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Cenone e pranzo di Natale, le stime di Confesercenti-Publica RES

By Redazione

Anche quest’anno il 95% degli italiani trascorrerà la vigilia ed il pranzo di Natale a casa propria o ospite di parenti ed amici, il “Natale con i tuoi” è una consuetudine
presente ormai in tutte le rilevazioni degli ultimi sette anni del sondaggio sulle festività natalizie di Confesercenti Publica ReS. Solo il 2% andrà in vacanza mentre un 1%
lavorerà.

Cala invece la spesa complessiva delle famiglie per la cena della vigilia ed il pranzo di Natale. Si attesterà attorno ai 2,7 miliardi di euro con una riduzione del 10% rispetto al 2006.

Anche sulle tavole delle feste quindi gli italiani tenderanno al “buon senso”: il previsto calo di consumi, già evidenziato con riferimento ai regali natalizi, toccherà anche le
spese enologiche e alimentari per la cena della vigilia e per il pranzo di Natale.

La maggioranza degli intervistati – il 79% – ha deciso di non superare la soglia dei 125 euro. Sei punti percentuali in più dello scorso anno. Solo il 21 % delle famiglie, quest’anno, ha
intenzione di spendere oltre 125 euro, percentuale in netto calo rispetto al 27% dell’anno scorso.

In media, una famiglia spenderà per la cena del 24 dicembre e/o per il pranzo del giorno successivo 112 Euro, 10 in meno rispetto allo scorso, con un calo dell’8%.

Secondo la Confesercenti “a questa flessione non è estraneo quel clima di polemiche forzate sui prezzi che ha segnato le scorse settimane e che non produce chiarezza sulle vere cause
delle tensioni, spesso internazionali, che riguardano le dinamiche dei prezzi, generando invece nelle famiglie solo incertezze e timori. E’ invece fondamentale recuperare serenità e toni
più realistici e meditati, lasciando da parte un sensazionalismo sterile e negativo”.

Dove passerà la vigilia e il pranzo di Natale?

confronto temporale – dati riportati a 100 senza le non risposte

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

in casa, presso parenti e/o amici

93

95

94

96

93

95

95

95

in vacanza in Italia

1

2

2

1

1

1

1

2

al ristorante

2

1

1

1

2

1

2

1

al lavoro

1

1

2

1

3

2

1

1

in vacanza all’estero

1

1

1

1

1

1

1

1

in un’altra casa

2

/

0

/

/

/

/

/

non sa/non risponde

4

5

4

1

3

2

1

2


Quanto pensa che spenderà la sua famiglia per la cena della vigilia e per il pranzo di Natale?

confronto temporale – dati riportati a 100 senza le non risposte

2003

2004

2005

2006

2007

fino a 75 euro

39

46

43

40

42

da 76 a 125 euro

34

33

36

33

37

da euro 126 a 250

22

16

15

20

16

oltre 250 euro

5

5

6

7

5

non rispondenti

15

14

20

11

14

stima della spesa media euro

118,00

109,00

113,00

122,00

112,00


Le tradizioni regionali del cenone e del pranzo di Natale

E’ a tavola ed in famiglia che le tradizioni natalizie resistono meglio. Lo documenta una pubblicazione curata dalla Fiesa-Confesercenti in un “Viaggio nel Natale” che ricorda piatti e gusti
che si tramandano da generazioni, talvolta per riproporli, altre volte solo per conservarne la memoria. Ecco dal libro alcune estrapolazioni, regione per regione, che intendono rammentare
consuetudini senza tempo. Ne indichiamo “qualche assaggio”:

Abruzzo: cena di magro come in molte altre regioni. Si comincia di solito con le linguine alle vongole in bianco, poi parmigiana di cardi e fritto. Ed ancora l’immancabile capitone allo
spiedo o in umido e legumi.

A pranzo trionfa il cardone in brodo (chiamato non a caso zuppa imperiale) cardi tagliati a pezzettini, polpettine di carne , quadratini di frittata al prezzemolo.

Chi se la?sente continua con agnello o tacchino, mentre si finisce con i dolci fra i quali spiccano le mandorle caramellate ed i fichi secchi ripieni di noci.

Basilicata: notte di Natale “impegnativa” con almeno 13 pietanze. Un numero che si trova anche in altre tradizioni. E non si fa a meno della pasta rappresentata dai rascatielli, fatti di
semola di grano duro senza uova.

Tra i piatti natalizi si segnalano la minestra di cicoria lessata con aglio ed olio oppure i maccheroni. A ruota agnello arrosto o baccalà in umido.

Poi le fritture fra le quali campeggiano le “zeppole”.

Calabria: alla vigilia non possono mancare le fritture a cominciare dal cavolfiore e dalle zeppole, segue lo stoccafisso in umido oppure le salsicce con contorno di cime di rape ed il
“lampasciuni”. Il pranzo di Natale prevede secondo tradizione 13 pietanze basate su alimenti poveri ed essenziali. Si comincia con la pasta al forno, polpettine di carne, salamino calabrese al
peperoncino.

