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‘Land grabbing’: Un caso a Cigliano, nella provincia di Vercelli

‘Land grabbing’: Un caso a Cigliano, nella provincia di Vercelli

By Redazione

Da anni denunciamo il ‘land-grabbing’, o ‘rapina delle terre’, che viene perpetrato da investitori stranieri conniventi coi governi e le amministrazioni locali a danno delle popolazioni
autoctone. Questi fenomeni – come si e’ visto da ultimo in Etiopia https://www.ilfattoalimentare.it/africa-obama-terra.html
– sono generalmente accompagnati da violenze, minacce e deportazioni degli esseri umani che abitavano le aree cedute. 

Riceviamo ora notizia di un fenomeno per alcuni aspetti simile che si sta verificando proprio in Piemonte, Italia. E’ il caso di Cigliano: la Conferenza dei Servizi presso la Provincia di
Vercelli e’ ora chiamata a decidere [1] se autorizzare la costruzione di un impianto di biogas su un’area agricola.

Biocombustibili anziché cibo. Il primo elemento comune, tra numerosi episodi di ‘land grabbing’ e il ‘caso Cigliano’, e’ la determinazione di un investitore a sottrarre terre
destinate all’agricoltura per produrre ‘biofuels’. Mentre in Liberia e dintorni la rapina delle terre e’ finalizzata alla coltura intensiva di vegetali da convertire in bio-diesel (come la
palma) o in etanolo (come il mais OGM a cio’ dedicato), nel vercellese l’idea e’ quella di realizzare un impianto che produca biogas a partire da biomasse. Sulle terre che oggi sono coltivate a
mais e triticale a uso alimentare e mangimistico.

Consultazione delle comunità locali. Un altro aspetto che caratterizza il ‘land grabbing’ e’ lo scarso coinvolgimento delle popolazioni interessate in termini di informazione,
consultazione e raccolta dei relativi consensi. Anche nel caso in esame la comunità locale lamenta la carenza di informazioni, e il conseguente pregiudizio dei propri diritti. 

I proprietari delle abitazioni situate in prossimità dell’area ove è prevista la localizzazione dell’impianto hanno percio’ costituito il Comitato “Tutela del territorio di
Cigliano”
con l’obiettivo di proteggere l’ambiente, la salute e la qualità della vita dei soggetti residenti nel territorio coinvolto. Sono in corso una comunicazione diffusa e una
massiccia raccolta di firme, nella convinzione che tali questioni debbano venire affrontate al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini interessati.

Il Comune di Cigliano ha a sua volta espresso una valutazione negativa, in linea con il parere della Asl di Vercelli che classifica l’impianto come “industria insalubre di prima categoria”. E’
di conseguenza necessario che l’imprenditore dimostri l’adozione di apposite cautele che devono risultare in grado di escludere qualsiasi concreto rischio per la salute delle comunita’ locali.
E il Comitato, a tale proposito, ha rimarcato la vicinanza dell’impianto proposto alle abitazioni civili.

Trasparenza e incertezze. L’avvvocata Daniela Bauduin, su incarico del Comitato, ha presentato alla Provincia di Vercelli una memoria in cui si evidenziano le criticità connesse,
tra l’altro, all’incompletezza della documentazione fornita dal richiedente. Secondo le norme in vigore, [2] questo tipo di istanze devono venire integrate da una relazione tecnica che indichi
la descrizione della provenienza delle biomasse utilizzate, e le aree dove sara’ smaltito il c.d. ‘digestato’. 

Eppure, lamenta il Comitato, a tutt’oggi non risulta siano stati stipulati i necessari pre-accordi di fornitura con agricoltori della zona, ne’ si ha notizia di dove saranno smaltiti i residui
della produzione. E allora, quali biomasse si intenderebbe utilizzare, di che provenienza? Dove saranno lasciati i materiali di scarto? Quale ulteriore impatto ambientale legato ai trasporti
(che in Italia, tragicamente, sono quasi sempre eseguiti ‘su gomma’)?

La Convenzione di Arhus (Danimarca, 25.6.98), ratificata in Italia con la legge 16.3.01 n. 108, afferma che i cittadini devono avere accesso alle informazioni e venire ammessi a partecipare ai
processi decisionali, per poter rivendicare il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la propria salute e il proprio benessere. Al preciso scopo di garantire la qualità
delle decisioni e rafforzarne l’efficacia, contribuendo a sensibilizzare il pubblico rispetto alle tematiche ambientali e consentendogli di esprimere le proprie preoccupazioni.

I vuoti normativi. In attesa delle decisioni piemontesi, emerge con chiarezza la necessità che lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, intervengano a colmare le
lacune normative esistenti. A partire dalla fissazione delle distanze minime dei diversi tipi e misure d’impianto rispetto alle abitazioni civili. Le Regioni dovrebbero poi individuare le aree
non idonee, tenendo apposito conto delle esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale. Senza dimenticare, in casi come quello di Cigliano, considerazioni
in merito alla preesistenza di altri impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nella stessa area, e la loro concentrazione.

Dario Dongo
per Newsfood.com

[1] Il procedimento coinvolge molte pubbliche Amministrazioni, tra cui la Regione Piemonte, ed è disciplinato dall’articolo 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, che dà
attuazione alla direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità

[2] I contenuti minimi della c.d. ‘domanda di autorizzazione unica’ sono definiti nelle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, approvate con il decreto
del Ministero dello Sviluppo economico il 10.9.10, in vigore dal 3.10.10. La relazione tecnica citata in narrativa e’ prescritta al paragrafo 13 del citato decreto

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