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La ricca Ucraina e’ il granaio d’Europa -Dalle pallottole di Kiev alle bollette degli Italiani – Minaccia nucleare da non sottovalutare

La ricca Ucraina e’ il granaio d’Europa -Dalle pallottole di Kiev alle bollette degli Italiani – Minaccia nucleare da non sottovalutare

By Giuseppe

La ricca Ucraina e’ il granaio d’Europa – Dalle pallottole di Kiev alle bollette degli Italiani

 

Non solo motivazioni geopolitiche dietro l’attacco di Putin a Kiev – La ricca Ucraina e’ il granaio d’Europa –
I cittadini organizzano la resistenza contro l’invasore russo

NOTA del direttore
quello che sta succedendo in Ucraina è una mina vacante (nucleare) che non si sa dove andrà a colpire. Sicuramente ne subiamo e ne subiremo tutti, conseguenze disastrose. Putin ha minacciato di far partire le 1000 testate nucleari…  il futuro del mondo è nelle mani di un uomo e di un pulsante!!
Per ora gli Ucraini contano i morti… 

Giuseppe Danielli

Milano, 28 febbraio 2022

 

Di Giovanna Guzzetti
e
Franco Vergnano

Dalle pallottole di Kiev alle bollette degli Italiani. Questo è l’effetto certo dell’attacco russo nella nazione confinante, ed una volta sorella sovietica, dell’Ucraina. Nel senso che l’interesse degli italiani per il Donbass, conteso tra Russia ed Ucraina, e reso unilateralmente autonomo da Putin, è passato dallo scacchiere geopolitico internazionale ai bilanci familiari, inflazione compresa.

Ma la domanda chiave è se la prepotenza del “neo-zar Putin” renderà ancora più incerta la nostra sospirata ripresa (già in fase di rallentamento dopo il “rimbalzo” dello scorso anno), avrà un impatto negativo sull’occupazione, si tradurrà in maggiori disagi per il Governo Draghi la cui forte spinta propulsiva sembra in fase di affievolimento.

In un contesto in vorticosa evoluzione, testimoniata da continui tweet ma anche alimentata da valanghe di fake news e di controinformazione, cui si aggiungono gli attacchi hacker cui la Russia ci ha abituato nei momenti clou della politica mondiale, è impossibile azzardare previsioni. Solo qualche giorno fa Romano Prodi sembrava scommettere sulla pace, mentre Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali, è stato uno dei pochi ad averci preso sull’esito devastante delle minacce russe.

Un’analisi neanche troppo raffinata mostra come, nella maggior parte dei casi, alla base degli eventi bellici ci siano ragioni economiche pregnanti. Vale dalla guerra di Troia (altro che il tradimento della bella Elena…); avviene lo stesso anche ora per questo Paese, un tempo ai margini dell’Urss, il cui nome, Ucraina, non a caso significa terra di confine, la cui città principale Kiev con i tratti della grande capitale, esisteva molto prima che Mosca vedesse la luce. Una realtà inoppugnabile, questa, anche se Putin – travisando clamorosamente la storia – ha affermato, nel suo discorso a reti unificate, che la moderna Ucraina è stata fondata da Lenin. 

La ricca Ucraina e’ il granaio d’Europa –

Partiamo dalla bandiera dell’Ucraina, un’abbinata di azzurro e di giallo. I colori del cielo e del grano. Quel grano che fa dell’Ucraina un grande Paese agricolo che occupa l’ottavo posto mondiale nelle esportazioni di frumento (venduto anche all’Italia attraverso le navi “in bulk” che sono partite fino a pochi giorni fa dal porto di Odessa).

È prima in Europa per terreni seminativi nelle sue grandi pianure e terza al mondo per superficie di suolo nero (25% del volume mondiale), cioè particolarmente ricco di carbonio organico e, quindi, molto fertile. E non si tratta dell’unica cifra da primato. L’Ucraina si colloca al primo  posto al mondo nelle esportazioni di girasole e olio di girasole; medaglia d’argento nella produzione di orzo, con il quarto posto nell’export di questo cereale. E non basta.

Per il mais, Kiev è il terzo produttore al mondo e il quarto esportatore, oltre a essere il quarto produttore mondiale di patate e il quinto di segale.

 

Due curiosità: con 75 mila tonnellate, l’Ucraina è anche il quinto produttore mondiale nella produzione di api ed occupa la nona posizione mondiale in quella di uova di gallina. Un quadro agroalimentare composito che si può riassumere in una cifra: sono 600 milioni le persone il cui fabbisogno alimentare può essere soddisfatto dall’Ucraina!

Anche il sottosuolo del Paese non è da poco… L’Ucraina è prima in Europa per le riserve di uranio, seconda per mercurio e titanio, dove è decima a livello mondiale.

E’ seconda nel vecchio continente per il manganese dove possiede il 12% delle riserve internazionali, con 2,3 miliardi di tonnellate ed ha la più grande riserva di minerale di ferro al mondo (30 miliardi di tonnellate), oltre ad essere il decimo produttore mondiale di acciaio. Non a caso è un bacino di rifornimento anche per molte acciaierie italiane, alcune delle quali – tra cui la friulana Pittini – si sono viste costrette a cessare momentaneamente l’attività.

Se sul piano industriale il Paese non esprime produzioni di particolare rilievo, a parte un primato europeo per l’ammoniaca, è rilevante il contributo ucraino sul piano energetico (aspetto clou e di ricatto/scambio in questa fase belligerante e di minaccia di sanzioni). Kiev vanta il secondo e il quarto sistema di gasdotti naturali più grande d’Europa (142,5 miliardi di metri cubi di capacità di flusso di gas nella Ue), mentre è terza in Europa e ottava al mondo per capacità installata di centrali nucleari (Chernobyl è in territorio ucraino). Senza dimenticare che Kiev possiede riserve di shale gas per 22 trilioni di metri cubi che la collocano al 3° posto in Europa ed al 13° posto nel mondo.