Seguono poi fritture di pesce, crostacei e gli avanzi del cenone perché, come si dice in queste zone, sono “benvenuti in casa”.

Campania: cenone sontuoso per la vigilia, anche quando i bilanci familiari non sono proprio floridi. In tavola arrivano gli spaghetti con le vongole, baccalà e capitone, i fritti,
le torte salate. Ed alla fine ci si sbizzarrisce con i dolci a cominciare dagli “struffoli”.

A pranzo ancora un menu ricco di sapori: le tagliatelle e la tacchina al forno precedono una parata di fritture regale dai fegatini alle mozzarelle, dalle pizzelle all’uovo ai carciofi. E per
rifiatare prima dei dolci ravanelli e finocchi conditi con olio, sale e pepe.

Emilia Romagna: anche in questa regione l’osservanza del magro non impedisce la sera di Natale cenoni gustosi a base di tortelli con ripieno di erbette, anguilla marinata e pesce fritto.
A pranzo gli insostituibili cappelletti e tortellini rigorosamente in brodo, preceduti da un antipasto di culatello e fiocchetto. Dopo dei sontuosi “lessi” con l’aggiunta del cotechino e, per
chi non si nega nulla, la mostarda.

E il dolce preferito per concludere è il torrone insieme alla “spongata” di Parma, pasta frolla farcita di frutta secca, miele ed altri aromi.

Friuli Venezia Giulia: tradizioni semplici per la notte di Natale con minestre, magari d’orzo e pesce. Poi a pranzo cotechino con crauti e conclusione a Trieste con la “putizza” dolce a
base di frutta secca.

Lazio: la sera di natale spazio innanzitutto ai fritti seguiti da una minestra di arzelle o di ceci o, ancora, una pasta al tonno. Poi il capitone e per cambiare gusto un dolce tipico:
la nociata o il pangiallo.

A pranzo, cappelletti in brodo di cappone e per secondo assieme al cappone anche la gallina ripiena.

Liguria: cena “frugale” per una tradizione che prevedeva un rigoroso digiuno e che oggi si ispira ai piatti della corrente gastronomia italiana. La tradizione riemerge con forza nel
pranzo di Natale con il piatto principale costituito dai maccheroni ripieni di salciccia, i “natalin”, in brodo di cappone. Poi i lessi, il tacchino arrosto “rinforzato” magari da un ripieno di
salciccia, i sanguinacci con contorno di radici. Altra specialità della tradizione le lattughe ripiene con tritati di cervello ed animelle e con l’aggiunta di funghi, mollica, uova e
parmigiano.

Lombardia: è la regione dove sono più marcate le diversità territoriali nelle usanze gastronomiche. Nel Mantovano si prediligono i tortelli alla zucca, simbolo di
“benessere familiare”, ma non si disdegna la polenta con sughi ricchi di salsiccia e carne di maiale. A Milano sulle tavole del pranzo di Natale sono di casa i ravioli in brodo, i lessi, il
tacchino arrosto. E, come è ovvio, si conclude con una fetta di panettone. Nel Comasco si fanno apprezzare gnocchetti di fegato e tortelli in brodo.

Nel Pavese agnolotti in brodo, risotto, gallina ripiena e mostarda. Mentre nella zona di Varese il pranzo tipico di natale comincia con agnolotti in brodo di cappone e tacchino ripieno con le
castagne.

Marche: cenone ricco per tradizione in questa regione con un inizio a base di maccheroni con lo stoccafisso, spesso seguiti dal capitone arrosto. In alternativa una gustosa pasta al
tonno.

Paste ripiene a pranzo che variano da zona a zona: possono essere i cappelletti al sugo come i cannelloni. Poi tacchino arrosto ma non mancano famiglie pronta a gustare anche la galantina di
gallina o di tacchino. E un dolce a base di mascarpone o per chi si rifà alle più antiche tradizioni il “festingo” a base di fichi secchi, mandorle, noci e uva passa.

Molise: la vigilia è “sostanziosa” con calzoni ripieni di uova e scamorze, maccheroni in salsa di acciughe, capitone arrosto, cavolfiori fritti e fichi secchi.

Il pranzo non è da meno: nella zona di Campobasso il piatto forte sono i vermicelli alla mollica seguiti dalla scarola ripiena. In altri centri si gustano tagliolini in brodo di
tacchino, lessi con salsa piccante e, per finire, i caragnoli e le ceppelliate rispettivamente a base di miele e marmellata di amarene. Il ricordo dell’epoca romana e sannita si perpetua con i
mostaccioli immersi in cioccolato fondente sciolto a bagnomaria.

Piemonte: fra le tradizioni della vigilia, non molto sontuose, c’è quella del cuneese dove si usa mangiare un gallo appositamente allevato proprio per il Natale.

