FREE REAL TIME DAILY NEWS

Cioccolato “puro”: condanna della Corte UE, conclusione inevitabile

Cioccolato “puro”: condanna della Corte UE, conclusione inevitabile

By Redazione

La condanna della Corte era inevitabile.

Purtroppo, come di consueto, quasi tutti i media forniscono la notizia in modo incompleto, evidenziando l’ennesimo “attacco alla qualità italiana” se non addirittura affermando cose non vere (come fa Codacons quando dice che “il consumatore sarà COSTRETTO A LEGGERE GLI INGREDIENTI”). A parte il fatto che non ci sarebbe niente di male se la gente si abituasse a leggere attentamente le etichette, le cose, nel caso in questione, non stanno così.

Ce ne eravamo già occupati tempo fa, ma riteniamo utile riprendere i punti essenziali della questione.
In estrema sintesi:

# l’attuale normativa comunitaria (direttiva 2000/36/CE) ammette la possibilità (non certo l’obbligo) di utilizzare, nella preparazione del cioccolato, una certa quantità di grassi vegetali diversi dal burro di cacao (cosa non prevista dalla precedente normativa);

# il decreto italiano che ha recepito tale direttiva (d.to leg.vo 178/03) consente di utilizzare l’aggettivo “puro” nel caso in cui il cioccolato non contenga i suddetti grassi vegetali:
tale possibilità non è prevista dalla direttiva ed è su questo che si è basata l’iniziativa sanzionatoria della Commissione.

(E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni relative all’etichettatura dei prodotti alimentari sono di pertinenza comunitaria, quindi i singoli Stati Membri non possono darsi regole “personalizzate” che contrastino con le norme UE).

Scopo dell’iniziativa italiana, quindi, sembrerebbe essere quello di evitare ai consumatori l’incauto acquisto di cioccolato “impuro”. Se le cose stessero così, niente da dire: il legislatore italiano, per il quale, come si sa, il consumatore è sacro, ha semplicemente sanato una carenza della direttiva.

Ma è proprio così?
No, basta leggere:

I prodotti di cioccolato che… contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao, possono essere immessi in commercio in tutti gli Stati membri, a condizione che la loro etichettatura … rechi la menzione ben visibile e chiaramente leggibile: «contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao».

Tale menzione appare nello stesso campo visivo dell’elenco degli ingredienti, ben distinta da questo, con caratteri di corpo almeno pari all’elenco e in grassetto accanto alla denominazione di vendita; indipendentemente da questa disposizione, la denominazione di vendita del prodotto può apparire anche altrove. (dir. 2000/36/CE, art. 2, comma 2).

Dove stia la differenza è evidente.

La menzione prevista dalla direttiva afferma semplicemente un dato di fatto (il prodotto contiene anche grassi diversi dal burro di cacao), senza sottointendere giudizi di merito: sta al consumatore prenderne atto ed operare la sua scelta, cosa che, riteniamo, sarebbe non solo possibile, ma anche piuttosto facile, purché, ovviamente, ai consumatori stessi le informazioni arrivassero correttamente!

Al contrario, è piuttosto difficile non individuare, nell’uso dell’aggettivo “puro”, l’intenzione di indurre il consumatore a credere che ci siano prodotti “buoni” ed altri “cattivi”.

Di ciò si è ben resa conto la Commissione:

“Dato che in italiano ‘puro’ vuol dire non adulterato, non corrotto e quindi genuino, i consumatori sono indotti a pensare che quei prodotti, che pure rispettano la direttiva e le condizioni da essa previste rispetto alle denominazioni di vendita, ma che contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao, sono non puri, e cioè adulterati, corrotti e non genuini”.

A noi pare che «contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao» sia un’indicazione più che sufficiente a garantire al consumatore “di esercitare il diritto di scelta in maniera consapevole e responsabile”.

Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare

Newsfood.com

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: