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Pandemia, un danno enorme ma motore di riforme per scuola, sanità, lavoro

Pandemia, un danno enorme ma motore di riforme per scuola, sanità, lavoro

By Giuseppe

Premessa
Vogliamo essere positivi: la pandemia può insegnare qualcosa. Importante è che, chi guida l’auto non solo abbia la patente, ma sappia guidare. (Premessa di Giampietro Comolli)

Caro Giampietro,
sono perfettamente d’accordo ma il problema non è solo se chi guida è bravo o no… il vero problema è tutto un complesso di problemi. L’auto è bella, la più bella del mondo, la più desiderata…  ma è impossibile guidare se le strade sono piene di buche, i cartelli stradali sono troppi e spesso contradditori, il traffico è caotico con tante regole che non vengono osservate, non c’è più differenza tra integrità e professionalità dei controllori e furbizie dei controllati…
Viviamo in un’epoca moderna dove la tecnologia, in poco più di un secolo, ha raggiunto vertici impensabili, e anche la “Libertà” dell’individuo. Ma il popolo (Demo) ha creduto di poter fare a meno del potere di chi governa (Crazia) ed ora  non siamo  più in Democrazia ma in Anarchia assoluta che porta solo la nostra bella automobile a sbattere contro un muro! Spero tanto  di sbagliarmi…
(vedi cosa dice Piero Bassetti in una intervista)
Giuseppe Danielli
Direttore Newsfood.com/nutriMENTE

Pandemia un danno enorme, fonte di paure, un crollo di attività, di speranze, di futuro. Ma anche motore di riforme indispensabili per scuola, sanità, lavoro: capisaldi del benessere sociale e civile al servizio della persona, non di uffici e delle cose.  

