Nuova PAC o PEA Agricoltura? Meglio tutelare gli agricoltori by Comolli

12 Marzo 2016
Data: 09 marzo 2016
COMOLLI RITORNA SUL TEMA: LA POLITICA AGRICOLA COMUNITARIA DIVENTI VERO AGROALIMENTARE. Il nostro nuovo ministero può essere un esempio. Ma meno burocrazia, meno leggi. Passiamo da una politica agricola, ad un agricoltore al centro della politica. Meno agricoltura estensiva, più finalità di ogni azienda agraria. E’ il territorio agrario nella sua scala di bio-diversità al centro della nuova PAC. Comolli lancia il messaggio politico.
L’ex Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) diventa Ministero dell’Agroalimentare (Maa?). La Pac (politica agricola comunitaria9 deve diventare dal 2020 la Pea (Politica Europea dell’Agricoltore).
Il Ministero italiano ha licenziato recentemente un piccolo e marginale provvedimento legislativo che però lancia un segnale di cambiamento e affida alla agricoltura una funzione sociale di riferimento. Questo è scritto nei secoli di storia dell’agricoltura, già riconosciuto da Plinio e Columella, da Virgilio perché la figura dell’ ’’agricoltore” non è solo quella di produrre beni per se (al tempo dell’autoconsumo totale o del baratto poi) e per la comunità nell’ambito di un commercio normale, ma svolge anche una funzione di “vita diretta” con il territorio.
Non parliamo di presidi sociali, o di figura civile o di guardiano del parco perché non è accettabile e corretto, ma di una attività integrata con tutto l’ambiente circostante che va dalla produzione alla cura, dalla coltivazione al pascolo, dalla gestione a monte (e a valle poi) di regimazione acque, pulizia canali di confine della proprietà, creazione di invasi, taglio degli alberi malati e del bosco ceduo e di tenuta di strade interpoderali.
Questo in sintesi la proposta-politica che fa Comolli, un piacentino Doc, agronomo e enologo, sul campo, nella vigna e delle aziende agroalimentari oltre che esperto di economia, normative e politiche agricole) da 40 anni, prima come agricoltore-produttore in Anga-Confagricoltura poi come dirigente nazionale coldiretti, poi fautore e fondatore di Consorzi di tutela del vino e della nuova Federdoc, quindi consulente dei distretti produttivi agroalimentari e turistici integrati a fare sistema territorio. Con anche due esperienze importanti al Parlamento Europeo: nel 1980 con uno stage per il ministro Giovanni Marcora e poi dal 2011 al 2014 per un gruppo di parlamentari membri della commissione agricoltura Ue.
Due tempi diversi, due mondi diversi, due Europe diverse. Gli facciamo qualche domanda per spiegare la sua progettualità per una nuova Pac e Ocm.
Comolli, cosa deve essere la nuova Politica europea per l’Agricoltura?
Comolli: la PAC deve essere sempre più un regolamento che finanzia azioni e misure tecniche-produttive del mondo agricolo legato all’alimentare e al tipo di territorio produttivo, sempre meno legata al singolo prodotto e al prezzo del prodotto stesso. Deve soprattutto essere una norma che guarda al futuro, avvia un processo innovativo in sintonia con tutto quello che avviene globalmente. In particolare avevo presunto che il futuro agricolo certo può avvenire guidando (con leggi) due canali: curare e sostenere la figura operativa dell’agricoltore e consentendo a ogni Paese membro di attivare programmi finanziati di ricerca, sviluppo, sperimentazione. E’ il mondo agricolo che deve studiare quali sviluppi darsi, non devono essere le multinazionali dell’agri-business o del medical-business a fare ricerche.
Comolli in sintesi la proposta del ministro Martina?
Prevede di riconoscere attività sociali, già in molte realtà e in molte strutture già avviate da anni secondo la logica della multifunzionalità, attive per il mondo agricolo come il recupero e il re-inserimento lavorativo per motivi diversi, come attività terapeutiche tipo l’ippoterapia, come attività volte al miglioramento della vita e al benessere sociale per anziani, disabili. E’ un riconoscimento del welfare agricolo e quindi sopperire a carenze di servizi alla persona da parte di strutture pubbliche dedicate, il tutto inquadrato per legge e inserito nei PSR regionali. L’inserimento nei piani finanziari e il riconoscimento della multifunzionalità , secondo me, deve essere visto come un primissimo punto di partenza per un riconoscimento più forte della figura dell’agricoltore e della funzione della azienda agricola.
Sì ma come?
Giampietro Comolli: l’agricoltore (oggi il 30% delle aziende vede una donna al timone) è figura sempre più centrale, un perno attorno a cui si muovano più attività. Penso alla coltivazione del campo come alla cura del bosco, all’allevamento stabulare di bestiame e alla regimazione di acque in montagna e collina, all’allevamento brado al pascolo e alle piccole produzioni di nicchia, all’attività part-time e integrativa di un altro lavoro e alla filiera cortissima agro-industriale del latte, del pomodoro, della frutta per arrivare a fare formaggio stagionato in azienda agricola, il concentrato rosso, il succo di frutta. E’ evidente però che leggi, finanziamenti, contributi e leggi comunitarie devono essere adeguate e in linea con figure di imprenditori agricoli assai diversi che operano dai terrazzamenti delle dolomiti alle distese della pianura ferrarese o lodigiana.
