Come regolarizzare l’intestino in modo naturale

10 Aprile 2017
Come posso aiutare a regolarizzare l’intestino?
La funzione intestinale varia molto tra una persona e l’altra. Viene considerato nella norma evacuare da 3 volte al giorno a 3 volte alla settimana, quindi si parla di stitichezza quando l’evacuazione avviene meno di 3 volte alla settimana.
A volte si presenta in seguito a un viaggio, un periodo particolarmente stressante o a una malattia, ma si risolve in breve tempo (stitichezza acuta). La stitichezza cronica, invece, quando non è provocata da cause patologiche, è il risultato di abitudini alimentari scorrette, scarsa attività fisica, una leggera disidratazione corporea, particolari condizioni di vita o di lavoro che non permettono una risposta immediata allo stimolo di defecare.
Sarà necessario consultare il medico se gli accorgimenti alimentari risultano insufficienti e se compaiono gonfiore o dolori addominali importanti.
La stipsi non comporta necessariamente una dieta che escluda alcuni alimenti, pertanto non devono considerarsi necessarie restrizioni dietetiche o proibizioni eccessive. Tuttavia attraverso piccoli accorgimenti alimentari e una dieta quantitativamente corretta e bilanciata, con l’inserimento di alcuni cibi specifici si può migliorare la funzionalità intestinale.
I punti-chiave da tener ben presenti in caso di stipsi sono:
1. Fibre: un adeguato apporto di fibre agevola lo svuotamento intestinale. La fibra efficace alla peristalsi è la fibra insolubile, contenuta in noci, cereali integrali e nella maggior parte della verdura. La fibra solubile della frutta, al contrario, ha un effetto costipante, perchè a contatto con l’acqua ha la caratteristica di formare una massa gelatinosa. Fanno eccezione le prugne, i fichi e i kiwi.
2. Idratazione: senza un adeguato apporto di acqua è impossibile stimolare il transito intestinale. La fibra insolubile, infatti, agisce assorbendo acqua e aumentando il volume delle feci.
Almeno in estate e in periodi di grande caldo preferite l’acqua minerale all’acqua oligominerale. L’acqua ricca in minerali viene maggiormente trattenuta a livello di intestino, andando ad ammorbidire le feci e aumentarne il volume.
3. Grassi: le diete fortemente ipolipidiche portano inevitabilmente a stipsi, perché i grassi sono indispensabili ad ammorbidire le feci. E’, quindi, inutile mangiare chili di verdure, se non le condite con olio extravergine: tutta quella fibra causerà solo gonfiore addominale, senza benefici per l’intestino.
4. Movimento fisico: l’attività fisica, soprattutto aerobica, aiuta la regolarità intestinale. Fare una passeggiata con andatura veloce prima di colazione non potrà far altro che bene.
5. Un bicchiere d’acqua calda prima di colazione facilita la peristalsi intestinale e aiuta a disintossicare l’organismo.
6. Yogurt o latte fermentato: i fermenti lattici sembrano svolgere un ruolo molto importante nel favorire la funzionalità.
Cercare di avere una regolare routine, possibilmente subito dopo uno dei pasti principali, mangiare ad orari regolari, non saltare i pasti, masticare lentamente per evitare una eccessiva introduzione di aria che potrebbe provocare aerofagia o meteorismo, educa l’intestino a funzionare in modo corretto.
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Buon cibo = Buona salute
Rubrica a cura di Bioimis
Che cosa succede quando si conserva un cibo surgelandolo o congelandolo?
Spesso questi due termini vengono usati in sostituzione l’uno dell’altro, ma si tratta di un errore piuttosto comune.
Per “surgelamento” s’intende quel procedimento industriale che porta rapidamente i prodotti a temperature molto basse, anche fino a –80°C. Avvenendo in tempi molto brevi, all’interno dei prodotti si formano cristalli di ghiaccio di dimensioni estremamente ridotte, che una volta scongelati lasciano sostanzialmente inalterate le caratteristiche del prodotto.
Il processo di “congelamento”, invece, è quello che accade tutte le volte che riponiamo qualcosa nel freezer di casa. Il classico congelatore integrato nel frigorifero arriva a temperature generalmente comprese fra –6 e –18°C, perciò la formazione di cristalli di ghiaccio avviene più lentamente: ciò comporta la presenza di cristalli di dimensioni maggiori rispetto a quelli prodotti mediante il surgelamento.
Come ben noto, la formazione di ghiaccio comporta un aumento in termini di volume e i grossi cristalli letteralmente fanno “esplodere” le strutture cellulari dei cibi. Al momento dello scongelamento, i cibi possono apparire afflosciati a causa della perdita di acqua. E con l’acqua se ne vanno irrimediabilmente anche le sostanze nutritive.
I fattori maggiormente in grado di influenzare la conservabilità sono rappresentati dal contenuto di acqua e dal tenore di grasso: più ce n’è, e meno il prodotto si conserva.
Prima di congelare la carne cruda, è necessario privarla nella maniera più accurata possibile del grasso in eccesso e delle ossa. I tempi di conservazione sono piuttosto variabili, e vanno dai due/tre mesi sino ai 12 mesi.
Il pesce deve essere congelato freschissimo, se possibile appena pescato o comunque entro la giornata di cattura. Questo prodotto è, infatti, estremamente delicato e già a distanza di poco tempo dalla morte dell’animale i microorganismi cominciano a svilupparsi.
Per quanto riguarda le verdure, è indispensabile che siano fresche e pulite da tutti gli scarti. La verdura va sbollentata per un minuto o due, e poi raffreddata velocemente sotto un getto di acqua corrente fredda. I microorganismi presenti sul prodotto vengono così uccisi dal calore e il successivo, immediato congelamento garantisce la conservabilità a lungo del prodotto stesso.
Per quanto riguarda lo scongelamento, è necessario farlo lentamente. Un ottimo metodo è quello di tenere un surgelato per una notte intera in frigorifero, oppure a temperatura ambiente quando non fa eccessivamente caldo. Se il tempo è poco, si può decongelare un alimento mediante i forni a microonde dotati dei cosiddetti programmi “defrost”, che non ne alterano le caratteristiche.
Ricongelare prodotti decongelati si può, ma solo dopo averli cucinati. Quando un alimento si scongela, la carica batterica presente in esso si “risveglia”: infatti, le basse temperature non eliminano i microorganismi, piuttosto li rendono temporaneamente inattivi. Se, però, sottoponiamo il prodotto a cottura profonda, allora li andremo ad eliminare e, quindi, potremo ricongelare un prodotto sostanzialmente sterile e che, al successivo decongelamento, non sarà interessato da proliferazioni batteriche.
Articolo a cura di Bioimis
in esclusiva per Newsfood.com
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