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Prosecco batte Sekt tedesco… nonostante le difficoltà di fare impresa in Patria

Prosecco batte  Sekt tedesco… nonostante le difficoltà di fare impresa in Patria

By Giuseppe

E’ importante parlare di vino e dei successi delle nostre produzioni perchè ci danno la spinta per continuare a sperare in un mondo migliore, un mondo nel quale i nostri figli possano vivere e costruire il loro futuro, qui nel Paese dove sono nati.
L’Italia e l’Italianità sono dei miti unici, non replicabili, perchè eterogenei ed espressione di una Cultura multimillenaria che si sono rafforzate nonostante (o grazie ) invasioni, pirati, guerre, crociate, inquisizioni e streghe messe al rogo… ma proprio questa nostra invidiabile posizione ci ha fatto diventare un bersaglio primario da colpire, da rapinare. Siamo nel mirino dei pirati… da qualche decennio siamo sotto assedio e quotidianamente ci scippano imprese, mastrie, cervelli, cultura…
La guerra che si combatte oggi è senza regole, senza eserciti schierati, senza armi belliche convenzionali ma spietata come non lo è stata mai. Il Nostro Paese avrà un futuro se gli Italiani riusciranno ancora a mantenere viva la Italianità mantenedo vive le tradizioni e le peculiarità di ogni territorio.
Giuseppe Danielli
Direttore e Fondatore
Newsfood.com/nutrimento&nutriMENTE

Dopo il record di produzione-consumi degli anni 2010-2011, e il successivo calo di consumi in Italia e la forte crescita all’estero a un ritmo medio dell’8-10% annuo continuo, anche i consumi italiani dal 2017 stanno riprendendo.

All’estero il ritmo di crescita si è affievolito ma in modo disordinato, spesso determinato più da questioni sociali, politiche ed economiche rispetto a qualità, valore. Sbalzi monetari dettati da incertezza delle tasse, dazi, imbarchi e quant’altro. Il sistema-Prosecco continua a crescere, non più a due cifre, ma resta leader assoluto nazionale e anche leader mondiale di una sola etichetta, superando, di poco, ma superando l’industriale Sekt tedesco che per la Germania rappresenta il vino più consumato.

La questione prezzi-valore è estremamente di attualità: il rapporto valore all’origine ( in cantina) e il valore al mercato (al consumo) è molto alto: se al consumo raggiunge prezzi decisamente validi, buoni, molto alti… così non è la remunerazione dei viticoltori, delle uve e del vino base. Tiene bene anche il prezzo al consumo in Italia, soprattutto nella Gdo e nella ristorazione, mentre in enoteca i prezzi dei vini sono bloccati soprattutto al di sopra di un certo importo.

Un orizzonte-prospettiva per tutte le bollicine enoiche italiane con alti e bassi e anche forti cambiamenti. Stabili i prezzi allo scaffale per quasi tutti i Franciacorta. In rialzo per Alta Langa e Trento doc, qualche etichetta di Franciacorta fra le meno note. Buone le quotazioni in salita per alcune etichette “non notissime” di metodo tradizionale prodotte nell’area di operatività delle diverse insegne della distribuzione e soprattutto in alcuni centri commerciali “ di zona”.

Il  boom delle bollicine è scoppiato dal 2005, almeno un tipo di approccio e consumo, di conoscenza e notorietà diffusa più moderno, più legato a territori e tipologie, più vicino alla diversità dei gusti e consumi di italiani e non. Era ancora il tempo di qualche milione di bollicine in Franciacorta, in Trento… poco in Oltrepò con i primi vagiti di Alta Langa per il metodo tradizionale classico. Per il metodo italiano, come chiede continuamente Ceves (e Comolli) di denominarlo ufficialmente, il Prosecco era ancora senza una patria definita, non aveva una piramide di qualità, c’erano molti vini spumantizzati con nomi di marchi, aziende… e i numeri erano ancora molto nazionali, sia per le bottiglie delle colline trevigiane che per il resto del Veneto. Friuli non era ancora pervenuto.

Fu la prima edizione del Forum Spumanti di Valdobbiadene, settembre del 2005, una settimana intera di incontri e convegni, con la presenza di 3 ministri della Repubblica di allora, 5 alti dirigenti dei ministeri agricoltura, economia, istruzione e commercio estero, presidente di Ismea, Istat, Consiglio Agricoltura, Comitato Vini e rappresentati di consorzi di tutela francesi, spagnoli, tedeschi che lanciò anche l’importanza della “denominazione di origine” come fattore determinante, attraverso zonazioni territoriali, ricerca viticola, studio dei volumi e dei canali di mercato.

Ma soprattutto iniziò un percorso per arrivare alla Docg per Valdobbiadene. C’erano allora, noi testimoni, tanti giornalisti presenti, tante Tv e radio, perfino Striscia la Notizia, il Gabibbo, le Iene, Report perché l’idea era quella di portare la “viticoltura” al centro delle filiera spumantistica e della spumantizzazione italiana.

Una intuizione dell’allora neo nominato direttore del Forum Giampietro Comolli.

Un Forum da 10.000 presenze, con 350 aziende presenti, solo italiane, una Villa dei Cedri lucidata a festa e la sciabolata di inizio evento tenuta dal governatore Zaia.  A 15 anni di distanza tutto si è avverato, anzi di più, merito di imprese e del lavoro continuo di forum fino al 2012, determinando la spumantizzazione tricolore come la   vera locomotiva del vino italiano in Italia e nel mondo, icona del made in Italy, giustamente fuori dalla morsa-dazi Usa, ha dato origine a tante sperimentazioni in distretti e territori viticoli nuovi, con nuove etichette, particolarmente apprezzate dalla alta ristorazione provinciale regionale, simbolo della biodiversità ampelografica e enologica italiana.

Un patrimonio e una ricchezza importante, ma che bisogna saper governare, non girarsi dall’altra parte, come purtroppo sta succedendo da qualche anno a questa parte. Si pensi alle troppe Doc e Igp, alla concentrazione dei territorio, ma anche alla difesa assoluta di certe “peculiarità” uniche, da tutelare per viticoltura antica, riconosciuta anche da Unesco, che non deve essere succube di duopoli e delle deliberazioni per censo. Voglia di bolle autoctone è anche il segnale chiaro del rispetto delle identità locali, dell’importanza del rapporto valore/identità di una doc e non di volume/prezzo.

La forza dell’autoctono si esprime nella unicità di sapore, di gusto e nella difesa di un distretto. E’ vero anche che oggi tutto può essere autoctono, ma il vero autoctono dipende dal famoso triangolo della qualità assoluta: terra, vitigno, uomo. E’ questo il vero vino naturale, autoctono, sincero, buono, giusto.

Le bollicine autoctone sono la risposta alla voglia di vino italiano in Italia, di come i vini del distretto “prossimale” siano un modo per recuperare consumi, conoscenza, cultura del vino, passione. Basta parlare di winelover per etichette dai grandi volumi. Le piccole cantine sono lo strumento giusto per un recupero dei consumi interni; un grande paese del vino e turistico, come l’Italia, non può non presentare agli stranieri carte dei vini locali complete, ricche, espressione del territorio.

Redazione Newsfood.com

 

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