Il cioccolato fantasma (Direttiva 2000/36/CE … Decreto L. 178/2013)

18 Dicembre 2008
Siamo un gruppo di fanatici consumatori di cioccolato e vorremmo sapere se, per il «puro cioccolato fondente extra» esiste un quantitativo minimo da rispettare per quanto
riguarda il contenuto di burro di cacao e se in questo tipo di prodotto è ammesso l’impiego di altri grassi vegetali.
Risponde Alfredo Clerici, Tecnologo Alimentare
La domanda è molto interessante, in quanto solleva diversi temi.
Innanzitutto occorre chiarire che i prodotti di cacao e cioccolato sono regolamentati a livello comunitario dalla direttiva 2000/36/CE, attuata in Italia (con qualche problematica aggiunta…) dal decreto legislativo 178 del 2003.
Tra le altre cose, la normativa elenca una serie di denominazioni di vendita riservate le quali, cioè, per poter essere impiegate, devono rispettare determinate caratteristiche di composizione. Tra queste denominazioni troviamo, ad esempio, il «cioccolato», il «cioccolato al latte», il «cioccolato bianco», … ma NON il «cioccolato fondente».
Ma andiamo per gradi.
La denominazione «puro cioccolato fondente extra» è costituita da quattro parti aventi ognuna un significato differente.
Cioccolato
E’ una denominazione prevista da disposizioni CE (D.to Leg.vo 109/92, art. 4, comma 1) e quindi basterebbe, da sola, ad indicare un prodotto ben preciso (limitandoci al burro di cacao segnalato
nella domanda, il «cioccolato» ne deve contenere almeno il 18 %).
Fondente
Come abbiamo visto, la normativa non attribuisce alcun significato a tale termine. Si tratta, in realtà, di un «nome consacrato da usi e consuetudini» che, per il consumatore italiano (all’estero si usano aggettivi diversi) vuol dire semplicemente non al latte.
Extra
La faccenda dell’extra è un pochino più complessa.
Sia la direttiva che il decreto italiano prevedono la possibilità che: «Le denominazioni di vendita «cioccolato», «cioccolato al latte»… possono essere completate da espressioni o aggettivi relativi a criteri di qualità [extra, finissimo, superiore… ma non puro, come vedremo tra poco] sempreché i prodotti in questione contengano… ». Ad esempio, quindi, il «cioccolato (fondente)», per essere extra, deve contenere, tra l’altro, almeno il 26% di burro di cacao.
Puro
Infine parliamo dei grassi vegetali, questione che anche recentemente è tornata d’attualità, almeno in Italia.
Le due norme (l’italiana e l’europea) ammettono la possibilità di impiegare un certo quantitativo di grassi vegetali diversi dal burro di cacao; in questo caso i prodotti (tra i quali anche il nostro cioccolato fondente, più o meno extra…) devono essere identificati con la menzione: ««contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao», non sostituibile da altre espressioni, anche se aventi lo stesso significato».
A questo punto, però, la corrispondenza tra i due testi normativi cessa.
Nel 178/03, infatti, troviamo un articolo assente nella direttiva: «Art. 6 Uso della dizione «cioccolato puro» – 1. I prodotti di cioccolato… che non contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao… possono riportare nell’etichettatura il termine «puro» abbinato al termine «cioccolato»…
Contro l’Italia è stata perciò avviata una procedura d’infrazione poiché la Commissione ha ritenuto che la dicitura cioccolato puro non possa garantire un’informazione corretta e imparziale del consumatore. Di fatto, questo regime di etichettatura crea una situazione in cui il cioccolato contenente grassi vegetali diversi dal burro di cacao può essere percepito dal consumatore come un prodotto di qualità inferiore rispetto al cioccolato puro, che conterrebbe come unico grasso il burro di cacao. Nella sentenza del 16 gennaio 2003, relativa alla causa Commissione contro Repubblica italiana C-14/00, la Corte di giustizia ha ritenuto che l’aggiunta di grassi vegetali diversi dal burro di cacao ai prodotti di cacao e di cioccolato non comporti una modifica sostanziale della loro composizione o natura.
Peraltro, la posizione italiana è stata recentemente confermata dal ministro Zaia (27.6.2008):
«La qualità delle produzioni di cioccolato puro italiano va difesa in tutte le sedi anche davanti alla Corte di giustizia europea. Si tratta di salvaguardare non solo una tradizione centenaria, ma anche un’economia consolidata nel tessuto sociale italiano. La produzione di cioccolato italiano è universalmente apprezzata e costituisce un altro elemento significativo del radicamento sul territorio di eccellenze qualitative di cui il nostro paese è primo nel mondo. A fronte della posizione incerta sostenuta dai servizi della Commissione europea, la menzione di cioccolato puro in etichetta rappresenta un elemento fortemente identitario che consente al consumatore di esercitare il diritto di scelta in maniera consapevole e responsabile».
Comunque la si pensi, non possiamo che dare ancora una volta ragione ad Orwell: c’è sempre qualcuno più uguale degli altri…
Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare
Newsfood.com