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Per combattere le contraffazioni alimentari occorrerebbe più chiarezza sull’etichetta

Per combattere le contraffazioni alimentari occorrerebbe più chiarezza sull’etichetta

By Redazione

Angelo Acino prende spunto da un commento che ci ha inviato Carlo, un italiano dall’Olanda, che come noi ama la nostra bella Italia con le sue belle tradizioni ed eccellenze locali

Carlo il 05/09/2010 alle ore 11:52:23 ha scritto:   

Ciao, esiste una legge che tuteli il marchio Mady in Italy anche all’estero? Mi spiego meglio. Mi trovo in Olanda e ci sono ristoranti e locali quì che sfruttando il nome dei nostri
prodotti, la nostra storia, le nostre tradizioni per proporre poi scopiazzature a tratti anche ridicole dei nostri cibi. Fantomime improbabili anche dei nomi: pizza margarita, pepperoni,
capiciosa, pasta con eregano, maccaroni…per non parlare poi della loro qualità a dir poco scadente.

Il bello è che all’interno gestiscono e lavorano persone di altre nazionalità che non sanno minimamente nulla del nostro paese andando anche fieri del fatto di “fregare” gli
ignavi turisti o sprovveduti di turno. Si spaccia così per italiano qualcosa che non lo è affatto ledendo il nome del nostro paese e sfruttandolo, offendendo il lavoro delle
aziende, dei cuochi e dei marchi storici italiani nella qualità e nella dignità.

Ora io mi chiedo è possibile tutelare tutto questo? Difendersi da tutto questo? Salutoni. Carlo

Il “made in Italy” fa gola, è proprio il caso di dirlo, in vari settori, ma è nell’agroalimentare che siamo particolarmente bersagliati. Conosco molto bene ciò che segnala
Carlo a Newsfood. Non è solo un caso olandese ma direi che ovunque ormai si vada, anche in Paesi lontanissimi, troviamo il parmesan, i makkaroni, improbabili mozzarelle, tiramisù
ecc. tutti rigorosamente rifacentisi alla tradizione italiana.

Ora giustamente il nostro amico si domanda e ci gira il quesito su come possiamo difenderci da questa profusione di prodotti normalmente scadentissimi che altro non fanno che danneggiare la
nostra immagine nel mondo. La questione è complessa. Tutti questi prodotti intanto sono fuori dall’area protetta rientrante nelle varie sigle che conosciamo, DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG
(sigla quest’ultima esclusivamente italica che non ha simili in ambito UE, quasi a voler sigillare una sorta di superprotezione che non ha, a mio avviso, ragion d’essere, vedasi all’uopo i
milioni di litri di Chianti fasullo sequestrati ancora ultimamente) ecc……

Le produzioni di pregio sono poi tutelate da un apposito disciplinare di produzione che fissa rigidi parametri qualitativi. Il lettore si riferisce quindi ad una gamma molto diversificata di
prodotti generici, che però, in modo più o meno subdolo, i produttori tendono a far ritenere al consumatore, un po’ distratto in verità, che stia acquistando un alimento di
qualità. Ora, non è che, di solito, su questi prodotti ci sia tanto di marchio e denominazione fasulla, il che configurerebbe un chiaro reato di frode alimentare.

Qui semplicemente con queste denominazioni si ingenera nell’immaginario collettivo l’opportunità di acquistare qualcosa che si rifà alla tradizione italica, senza tuttavia correre
alcun rischio perché il generico nome pizza o macaroni non sono difesi. E’ finalmente difesa la pizza napoletana, ma è una mosca bianca in un mare di prodotti non tutelati.

Anche i recenti tentativi legislativi di difendere il made in Italy danno sì una difesa, ma solo se ci sono un marchio registrato o quantomeno tale dicitura. In assenza di marchio e
senza scriverci made in Italy, io posso andare ovunque, creare una confezione di peperoni al… cosa voglio, metterci una bandiera italiana e difendermi, se accusato, di voler semplicemente
ricordare che è una ricetta italiana.

Cosa fare dunque?

A mio avviso bisogna che la tutela divenga più stringente, nel senso che qualsiasi prodotto che richiami nel consumatore l’idea di acquistare un alimento italiano debba riportare a
chiare lettere il Paese produttore e la provenienza degli ingredienti. A quel punto chiunque potrà tentare di riprodurre una nostra ricetta, ma con ingredienti la cui dichiarata
provenienza non trarrà in inganno il consumatore.

Andranno aboliti ovviamente i termini di per sé ingannevoli, tipo Parmesan, oggi ovunque e che ricorda sfacciatamente il nostro prodotto.

Un cenno infine ai controlli. Si era parlato anni fa di una sorta di corpo di superispettori della Comunità, che avrebbe dovuto lavorare in sinergia con i Servizi ispettivi dei vari
Paesi. Non ne ho più sentito parlare e, qualora esistesse, evidentemente lavora troppo in silenzio. Ecco, ci vuole del personale e, cosa più ardua, personale molto preparato.

Angelo Acino
Newsfood.com Redazione Newsfood.com+WebTv

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