Fisco Immobili -Perdita di Ricchezza Nazionale – Quale politica per la casa ?

27 Novembre 2012
Milano, 27 novembre 2012
Sì, è vero, il Governo Monti sta cercando di barcamenarsi come può tra crisi economica globalizzata, prepotenza delle banche e degli imperi finanziari, necessità di
eliminare i costi inutili ma resistenza ad oltranza di chi non vuole rinunciare ai “Diritti acquisiti” (anche se ingiusti)…
Invece di mettere in pratica una politica di sviluppo economico delle imprese e dei consumi equilibrati, si continua a “spennare” il povero contribuente. Qualcuno dice che l’operazione di
salvataggio del paziente Italia sta andando bene, probabilmente le procedure sono anche corrette (ci permettiamo di dubitarne fortemente) ma di questo passo, non solo i poveri saranno
più poveri, ma anche i ricchi ed i benestanti avranno sempre maggiori difficoltà a gestire i loro patrimoni. Il risultato è che la stessa Italia varrà sempre meno e
sarà (lo è già) in balia di compratori stranieri che ovviamente sceglieranno le chicche e le potranno acquistare a prezzi da “incanto”.
Achille Colombo Clerici lancia sistematicamente i suoi allarmi, speriamo che qualcuno lo ascolti… in fretta però!
Giuseppe Danielli
Direttore Newsfood.com
Date: Tue, 27 Nov 2012 11:10:02
Subject: Fisco Immobili -Perdita di Ricchezza Nazionale – Quale politica per la casa ? – Assoedilizia, Confedilizia
Dichiarazioni del presidente di Assoedilizia e vice presidente di Confedilizia Achille Colombo Clerici
« Riconosciamo al Governo Monti il merito di tenere in equilibrio la precaria situazione contabile del nostro Paese, avendone rafforzata la credibilita’ ed il peso internazionale.
Ma non possiamo sottrarci al dovere di osservare che per il settore immobiliare, in particolare, questo ha comportato un costo sproporzionato.
La Repubblica del 19 novembre scorso a pag. 13 titolava: Monti:” E’ il momento di comprare in Italia”
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, incontrando l’emiro del Kuwait, “rassicura il governo locale sugli sforzi fatti dall’Italia per il risanamento ed invita a venire in Italia, a
investire.”
Conviene, conviene eccome : soprattutto da quando i prezzi dei beni italiani, a cominciare da quelli immobili, a seguito della politica fiscale praticata dal nostro Governo, da un anno a questa
parte son ribassati notevolmente.
E poi, non dimentichiamolo, dal Kuwait non vengono qui le famiglie a comprar casa: ma arriva un bel fondo immobiliare, che gode di agevolazioni fiscali finanziate con le tasse pagate dalle
famiglie italiane risparmiatrici.
Lo Stato italiano, dunque, non sa nemmeno a quanto ammonti la perdita di ricchezza conseguente al brusco ridimensionamento dei valori intervenuto a livello nazionale nel solo campo degli
immobili.
Non lo sa perche’ non esiste neanche una valutazione ufficiale del valore dello stock degli immobili ( terreni e fabbricati, residenziali ed usi diversi, pubblici e privati ) nel nostro
Paese.
Non dico, una valutazione analitico-deduttiva: ma nemmeno una valutazione sintetica che indichi un ordine di grandezza complessivo ( c ‘e’ soltanto una stima dell’Agenzia del Territorio –
rapporto 2011 – per il solo settore residenziale che parla di un totale di 6335 miliardi, di cui 5721 appartenente alle persone fisiche, e 614 alle persone non fisiche ).
E non esiste, perche’ non si e’ mai sentita la necessita’ di assumere questo dato tra gli indicatori dell’andamento economico.
Sicche’ vien spontaneo chiedersi come si possa in queste condizioni, fare ora una qualsivoglia politica economica, non dico generale, ma neppure settoriale.
In tanti anni di lavoro sui temi del territorio e della proprieta’ immobiliare mi son purtroppo reso conto che il difetto discende da una visione degli economisti che sembrano considerare il
settore immobiliare una variabile indipendente del sistema economico, che puo’ subire qualunque tassazione, senza tema che si producano conseguenze negative sulla economia nazionale.
Concetto questo che poteva reggere fin tanto che l’economia aveva rilevanza prevalentemente nazionale.
Ora che e’ globalizzata non regge piu’; e quanto e’ avvenuto in proposito in Italia ce lo sta dimostrando.
Non trascuriamo di dire che andrebbe affontata, parallelamente tutta la problematica nascente dalla finanziarizzazione della economia: ma aprire questo capitolo ci porterebbe lontani dal
ragionamento che stiamo seguendo.
A seguito dell’innalzamento del carico fiscale gli immobili, come beni da investimento, hanno perso attrattivita’; il calo della pressione della domanda sul flottante di mercato, che e’ assai
esiguo rappresentando attualmente solo l’1 % dell’intero stock delle abitazioni, ha prodotto una brusca discesa dei valori del restante 99 % degli immobili ( osserviamo per inciso che il
mercato immobiliare presenta un dinamismo di 250 volte inferiore rispetto a quello della Borsa Valori ).
Tale ridimensionamento porta come conseguenza una riduzione della capienza delle garanzie bancarie per la concessione dei mutui, il cui numero, anche per tale ragione si contrae ulteriormente;
mentre parallelamente si riduce l’attivita’ produttiva immobiliare, in una sorta di circolo vizioso.
Oggi a talune banche, per finanziare un investimento immobiliare, non basta piu’ “vedere” il patrimonio immobiliare posseduto dall’operatore.
Vogliono avere contezza del suo “respiro finanziario”; vogliono vedere insomma quanta disponibilita’ liquida possiede.
La perdita di valore degli immobili ad oggi, nel nostro Paese, si puo’ stimare, in termini di ordine di grandezza, attorno ai mille miliardi.
Tutto questo, si badi bene, in una situazione che vede una relativa tenuta dei valori immobiliari, perche’ i proprietari evitano ancora di svendere gli immobili: preferiscono pagare le tasse
sopravvenute con altri redditi diversi da quelli immobiliari che presentano una piu’ ridotta capienza, o con il risparmio disponibile, piuttosto che dismettere.
Ma fino a quando?
In caso contrario, immaginiamo le conseguenze.
Comunque sia, il fatto e’ che, come qualcuno mi ha osservato, gia’ da ora, senza aspettare il peggio, lo Stato ha un minor introito fiscale e per cio’ stesso minori disponibilita’
finanziarie per la politica del welfare che dovrebbe realizzare. »
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