Kitegen: energia rinnovabile e investimenti a km zero

4 Maggio 2010
Una singolare iniziativa di investimento messa in atto da professori universitari, studenti, professionisti, giornalisti e semplici cittadini, potrebbe essere una interessante risposta alle
burrasche monetarie di questi ultimi giorni, e alla crisi della globalizzazione di questi ultimi anni. L’iniziativa richiama idealmente i mercatini a km zero che alcuni comuni hanno
organizzato per avvicinare acquirenti e produttori in modo da ridurre i costi di trasporto e di stoccaggio dei prodotti, per favorire l’economia locale e un rapporto più
diretto fra le persone.
Nel caso in esame siamo in presenza di un gruppo di persone che operavano all’interno di associazioni che si interessavano all’ambiente, all’energia e al territorio; fra queste c’era
chi stava conducendo ricerche sullo sfruttamento dei venti di alta quota, e che aveva anche realizzato studi di fattibilità, progetti preliminari, registrando diversi brevetti.
Pertanto all’interno di queste associazioni è stata concepita l’idea di una società allo scopo di finanziare quest’idea e il progetto per lo sfruttamento dei venti di
alta quota, denominato KiteGen.
Tradizionalmente, il piccolo/medio investitore è costretto ad operare in un mercato dove gli è preclusa la conoscenza diretta dell’attività e delle persone
coinvolte nelle società dove investe. Certo, può partecipare alle assemblee societarie, che però spesso si risolvono in un noioso rituale, anche se spesso è prevista
per tutti i soci la possibilità di intervenire, così tanto per dare il contentino e far sfogare l’eventuale scheggia impazzita. Le vere decisioni ovviamente vengono prese, per
continuare con l’immagine, nelle sagrestie dei consigli di amministrazione, luoghi blindati dove pochi officianti gestiscono patrimoni immensi. La saggezza convenzionale di turno ci potrebbe
ammonire sostenendo che le società industriali o finanziarie sono diventate di tali dimensioni per cui sarebbe impossibile coinvolgere, nei processi decisionali, tutti gli
investitori-azionisti, che in un azionariato diffuso sono proprietari di micro particelle della società dove hanno investito. Tra l’altro il processo verso il gigantismo industriale e
societario sembra ineluttabile in questo sistema economico basato sul mercato e sulla concorrenza che impone costi sempre più ridotti e maggiori livelli produttivi. E’ inevitabile quindi
questa distanza fra chi prende le decisioni e chi fornisce di mezzi finanziari le aziende. Ecco allora tutto un fiorire di attività di intermedie fra l’investitore e le società, con
confini spesso labili e con pericolose sovrapposizioni; ecco gli analisti economici, gli intermediari, le SIM, le agenzie di rating, tutto un fiorire di figure che ce la stanno mettendo tutta per
trasformare la nostra economia in un casinò planetario. Siamo però convinti che il gigantismo non sia ineluttabile, anzi è una pericolosa direzione che la
società e l’economia ha intrapreso per favorire i soliti pochi noti, a scapito dei più. Le vere innovazioni, le iniziative più interessanti vengono alla luce grazie
all’iniziativa di poche persone, che lavorano in piccole società. E’ stato così per molte invenzioni che hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere: si pensi all’invenzione del
telefono da parte di Meucci, alla costruzione del primo aeroplano da parte dei fratelli Wright, due ciclisti, all’invenzione della trasmissione senza fili da parte di Tesla, all’invenzione
del PC da parte di Wozniak e Jobs.
Oggi una vera innovazione ha per nome KiteGen, un nome famoso in tutto il mondo, con cui viene indicato il progetto per lo sfruttamento dei venti di alta quota, e le sue potenzialità
sono ritenute superiori a qualsiasi sistema fin’ora proposto per lo sfruttamento dell’energia rinnovabile. Ciononostante i tradizionali canali di investimento, banche, venture capitalist,
società di settore, non hanno finanziato il progetto. E anche le istituzioni pubbliche si sono dimostrate latitanti, e hanno offerto al progetto fondi molto limitati, non certo
sufficienti per far decollare un progetto con queste ambizioni. Ecco che allora un gruppo di intraprendenti privati, che conoscono il progetto e l’ideatore, hanno deciso di creare una
finanziaria ad hoc, ed hanno così realizzato una forma di investimento a km zero, nel senso che essi hanno parlato direttamente col progettista, hanno visionato il progetto e sono giunti
alla conclusione che valeva la pena di rischiare e di investire.
Il futuro ci dirà se l’operazione avrà avuto successo, ci dirà se quest’iniziativa conserverà queste caratteristiche così originali o si farà irretire
nel gioco dell’alta e malata finanza.
Laura Genovese