Giampietro Comolli affida al web, attraverso Newsfoo.com, questa lettera aperta confidando nel servizio Alert di Google che sicuramente segnalerà all’ufficio stampa di Paolo Gentiloni questo messaggio a lui indirizzato. Non pretendiamo risposta ma ci farebbe piacere ricevere un cenno di riscontro a: redazione@newsfoodcom.wpcomstaging.com
Un pensierino…
In poco più di una dozzina di anni il nostro (ma è ancora nostro?) Paese si è impoverito, il valore degli immobili è crollato e il credito bancario è in pratica sparito, molte migliaia di imprese hanno chiuso l’attività e le Famiglie sono in grave difficoltà… non certo per loro colpa. Continuare a pretendere più uova dalle galline già in difficoltà, porta solo alla loro morte. Le galline non faranno più uova e il pollaio si impoverisce. Ma anche il contadino diventa più povero… e facile preda dei contadini/allevatori più ricchi e lungimiranti.
Giuseppe Danielli
Direttore Newsfood.com
Lettera aperta per Paolo Gentiloni
Carissimo Commissario, presidente Paolo Gentiloni, innanzitutto sono orgoglioso che un italiano abbia avuto – in questo delicato momento – l’incarico all’economia europea: difficile per lo status del nostro paese. Una sfida.
Gli incarichi politici sono sia segno di credibilità personale ma anche di equilibrata rappresentanza e difesa delle prerogative e della progettualità nazionali. Siamo all’avvio del nuovo mandato con tutte le azioni e misure inerenti, soprattutto quelle che riguardano l’economia e l’agricoltura.
In una Europa dove, dopo 20 anni, è ancora la moneta e la finanza a fare sostanza e voce grossa, in attesa di qualcosa di più che riguardi difesa, diplomazia, ambiente, flussi comuni… l’Europa e l’Euro necessitano sicuramente di una “mutua” assicurazione fra e per gli Stati soprattutto per delineare una uniformità comportamentale e gestionale con modelli bancari-fiscali-tributari assai diversi.
Per il cittadino comune non esiste solo la “finanzaeconomica” se si vuol costruire una Europa vera, come dicevano Spinelli, De Gasperi, Schuman, Monnet, Adenauer e non si sente il bisogno di meccanismi automatici di controllo o previsionali.
Il trattato MES, proprio perché è un trattato, è modificabile fino all’ultimo minuto trattandosi di una alta mediazione, come casi precedenti insegnano: tutti dicono che è incompleto, e anche controverso. Non è accettabile che un sostegno ai paesi membri sia strettamente connesso ai requisiti di capitalizzazione delle banche nazionali in base al rating del debito, non è giusto che le risorse siano concesse solo ai paesi virtuosi, non è corretto che il debito pubblico e privato sia sempre collettivo e da spartire fra tutti mentre il credito privato sia solo degli azionisti.
Urge chiarire quanto e come la “disponibilità” economica privata possa entrare nel capitolo della ristrutturazione del debito pubblico maturato per tutti, ma non in modo uguale! Sanare errori del passato con altri errori, vedi Alitalia, non piace all’Europa, non dà credibilità e non piace agli italiani in quanto elargire soldi pubblici senza controllo crea un triplo danno.
“Non fa bene al Paese.. “ come Lei ha detto spesso recentemente “… alimentare presunti complotti…” o disastri gestionali o svendite di grandi imprese ”… comportano non credibilità e rischi sui mercati finanziari”. Essere un paese di risparmiatori e di formichine… non vuol dire che il credito e le disponibilità private debbano essere usate per garantire o calmierare danni di chiara matrice e obiettivi soggettivi attuati negli ultimi 40-50 anni: occorre saggio equilibrio, proporzione e pieno rispetto dei diritti e doveri pubblici e privati.
L’Italia deve essere credibile in comportamento, forma e sostanza politica e bilancio, ma lo deve essere anche come responsabilità diretta delle persone, come difesa di una progettualità nazionale che per tanti motivi è diversa da altre Nazioni che compongono l’Europa. Da federalista europeo convinto dal 1977 grazie a Spadolini, non posso credere che non sia possibile attuare politiche comuni di alto valore e profilo contestualmente applicate a politiche ferree e differenziate nazionali: in questo l’agricoltura è proprio l’esempio lampante; per questo dopo il carbone è stato l’impegno più forte delle direttive e regolamenti europei.
Il debito italiano è “sostenibile e va ridotto” come dice Lei, ma chi oggi lo rende sostenibile e sostenuto? Assunzioni farlocche soprattutto nei ministeri e in enti pubblici non forniscono un quadro di credibilità Paese. La snellezza e la semplificazione della vita quotidiana sono parametri che migliorano il rapporto Cittadino-Stato-Europa, sono attraenti per imprese, danno fiducia e speranza ai giovani a restare. L’Italia deve essere protagonista in Europa, il che non vuol dire “contro”, ma “co-guida” sicura di certe formule, modelli e misure non messe in discussione quotidianamente.
Ambiente, coesione, mecenatismo, ricerca negli ultimi 20 anni altri paesi hanno percepito molto più di noi. Per questo che la PAC (e gli Ocm collegati) – carissimo Commissario – può e deve rappresentare anch’essa quel modello che viene messo in campo con il
MES: in ogni campo le regole e le formule devono essere identiche per tutti… la forza dell’Europa è soprattutto unità di intenti e indirizzi, nel rispetto di alcune autonomie e autodeterminazioni che rispondono a diversità naturali.
La politica agricola economica deve riconoscere e sancire che nei 27 paesi europei ci sono realtà ambientali, geopedologiche, idromorfologiche, culturali che non si superano con misure, pilastri e azioni standard. In Europa c’è una agricoltura forte, tecnologica, veloce, estesa, intensa e produttiva che svolge il compito primario di dare certezze alimentari e sostenere chi non può produrre così bene.
In Europa c’è anche una agricoltura “di agricoltori” che sono piccole aziende famigliari, produttori di Dop, dislocate in aree interne difficili, svantaggiate, suscettibili di abbandono, non tecnologiche… ma che svolgono un compito di presidio, di garanzia, di occupazione, di attrazione turistica a favore anche di chi vive, lavora e produce a valle.
E’ importante che questa differenza “territoriale” sia inserita nelle norme, che sia principio comune, che sia fonte di riflessione di più ampio spettro e valore arrivando proprio a regolamentare “egualitari modelli conformi” in Europa da cui però sia codificato il rispetto e la importanza della “biodiversità”anche economica-finanziaria.
Difficile ma perseguibile e attuabile in linea con le richieste delle nuove generazioni che scendono giustamente in molte piazze. La mia professione, i miei studi, la mia cultura mi hanno insegnato che per tarpare le ali al populismo e al sovranismo vero e non declarato… non bisogna personalizzare e soggettivizzare la questione e condannare i suffragi di pancia, bensì occorrono precise risposte concrete, trasparenti, responsabili e un forte piano di “accettazione delle diversità in un contesto di unità collettiva” senza consociativismi, corporativismi, congregazionismi.
Grazie per l’ascolto, e ancora buon lavoro per tutti, tutti, gli italiani… nessuno escluso.