Quindi prevede una PEA, cioè più legata all’uomo e meno al prodotto?
Certamente! L’uomo differenzia, crea, diversifica. Il prodotto agrario standardizza, omogenizza, distrugge la biosfera agraria. A lungo andare questo è un pericolo per l’intero settore, distrugge la politica delle DOP-DOC! l’uomo/donna agricoltore oggi è un imprenditore attivo, dinamico, polivalente, funzionale al luogo e ambiente, figura importante per il sistema territorio/prodotto ma che necessita di sostegni, leggi, considerazioni diverse. A partire dalla Europa, che non può e non deve considerare paritario il vivaista olandese con il vivaista siciliano, il giovane contadino a 1000 metri di altitudine con l’omologo nelle pianure estese della Polonia o della Ungheria. L’Europa, secondo il mio progetto, doveva già prevedere dalla Pac 2014-2020 questa diversità di operatore agricolo, per dare un indirizzo certo e completo nel mandato 2021-2027. Purtroppo l’idea è stato solo presa agli atti parlamentari fra le tante interpellanze, richieste di risposte e proposte da discutere. Ora però il Mipaaf anticipa in parte il tutto. ma senza un accoglimento europeo è una scelta di parte, di uno Stato da solo. Quindi le misure e azioni europee restano uguali per tutti
In sintesi quale è la sua proposta?
Comolli: l’agricoltore ha una funzione sociale e civile a parole, ma non nei fatti concreti, per esempio i fondi comunitari oggi alla basa del 100% dei PSR regionali. L’agricoltore è indicato sia come figura della sostenibilità e sussidiarietà fra produzione e ambiente che custode sociale civile di una proprietà soggettiva , ma con valenze e impatti sempre più evidenti pro-contro la collettività, la cittadinanza, i luoghi. Ma nessuna legge ne istituisce la figura. La mia ipotesi prevede
Quindi anche la PAC deve cambiare?
Certo, l’Europa deve arrivare a licenziare una formula legislativa che punti a sostenere Grandi Regioni, distretti economici produttivi anche in diversi luoghi, deve diventare una Pac collettiva, comune, destrutturata, di indirizzo strategico di lungo periodo, di libertà produttiva e non basata sul alchimie di conti, calcoli e numeri per cercare di favorire già il più forte. La nuova Pac deve essere una innovazione tecnologica, ma anche mentale, strumentale e infrastrutturale. Non è più una questione nord-sud o est-ovest , la Pac non deve essere più legata ai bisogni dei singoli Stati, ma disegnata per rispondere al valore, sicurezza, garanzia e certezza del mondo produttivo per il consumatore. Quindi la Pac deve guardare in primis alla trilogia: distretto territoriale produttivo-multifunzionalità agricoltore-sicurezza per consumatore europeo.
Allora, più figure di agricoltore, o ogni agricolture più funzioni?
Alla luce dell’attualità, vedo meglio, più imprenditoriale, più libertaria, più in linea con i tempi, più solidale la prima ipotesi. L’Europa, la Pac deve disegnare diverse e chiare figure di referenti agricoli, destinatari certi di norme, misure e fondi. Ipotizzando: un operatore di zone svantaggiate e montagna (fondi Fas) che coltiva proprio e altrui terreno, anche vaste dimensioni, con una funzione sociale-civile e ecosostenibile pari al 70-80% delle risorse e del suo reddito; un operatore part-time, sussidiario, solidale che fa parte di un sistema cooperativo per Area Vasta, per distretto economico prettamente produttore di materie prime facenti capo a OP o AP; l’imprenditore agricolo della filiera corta, dei prodotti di nicchia e prevalentemente Dop con reddito quasi totale derivante da agricoltura, dei piccoli allevamenti in zone collinari, intermedie, aziende grandi e piccole, la classica figura innovativa della famiglia agricola con più servizi diretti al consumatore; infine l’imprenditore agro industriale, anch’esso legato a OP e AP e a consorzi che gestisce una filiera completa ma di grandi numeri, sia dop che non-dop, direttamente sul mercato, con punti vendita commerciali, particolarmente competitiva e strutturata, grandi aziende anche in comunità di proprietà. E’ evidente che la PAC per ognuno deve prevedere una azione, in questo modo anche eliminando le finte aziende agricole.
Giuseppe Danielli
Direttore Newsfood.com
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Nota: Giampietro Comolli è Editorialista di Newsfood.com,
Curatore della Rubrica di economia, food&beverage e Gusturismo e della rubrica

“Cum grano salis, a cura di Giampietro Comolli“
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