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La standardizzazione in gamme, una normativa disapplicata

La standardizzazione in gamme, una normativa disapplicata

By Redazione

L’argomento di cui tratto potrà apparire eccessivamente tecnico, un po’ da addetti ai lavori, tuttavia esso può essere di aiuto a noi consumatori nella scelta di un prodotto
alimentare.

La standardizzazione in gamme, il cui fondamento normativo si radica nella Direttiva 2007/45 e nel Decreto Legislativo 25 gennaio 2010 n.12, applicativo e recepimento della Direttiva, trova la
sua ragione di essere nella necessità di avere formati standard, univoci per vari prodotti alimentari al fine di poter comparare tra loro prodotti simili. E’ pur vero che dal prezzo per
unità di misura, obbligatorio sugli scaffali, si può già facilmente scegliere il prodotto se si punta alla convenienza economica, ma avere formati simili facilita le cose.
Così avremo ad es. sempre il vino nel formato da 75cl e le bevande spiritose sempre nel formato da 70cl.

Ora però abbiamo il caso eclatante di un vermouth il cui formato, 240ml, sia pure non ammesso, non impedisce che si trovi sugli scaffali di ogni supermercato. La confezione si presenta
con 4 bottigliette da 6cl caduna, non vendibili singolarmente. L’unità di vendita è pertanto di 240ml.

Scendo nel dettaglio normativo. Sia la citata Direttiva che il provvedimento nazionale (che è la fotocopia della Direttiva) all’Allegato 1 fissano le capacità consentite per vari
prodotti. Per il vermouth le uniche 7 capacità consentite sono: ml 100-200-375-500-750-1000-1500. Andiamo ora a leggere l’art.5 c.2 : qualora un imballaggio preconfezionato sia
costituito da due o più imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano all’imballaggio
preconfezionato. Per i non addetti ai lavori, l’imballaggio preconfezionato è l’insieme delle 4 bottigliette costituenti l’unità di vendita, il cui totale 60ml(1 bottiglietta) x 4
= 240ml non è ricompreso tra i valori consentiti dal legislatore.

Il sottoscritto ha già contattato sia il MIPAAF che il Ministero delle Attività Produttive (al quale il MIPAAF ha rimpallato la problematica). Invano. Segnalato la cosa
All’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Invano. Scritto alla Commissione UE. Qui finalmente una risposta. Prendiamo in esame il problema che, ritenuto fondato dopo attenta
valutazione, sarà discusso in Commissione a porte aperte. Sono passati circa sei mesi… per ora niente.

Mi torna il sospetto già più volte segnalato: le multinazionali non si toccano.

Angelo Acino
Newsfood.com

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