Issare la bandiera russa sui palazzi del potere di Kiev o nei porti di Mariupol e Odessa vuol dire mettere le mani su tutto questo. I temi etnici, linguistici, autonomistici che vengono agitati dalla retorica e dalla propaganda di Putin sono poca cosa rispetto alla ricchezza del paese, definito non a caso il granaio d’Europa, che aiuterebbe non poco l’economia russa, costretta a fare i conti con un Pil pari a quello Italiano per una popolazione di 145 milioni di abitanti.

Il popolo ucraino si sente più russo o più occidentale?

A noi che omologhiamo tutto ciò che è al di là dei Balcani sorge legittima una domanda: il popolo ucraino si sente più russo o più occidentale? Sulla carta guarda all’Europa e Kiev, in primis il suo presidente Zelensky, è disposta a vendere cara la pelle; i cittadini si stanno organizzando per una diffusa resistenza armata alle truppe russe, con il rischio che l’Ucraina si trasformi per Mosca in un nuovo Afghanistan.

Del resto solo il 22% degli abitanti dell’ex repubblica sovietica è di etnia russa, concentrata soprattutto nelle due repubbliche del Donbass. Volendo fare un paragone, mutatis mutandis, quest’ultima regione sarebbe una sorta di Alto Adige nei confronti dei tedescofoni.

L’Ucraina (circa 600mila km quadrati di superficie, più della vicina Francia) non fa parte della Nato alla quale vorrebbe aderire ora, anche se il progetto viene giudicato irrealizzabile già solo per le procedure di ingresso.  Nel 2008 George Bush propose l’entrata nel Patto Atlantico di Ucraina e Georgia ma furono i tre principali paesi Europei (Italia, Francia, Germania) ad opporvisi. Si tratta di equilibri diplomatico-militari molto delicati dal momento che la Russia, e oggi l’autocrate Putin, non vogliono la Nato ai confini, mentre non opporrebbero resistenza ad un ingresso di Kiev nella Unione Europea (almeno fino al 24 febbraio 2022).

La recente mossa di Putin si inserisce in un modello di operazioni militari studiate da lustri per sottomettere i vicini e contrastare le loro aspirazioni verso l’Occidente democratico. L’emulo, anacronistico, degli zar ha un innegabile bisogno di mantenere all’interno la presa sul potere mentre verso l’esterno è fermo nella sua intenzione di arrestare qualsiasi ulteriore espansione verso est della Nato, per poter ricostruire la sfera di influenza lungo i confini russi.

Putin negli ultimi tre decenni non si è fatto mancare niente, complice anche l’acquiescenza dell’Occidente. Ha cominciato sostenendo un regime filorusso nella regione separatista moldava della Transnistria. Nel 2008, ha lanciato un’invasione convenzionale della Georgia a sostegno dei governi separatisti in Ossezia del Sud e Abkhazia, due province con popolazioni russofone. Sei anni dopo, agitando le solite, ed abusate, ragioni etniche, la Russia ha sottratto la strategica penisola di Crimea all’Ucraina, avviando il sostegno ad un’insurrezione di separatisti russi nel Donbas, nelle repubbliche di Donetsk e Luhansk. Per non parlare di quello che è successo in Libia e Siria con il “consorzio temporaneo bellico” con la Turchia di Erdogan, la stessa Turchia che oggi condanna l’attacco a Kiev.

Una cosa è chiara. Bisogna fermare Putin che ogni giorno inanella dichiarazioni minacciose nei confronti di altri paesi, compresi la Finlandia e la Svezia. Per non parlare delle Repubbliche Baltiche.  La risposta a Putin deve essere ferma ed unitaria. La Nato, vista l’emergenza, sembra essersi scrollata di dosso la polvere di anni, si è rinvigorita e ricompattata. Ma la posta in gioco è la credibilità di un asse più ampio, Stati  Uniti, Europa e Nato nel loro insieme.

Quello cui Putin aspira non è solo conquistare l’Ucraina ma, novello Alessandro Magno o Carlo V, “riscrivere le regole e la struttura dell’ordine  europeo  e  mondiale”. Fin qui le dichiarazioni di intenti, per spaventare i possibili avversari. Ma Putin, a pochissimi giorni dall’invasione in Ucraina, deve (anche) fare i conti con una Borsa, quella di Mosca, dove colossi come Gazprom o Sberbank hanno perso in una seduta, rispettivamente, fino al 40 ed al 51 per cento del valore. E dove, accanto agli anonimi che scendono in strada contro questa guerra imperialistica, finendo subito in carcere, importanti oligarchi stanno prendendo le distanze dal loro numero uno, postando i loro no alla campagna di Ucraina sui social, compresa la figlia del portavoce del Cremlino.

E la dice lunga l’uscita del capo dei servizi segreti russi, Sergei Naryshkin, che il giorno stesso dell’invasione, ha provato a chiedere a Putin di rivalutare la posizione e dare altro tempo ai negoziati… Virale lo sguardo glaciale del presidente russo all’alto funzionario ma che ha dato la misura, al mondo intero, di una non raggiunta unanimità ai massimi livelli. Il che potrebbe lasciare spazio a soluzioni, radicali, che la storia ci ha già propinato. 

 

 

Articolo di Giovanna Guzzetti
Franco Vergnano

Riproduzione Riservata

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