20 novembre 2020
Non avevo fiducia! Me tapino, uomo di poca speranza! Forse – è sbagliatissimo dirlo e pensarlo – la seconda ondata della pandemia ha svegliato menti vecchie e attaccate alla certezza e alla sicurezza dello status quo, della poltrona, della carica. Voglio essere molto ottimista e leggere – meglio dire, interpretare – alcune dichiarazioni di mega-vertici sociali imprenditoriali,  sindacali e  politici come un segnale di grande risveglio, di enorme passo avanti che – da piccolo economista di paese – propugnavo e sognavo già ai tempi della prima e seconda pandemia finanziaria che ha colpito il mondo, e l’Italia in particolare, già nel 2008-2009 (governo Berlusconi) e peggio ancora nel 2011-2012 (governo Monti).
Sicuramente periodi politico-economici che avrebbero potuto contribuire e dare una prima sterzata alla già debole situazione italiana, più indietro rispetto ad altri partner europei, ma sicuramente con una Europa incollata all’austerity che ha bloccato ogni riforma.
“Il cane che si morde la coda”. Fra coloro che condannavano e condannano ogni forma di populismo e di nazionalismo, portando avanti, però, barriere di altro tipo (accoglienza migranti,  concorrenza guidata e paradisi fiscali, trust governativi, politiche estere diverse) e negando per anni quella solidarietà, sussidiarietà che stava alla base della nascita dell’Europa Comunitaria (poi della Unione)  voluta da Spinelli, Adenauer, Spaak, Schuman.
Ero molto triste, da fedele Federalista Europeo con tessera del 1975 firmata da Spadolini,  eppur qualcosa in questo “autunno pandemico” molto caldo del millesimo 2020, mi sembra di vedere segnali incoraggianti su cui il governo Conti dovrebbe spingere. La Commissione Europea sceglie la strada green, almeno in gran parte, indicata dalla Cop di Parigi,  aumenta i fondi della PAC per giovani e aziende agricole piccole,  fa di tutto per salvare una Brexit commerciale, si interessa per la prima volta del sistema sanitario europeo non solo con i soldi del Mes, ma cercando anche misure e modelli comunitari – giustamente con misurata attenzione, perché il nostro passato non è libero dal gioco delle tre carte – per risollevare i paesi più deboli in tempi di  Covid19.
Segnali ottimi, almeno sul tavolo, dopo decenni di soli interessi monetari e finanziari. Anche il mondo della occupazione e lavoro, del commercio al di là della concorrenza e dell’anti-trust, della tutela di produzioni e di asset nazionali-europei dovrebbero avere una direttiva dell’Unione Europea che punti al rialzo e non al ribasso come è sempre successo per accontentare tutti e avere l’unanimità.
A 27 paesi così diversi, non è più il tempo dell’uniformità a 6 o 9 paesi.  Sembra che la paura salutistica, il crollo azionario e obbligazionario nelle borse mondiali dei grandi players digitali, il recupero della vecchia economia reale, lo spread tutto a un tratto diventato marginale e non vincolante stiano facendo ragionare chi da sempre ha anteposto scelte obbligatorie di parte da imporre agli altri sotto il cappello UE.
Il ritorno autunnale della pandemia ha colpito soprattutto i già deboli, incrementando il numero dei nuovi poveri. La seconda ondata, già prevista a marzo 2020,  non ha colpito solo i paesi deboli dalla bassa produttività, spendaccioni, senza riforme del sud Europa!
Credo che questo quadro dia un grande supporto al  “governoConte” per proporre piani di recupero intelligenti e non da questuanti, progetti di alto respiro. Aspen Institute dal Colorado sottolinea alcuni aspetti economici significativi da prendere come “elementi fondamentali” di scelte post Covid, e il presidente di Aspen Italia, giustamente, le adatta al nostro sistema in una recente interessante intervista a tutto campo dove occupazione (più importante del tipo e del modello  di lavoro), istruzione (più importante il merito che la linearità appiattita), salute (più importante il servizio salutistico che la soluzione medico-farmaceutica), benessere sociale (più importante la vita sicura conviviale che il danaro) sono molto più determinanti di tanti altri fattori produttivi e civili, compreso le differenze politiche e partite.
Questo è un grande progetto di cambiamento,  detto da chi è sostenuto dalle fondazioni private  più potenti e più ricche al mondo. Già il presidente Obama aveva sottolineato, appena eletto Trump,  che la narrazione globalista sarebbe entrata in crisi.
Infatti oggi si sta prendendo atto di un forte inizio di “segmentazione della globalizzazione”, di un probabile ritorno ai numeri del 2019 non prima di 20 anni, della difficoltà del sistema sanitario mondiale di fronte a un evento pandemico generale, della crisi medico-sanitaria italiana accentuata da un eccesso di ospedalizzazione e di concentrazione della assistenza in mega-nosocomi a monoblocco,  suddivisi per piani e per reparti primariali, così la diagnosi va a braccetto alla degenza, dimenticando la efficienza e efficacia dei centri sanitari  di comunità e della assistenza preventiva domiciliare e di cattedra.
Purtroppo abbiamo visto che il servizio sanitario prevalentemente pubblico ha diverse pecche, a volte risolte e a volte aggravate da strutture private non di supporto. Al di là del gravissimo problema sanitario, la pandemia – se vogliamo essere onesti e pragmatici – sta evidenziando condizioni deficitarie in tanti settori e comparti pubblici e privati.
E’ evidente che sono pubblici tutti quelli che riguardano la nostra vita sociale e civile, per esempio la scuola, la sanità, il lavoro. Tre aspetti che sono strettamente legati alla vita di tutti noi, strettamente connessi al servizio pubblico, sia in uno Stato populista che liberale, che socialista che comunista.
Un fattore appare comune a tutti questi aspetti vitali: l’influenza e l’intervento del pubblico nella vita privata. E’ vero che i tanti sondaggi parlano di una evidente e prossima recessione  fra le imprese, maggiore nelle regioni dove è maggiore la presenza privatistica e più diffusa nelle piccole imprese.
Questo è il segnale di una forte crisi occupazionale, prima nei comparti più colpiti, poi in tutti, a fronte di un calo dei consumi. Eppure nel 2020 i risparmi degli italiani sono aumentati! In una prospettiva così ingarbugliata e poco ottimistica mi sembra, se ho letto giustamente le tante dichiarazioni apparse sui media italiani, possa arrivare un segnale forte: restano sicuramente distanze fra imprese industriali e il sindacato dei lavoratori Cgil, ma pronti a rivedere contratti e modelli dei lavoratori!
Niente passi estremi, dialogo su tutto, questo il pensiero lanciato in una fase dove le questioni si risolvono insieme e non da soli. Il nodo contratti emerge come al solito: è ancora il tempo di discutere di “rinnovi” o di “cambio” del sistema contrattuale, dei diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro?
Vale di più una deregulation contrattuale o una garanzia di contratto indeterminato, meglio trovare soluzioni in dettagli anche regionali, oppure prevedere contratti nazionali pubblici e privati molto simili, senza troppe discriminazioni di parametri e di benefit. E’ ancora il tempo, post pandemia con tutte le indicazioni e paure che resteranno anche se tutto finirà,  di basare tutto su più salario e meno orario?
La contrattazione di secondo livello diversa da un grande territorio ad un altro può contribuire ad elevare salario, dare più occupazione, più lavoratori a tempo indeterminato? In Italia, e in post Covid19, è altissima la percentuale di lavoratori che prediligono il posto fisso alla partita iva.
Entrambi strumenti che possono dare una mano anche a ridurre il lavoro in nero insieme a un cuneo fiscale  più equo e a una fiscalità meno invadente, più vicina al 10% che al 30%, ma non certo lineare neanche in questo caso. La linearità e orizzontalità nazionale dei contratti abbiamo visto che non ha alzato l’asticella dei redditi e della produttività più bassa, ma ha livellato al ribasso.
Non vale neanche la formula unica del rapporto salario-produttività perché i comparti e i settori produttivi sono diversi: un meccanico ha responsabilità, ritmi e tempi diversi da quelli di un bracciante agricolo di montagna (due estremi). Una contrattazione nazionale, di base e propedeutica, può essere una parte, ma anche più welfare e differenziato può essere un grande aiuto per le generazioni future, sia nel pubblico e nel privato.
Decontribuzione e aumento salariale vanno a braccetto, ma devono andare insieme anche un rinnovato e moderno statuto dei lavoratori che coinvolga tutte le categorie, senza esclusi, come per esempio i lavoratori dello spettacolo, gli addetti al turismo locale, a tutte le attività stagionali e temporali così cambiate e diversificate negli ultimi 10 anni.         

Giampietro Comolli
Newsfood.com
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Giampietro Comolli

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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