Asiago DOP in Cina: Intervista a Flavio Innocenzi, Direttore Consorzio di Tutela

14 Luglio 2014
Perché il mercato cinese è di vostro interesse?
Al mio posto parlano i numeri. Nel 2013, l’export in Cina di formaggi italiani è aumentato dal 60% rispetto al 2012, mentre l’export di latte italiano, per lo stesso anno, ha toccato un +277% rispetto al 2012. Una percentuale che presenta un potenziale importante e ancora inespresso, visto che il valore dell’export lattiero caseario italiano in Cina ha superato di poco, nel 2013, i 6 milioni di euro e con oltre 1199 tonnellate di prodotti lattiero-caseari esportati nel 2013, l’Italia si pone al quinto posto dopo la Francia.
La Cina è un grande mercato, ma è anche un produttore dalle grandi capacità?
Certamente, basti pensare che la produzione lattiero casearia cinese, nel 2013, è stata di 30 milioni di tonnellate, con un aumento del 15% sul 2012. Questo ci indica due cose fondamentali: la prima che stanno aumentando di mese in mese il numero di consumatori che si avvicinano a questi prodotti, fino a qualche anno fa, decisamente poco conosciuti. La seconda che molte aziende cinesi stanno investendo nel settore per dotarsi di tecnologie produttive e distributive adatte ad un prodotto che va consumato fresco e che deve sottostare a precise e stringenti norme igieniche.
A proposito di sicurezza alimentare, in Cina, il Consorzio è stato invitato a partecipare al secondo Forum di cooperazione sino-italiana sulla sicurezza alimentare
Sì. Il Forum è stato un evento di altissimo livello, organizzato dall’Ambasciata d’Italia in collaborazione con la CFDA, China Food and Drug Administration, il cui presidente, tanto per comprenderne la rilevanza, ha il rango di ministro.
Al Forum il Consorzio Tutela Formaggio Asiago ha portato la propria testimonianza, presentando le caratteristiche delle produzioni a denominazione di origine protetta. E’ stata un’interessante occasione per confrontarsi con autorità come l’Amministrazione Generale della Supervisione della Qualità, Ispezione e Quarantena della Repubblica Popolare Cinese e con la stampa nazionale; nonché per incontrare importatori e distributori locali, che hanno potuto conoscerci e degustare il nostro prodotto nelle sue diverse tipologie e stagionature.
Sul fronte italiano, l’importanza dell’appuntamento è stata sancita dalla presenza dell’Ambasciatore d’Italia in Cina, del Ministero della Salute, dell’ICE di Pechino, di primari gruppi industriali, dell’associazione Assolatte, oltre al Consorzio Tutela Formaggio Asiago.
Quali sono i temi più importanti che avete affrontato?
La giornata ha rappresentato un momento di grande importanza per il dialogo tra i due paesi. L’approccio delle imprese italiane che affrontano il mercato cinese deve essere necessariamente strutturato e di lungo periodo, perché la Cina è un paese complesso, ma anche pieno di opportunità. Venire qui in ordine sparso non produce risultati, neanche per le aziende più strutturate del lattiero-caseario. In prima battuta serve un approccio integrato, come “sistema Paese”, perché prima di poter vendere ai cinesi è necessario essere in grado di farlo e sensibilizzarli rispetto ad alcune tematiche fondamentali, in particolare quella della sicurezza alimentare, che per loro è cruciale. Altrimenti la diffidenza genera richieste di certificazioni sanitarie inverosimili. Da questo punto di vista abbiamo cercato di spiegare che i prodotti a denominazione di origine protetta rappresentano il più elevato riconoscimento comunitario proprio in termini di sicurezza e tracciabilità, in virtù anche dei rigorosi disciplinari e dei controlli effettuati sulla produzione. I cinesi hanno compreso che tali controlli rappresentano un valore aggiunto, ed hanno inoltre dimostrato grande interesse verso la forma di organizzazione consortile. In questa fase, quindi (anche se in Cina già vendiamo), era necessario sensibilizzare operatori e istituzioni rispetto al fenomeno delle indicazioni geografiche, che può rappresentare un modello anche per valorizzare le numerose produzioni agricole cinesi. Non è un caso se, contestualmente all’evento, 88 aziende italiane del lattiero-caseario sono state autorizzate ad esportare in Cina.
Infine, anche per gli operatori italiani presenti è stato utile conoscere più da vicino gli standard adottati dal mercato locale e quelli richiesti per l’importazione. L’industria lattiero-casearia cinese si sta sviluppando ora. E’ questo il momento di trasmettere le nostre esigenze alle autorità nazionali.
