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L’Attacco dei Pomodori Assassini: quando i pomodori facevano paura

L’Attacco dei Pomodori Assassini: quando i pomodori facevano paura

By Redazione

Immaginate che i pomodori, stanchi di essere i protagonisti forzati di salse, sughi ed insalate, decidano di rivoltarsi contro l’umanità.

E’ quanto succede in L’attacco dei pomodori assassini, (Attack of the Killer Tomatoes, 1978, di John De Bello) pellicola che descrive il risveglio dei
rossi ortaggi e la loro furia assassina.

Per tentare di salvare l’umanità dalla piaga vegetale, il Presidente degli Stati Uniti mette insieme un team di specialisti sui generis. Il gruppo d’eroi, nonostante varie disavventure e
qualche vittima, riuscirà a scoprire come ci sia il segretario di Stato americano dietro l’improvvisa autocoscienza degli ortaggi ed il punto debole di questi, la canzone “Puberty Love”.

Gli uomini riescono così ad attirare i pomodori assassini in uno stadio e a distruggerli usando tale melodia, mentre il capo della squadra di esperti inizia una storia d’amore con
l’intraprendente giornalista di turno.

Happy end totale?
Non proprio: le ultime immagini mostrano una carota parlante che emerge dal terreno, quasi a suggerire che sarà il cibo preferito dai conigli il prossimo nemico della Terra.

La spina dorsale della trama, un nemico “alieno” ed apparentemente inarrestabile, fa il verso alle pellicole di fantascienza anni ‘40-’50 (l’America minacciata da un pericolo…
“rosso”!), mentre alcuni episodi richiamano in maniera irriverente la cinematografia “nobile”, come la scena dei bagnanti attaccati da pomodori sottomarini ispirata a Lo squalo di Spielberg, e
le sequenze d’aperture, che cita direttamente Gli Uccelli di Hickock.

L’attacco dei pomodori assassini è stato uno dei pionieri della wacky comedy, la commedia demenziale degli Anni Ottanta, che ha avuto nelle opere
dei fratelli Zucker (ad esempio Top Secret o L’aereo più pazzo del mondo) i rappresentanti più famosi ed è ancora oggi un (s)cult del suo genere.

Nonostante tutta la sua stranezza e la vicenda balzana di base, la pellicola contiene, seppur esagerata ed ingigantita, una verità di base: il rapporto tra pomodori e consumatori non
è sempre stato felice.

La pianta arriva in Europa nel Sedicesimo Secolo, portata nel Vecchio Mondo dagli esploratori delle Americhe; non a caso, i primi a parlarne sono viaggiatori come Jose de Acosta e Pierandrea
Mattioli.

E’ proprio al naturalista italiano che si deve la prima descrizione scientificamente valida del pomodoro; nei suoi Commentari su Discorde del 1544, si può infatti leggere di un ortaggio
” liscio come una melrose (un varietà di mela) e segmentato, all’inizio verde poi giallo quando maturo”; dato il colore, Mattioli chiamò l’ortaggio mala aurea, mela dorata, da cui
sarebbe derivato il termine italiano, pomodoro.

Mattioli e gli altri erboristi europei diedero però un giudizio negativo sulla nuova pianta: lo inserirono infatti nella famiglia delle Solanacee, considerandolo perciò tossico
come alcune delle sue “consorelle”, belladonna compresa.

Data questa brutta fama, il primo utilizzo del pomodoro non fu come alimento ma come decorazione, specie in ambito galante. Un gruppo di studiosi fa infatti risalire la denominazione arcaica
del vegetale proprio all’usanza dei gentiluomini di regalarlo alle dame come pegno di fedeltà: da tale costume deriverebbe il nome mela dell’amore, diffusosi in tutta Europa (love apple
in Inghilterra, pomme d’amour in Francia e Libesapfel in Germania).

