formaggi freschi arricchiti!

Contro Grana Padano Dop, Montasio Dop, Asiago Dop, Pecorino Dop, Mozzarella Dop …ecc?
Credo anche che molti consumatori tedeschi conoscano la differenza fra un loro Quark e gli eccezionali Fymbo Igp e Danbo Igp! Ma sarebbe stupido pensare ad una lotta e concorrenza fra latticini a pasta fresca, pastorizzati, conservati  pronti via… e formaggi curati e selezionati, ottenuti da latte di vacche di montagna, stagionati per 24-40-60 mesi di affinamento.

A rimetterci è il consumatore:  tagliato fuori da indicazioni chiare, si troverebbe ad acquistare tutto anonimo, con latte di sconosciuta produzione e origine, quali mucche,  quale metodo produttivo, quali controlli?

Fa bene la Coldiretti e il presidente Prandini ad alzare il tiro, a sparare, a urlare: ma non ce ne dovrebbe essere bisogno. Per primi il Ministro e i dirigenti di via XX settembre dovrebbero immediatamente intervenire in modo deciso. E ieri il ministro Patuanelli lo ha fatto, ma io avrei almeno coinvolto anche il ministro dello MiTe e dello SviluppoEconomico perché anch’essi strettamente interessati.

Ho un forte rammarico per tutte quelle piccole stalle di bovini ( ma penso anche a pecore, capre) che sono state chiuse ed abbandonate su tutte le montagne italiane: una risorsa e un patrimonio che abbiamo costruito, voluto, difeso, tutelato e anche fortemente sostenuto con fondi nazionali ed europei, giustamente.

Dico giustamente non perché sono un ex agricoltore o un enologo e un agronomo che difende il comparto che mi ha fatto crescere e dato da mangiare, ma perché l’attività agricola e di allevamento è un “presidio” indispensabile sul territorio, in generale ma ancor più in certi territori disagiati. Per questo il mondo primario ha agevolazioni rispetto ad altre attività: ma mettiamole a frutto per la collettività.

La così tanto decantata e ricercata oggi biodiversità e greening naturale che abbiamo in Italia da decenni (rispetto alla monocultura e assenza di piante in tanti altri paesi), era dovuto proprio alla presenza-residenza di famiglie contadine.

Oggi espressione, se ci fossero ancora, di quella sostenibilità, vigilanza, cultura, sussidiarità che i territori vulnerabili hanno bisogno. Il latte si può produrre benissimo e buonissimo lungo il fiume Po e in pianura con ritmi e produttività, ma nello stesso tempo “ si deve” poter produrre in zone difficili e disagiate dove si ottiene anche un latte diverso, formaggi diversi. Due entità che hanno bisogno anche di una PAC e di Psr differenti per filiere e obiettivi diversi, ma in sintonia.

Non parlo di furbetti, di etichettature false, ma di onestà, attenzione, rispetto verso il più debole: il consumatore finale e il produttore-consumatore finale di montagna. Certo nell’ottica di difendere a tutti i costi il made in Italy siglato Dop e Igp su cui il 90 % delle imprese italiane, piccole o grandi, hanno puntato.

 

 

 

 

 

 

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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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