Altro piatto da segnalare le cipolle ripiene di magro che si gustano nelle zone vicine al Po e che fanno parte di un cenone di almeno sette portate.

A pranzo non manca mai un primo di agnolotti ripieni di carne e verdure, poi il cappone lessato con salse. Un cappone che veniva cotto un tempo assieme ad un pugno beneaugurante di fieno
raccolto a maggio.

Puglia: cena di vigilia ricca con fritti e con portate che rievocano ancora una volta la “magia” del numero 13. D’obbligo gli spaghettini preparati in casa, “vermicidde”, conditi con
sugo di pesce, poi il capitone in umido e arrosto.

A pranzo i più tradizionalisti non rinunciano alle immancabili orecchiette o allo “sciuscello” una crema di ricotta e brodo di verdure. Il secondo spazia dall’agnello al tacchino, dal
capretto allo spiedo al cappone al forno. E di contorno sono sempre presenti le rape lesse. Fra i dolci spiccano le cartellate, pasta fritta tuffata nel miele e condita con zucchero, cannella,
cioccolata tritata grossa, pinoli.

Sardegna: cenone sicuramente abbondante e a base di pesce. Si comincia di solito con la burrida (palombo bollito e marinato) si continua con i “chjusoni” (gnocchi), si tocca il culmine
con l’anguilla ed altre specialità di pesce alla brace.

A pranzo l’atmosfera si “scalda” con gli assaggi (frattaglie di agnello arrosto o in agrodolce, funghi sott’olio) poi un fumante brodo di carne vaccina con pecorino fresco acido. Grande
varietà dei primi dagli gnocchi ai “malloreddus” (ravioli), ai “fiuritti” (le tagliatelle). Fra i secondi campeggia il tipico “purceddu” con il vino nuovo. E tanti dolci fatti in casa.

Sicilia: la sera di Natale sulle tavole siciliane compare spesso la pasta con le acciughe accompagnata poi da anguille e baccalà. A pranzo non è raro che faccia la sua
comparsa anche un sontuoso timballo di riso che richiama antiche reminiscenze arabe. Durante le feste c’è l’usanza di tenere in casa un cesto di vimini con i dolci da offrire: “pasta
reale”, cannoli, ciambelle di sesamo, pignolata messinese, torrone.

Toscana: una volta la cena di Natale prevedeva il rigore del magro testimoniato da una minestra di ceci e baccalà accompagnata talvolta da castagne secche cotte in acqua
leggermente salata.

Il pranzo si arricchiva di piatti gustosi come i cappelletti in brodo o altra pasta ripiena, cappone e tacchino arrosto

Trentino Alto Adige: anche in questa regione la notte di Natale vede primeggiare le minestre tipiche di queste zone (orzo, fagioli, patate, pasta e riso) seguite dal formaggio fritto.

Per il pranzo di Natale vengono preparati i canederli, la polenta con la cacciagione e i funghi, gli arrosti, i crauti e per chi ha la costanza di arrivare fino in fondo il premio è
costituito dallo strudel di mele.

Umbria: vigilia con minestre a base di legumi o spaghetti con le alici, aglio, prezzemolo e pepe. O, ancora, tagliatelle senza uovo condite con baccalà cotto alla brace. Poi
ancora pesce come l’anguilla o il baccalà in umido.

A pranzo cappelletti di carne in brodo, cappone lesso e gobbi. Nello Spoletino non mancano gli strangozzi al tartufo, le costolette e i fegatelli di maiale. Sempre a Spoleto la memoria del
periodo longobardo è affidata ad un dolce: l’attorta, i cui ingredienti sono comuni allo strudel.

Valle d’Aosta: cenone con brodo caldo, la “motzetta” che è carne tenuta sotto sale con aromi, e “carbonade” un ragù preparato con carne bovina salata, addolcita durante al
cottura da cipolla e vino rosso.

A pranzo sempre brodo cui fa seguito il “porchon” (grosse patate ripiene di cavoli, carote, pere bagnate con del Martini secco e cucinate nel lardo). E come dessert il pandolce.

Veneto: attorno al caminetto la notte di Natale si gustano i bigoli in salsa che aprono un cenone ricco di pietanze e che si conclude con la tipica “sbrisolona” (una crostata di
mandorle) oppure la pinza, dolce con frutta secca, grappa e mele fresche.

Oltre ai bigoli si possono trovare anche gli “stropei” che sono gnocchi di patate fritti.

Ed in Cadore si ricorda una antica tradizione, quella del “Pan de la Makaneta”. Ad ogni capofamiglia veniva consegnata una forma di pane di circa un chilo. Accompagnata da una fetta di ricotta.
L’usanza risaliva al 1488 quando una certa “domina Maria Machagneti” di Calalo redasse un testamento nel quale si raccomandava di celebrare ogni anno quattro messe a suo suffragio, offrendo poi
un pasto a tutti i concittadini.

Tradizione che durò fino al 1907.

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