Quali potenzialità intravvede per il Made in Italy lattiero caseario?
L’export lattiero-caseario italiano in Cina, nel primo trimestre di quest’anno, ha visto un aumento del +59%, ma parliamo di quantità ancora poco significative. Qualche giorno fa il buyer di un’importante catena di supermercati cinesi mi ha detto, testualmente: “non è vero che ai cinesi il formaggio non piace, è che nessuno gli ha ancora dato la reale possibilità di conoscerlo e di apprezzarlo”. Questa frase, a mio avviso, riassume da sola le potenzialità per il futuro. Il lavoro di costruzione è lungo e complesso: occorre ancora lavorare sulla compliance agli standard di sicurezza alimentare richiesti e far sì che non siano troppo difformi dai nostri; occorre creare una cultura del prodotto e, gradualmente, sarà possibile incrementare i volumi. Le aziende che vengono qui con i loro export manager e immaginano di tornare a casa subito con gli ordini in tasca sono destinate a raccogliere frustrazioni. In certi mercati va fatto tutto un lavoro preliminare di analisi e messa a punto. Inoltre è necessario comprendere i driver della domanda, che possono essere profondamente diversi dai nostri. Come fai a vendere il formaggio ai cinesi se non lo mangiano e, soprattutto, non sanno come utilizzarlo? Ricordo, ad esempio, che in Cina non è diffuso l’utilizzo del pane.
La Cina, però, continua ad essere un mercato complesso. Solo da qualche giorno si è sbloccato, ancora in maniera parziale, l’iter per le autorizzazioni all’esportazione dei prodotti lattiero caseari?
E’ vero. Le complessità non mancano e sono oggi rappresentate da vincoli sanitari stringenti, da regole doganali severe e dall’assenza di prodotti lattiero-caseari nella dieta tradizionale del consumatore cinese. La tendenza, per i prossimi anni, è però chiara: le giovani generazioni dei grandi agglomerati urbani sono aperte a nuovi stili di consumo e quindi propense ad introdurre il formaggio nella propria dieta. Teniamo anche conto che, in Cina, il tema dell’apporto nutrizionale del cibo è di fondamentale importanza. A differenza nostra, i cinesi vedono nel cibo un elemento curativo. Un alimento è buono e viene acquistato se fa bene. E per il formaggio le prospettive sono interessanti, visto che la carenza di calcio e le conseguenti malattie degenerative in età avanzata rappresentano per i cinesi un grosso problema. Il formaggio può rappresentare la soluzione; per questo abbiamo qui illustrato tutti i possibili vantaggi sul fronte nutrizionale ed i risultati delle ricerche universitarie condotte sull’Asiago DOP da cui emergono alti livelli di apporto di nutrienti fondamentali e benefici, legati proprio al territorio di origine e alle modalità produttive previste dal nostro disciplinare, pertanto riscontrabili solo nell’Asiago DOP e non in formaggi similari.
Un’ultima considerazione.. sul futuro
In Cina il futuro è già iniziato e tutto si muove molto velocemente. L’unico modo per capirlo e superare i pregiudizi è quello di venirci.
Qualche giorno fa, il tradizionale report della Rabobank evidenziava il fatto che il gruppo cinese Yili ha raggiunto il ranking di decimo gruppo al mondo nel settore lattiero-caseario; oltre ad essere già il primo gruppo per dimensioni in Asia. Proviamo a pensare a ciò che questo rappresenta: prima ancora che il settore lattiero-caseario in Cina inizi a svilupparsi, le aziende hanno già una dimensione e volumi colossali. Pertanto è necessario e doveroso cercare di capire che la ricchezza del mondo si sta spostando ad oriente. Altrimenti finiremo per essere mangiati senza neanche accorgercene.
Una cosa però è certa: il Consorzio Tutela Formaggio Asiago, con questa missione e con altre azioni in programma in altre parti della Cina, intende giocare un ruolo attivo e propositivo nei prossimi anni. Quando il consumo di formaggi partirà veramente, noi vogliamo esserci. Ricordo che vent’anni fa i giapponesi non erano certo consumatori di formaggio: oggi, nel Sol Levante, i formaggi Made in Italy godono non solo di apprezzamento crescente, ma sono sinonimo di qualità e stile.
Un’ultima personalissima considerazione: per esportare in oriente dovremmo diventare un po’ più orientali. La Cina è una società estremamente meritocratica, in cui le strategie vengono pianificate con un orizzonte temporale molto lungo e in cui si ragiona in grande; per una volta, i cinesi, dovremmo copiarli noi.
Redazione Newsfood.com