Un’altra scuola di pensiero fa risalire il termine pomme d’amour ad una corruzione di pomme des mours, “Mela dei Mori”, in quanto si riteneva che l’alimento, come la melanzana, fosse cibo
favorito delle popolazioni di religione musulmana.

Va comunque osservato come, nei moderni idiomi europei, la parola usata per indicare l’ortaggio derivi dallo spagnolo tomato, a sua volta originato dall’azteco tomatl.

Qualunque sia stata l’origine del nome, per lungo tempo il pomodoro è protagonista non delle tavole, grazie al sapore, ma dei giardini, grazie all’aspetto gradevole.

Le prime prove dell’uso alimentare dell’ortaggio appaiono nel 1650 nel “Sulle proprietà dei cibi” di Melchior Sebizius: il volume descrive alcune ricette a base di fette di pomodoro
crudo condite con pepe, olio e sale ma sottolinea come i cuochi continuavano a disprezzare la verdura, nonostante fosse facile da coltivare.

Di tutta Europa, il luogo dove i pomodori sembrano essere più graditi è il Regno di Napoli, dove sono importati dai reggenti spagnoli. Qui nel 1690 viene scritto “Lo Scalco alla
moderna” ricettario, che primo in assoluto, include il pomodoro come alimento a tutti gli effetti, degno condimento di uno stufato di verdure.

Ma è nel 1790 che il nostro pomodoro raggiunge la consacrazione gastronomica definitiva: in quell’anno nella città partenopea viene infatti pubblicato “L’Apicio moderno”, opera in
sette tomi di Francesco Leonardi.

L’autore, dopo una vita come cuoco al servizio dei potenti di mezza Europa, mette su carta la sua esperienza; quello che viene fuori è una sorta d’enciclopedia della gastronomia che, tra
le tremila ricette incluse, descrive anche come preparare un ottimo condimento per la pasta locale, gli spaghetti: sugo, ottenuto con pomodori privi di semi e fatti sobbollire, aggiungendo
cipolle, sedano, aglio, basilico.

La ricetta ha successo ed il pomodoro, da immigrato malsopportato diventa prim’attore delle tavole.

E, come su ogni prim’attore che si rispetti, anche sul pomodoro girano voci e leggende, di cui le più curiose arrivano dal Nord America. Nel 1820 il colonnello Robert Gibbon Johnson
discute con alcuni avversari della possibilità di nutrirsi tranquillamente di pomodori.

Seccato dalle critiche degli oppositori, il militare prende una decisione drastica: prende un pomodoro e lo mangia, davanti ad una folla stupefatta convinta della pericolosità del
vegetale. Come prevedibile, il pranzo vegetariano risultò totalmente innocuo e l’ufficiale riportò una vittoria dialettica totale.

La seconda leggenda riguarda Abraham Lincoln, fatto oggetto di un attentato particolare. Un gruppo di avversari politici convinsero infatti il cuoco della Casa Bianca a preparargli una pietanza
contenente un (molto presunto) ingrediente mortale: il nostro ortaggio rosso.

Ovviamente, anche in questo caso il consumatore sopravvisse al pasto; anzi il presidente gradì tanto il sapore del pomodoro da diventarne appassionato consumatore.

Non una leggenda, ma una triste e sgradevole realtà, sono i pomodori cinesi, prodotti con additivi chimici tossici nocivi per la salute umana e da tempo monitorati strettamente dalle
autorità italiane.

Non saranno gli ortaggi omicidi del film di De Bello, ma i pomodori pericolosi per l’uomo esistono veramente.

Scheda del film

L’attacco dei pomodori assassini (Attack of the Killer Tomatoes), Usa, 1978

Genere: parodia

Regia: John De Bello

Soggetto: John De Bello, Costa Dillon

Sceneggiatura: John De Bello, Costa Dillon

Fotografia: John K. Culley

Musica: Gordon Goodwin, Paul Sunford

Durata: 87 min. circa

Interpreti: David Miller, George Wilson Sharon Taylor, J. Stephen Peace, Ernie Myers

 

Matteo Clerici

 

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