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Intervista a Fabrizio Nardoni, Assessore alle risorse agroalimentari della Regione Puglia

Intervista a Fabrizio Nardoni, Assessore alle risorse agroalimentari della Regione Puglia

By Redazione

Fabrizio Nardoni, 49 anni, tarantino, sposato con Valentina e padre di due bimbi (Edoardo e Riccardo), è un ex imprenditore con la passione per la politica e per lo sport (è
presidente del Taranto Calcio – ndr). Nel suo passato importanti incarichi confindustriali, ma anche nel settore della formazione d’impresa e ruolo di promotore per grandi impegni nel
volontariato e nei progetti di rinascita civica e culturale della sua città. Da marzo scorso Assessore alle risorse agroalimentari della Regione Puglia.


Prima volta da assessore pugliese alle risorse agroalimentari e seconda volta del Concorso Rosati d’Italia. Ci commenti il suo stato d’animo e gli obiettivi di questa seconda iniziativa in
favore di un vino troppo spesso giudicato ingiustamente di serie B?

Il battesimo da Assessore è avvenuto in uno dei periodi più concitati per il mio assessorato: il Vinitaly e la seconda edizione del Concorso Enologico dedicato ai rosati su cui
come Regione stiamo investendo molto. Per cui non c’è stato tempo per analizzare i singolari stati d’animo o acclimatarsi. Si doveva lavorare e basta e sono contento di averlo fatto con
una squadra rodata ma anche confermando l’impegno per una vetrina che tende ad affermare una qualità enoica su cui come territorio regionale stiamo tentando di essere capofila. Affermare
la consuetudine al rosato significa infatti contribuire ad aumentare quella quota di mercato che vede la Puglia al 40% di produzione. Poi da presidente di una società sportiva ho una
piccola esperienza anche nell’ambito delle corse per risalire in classifica. Lo dicono le statistiche sui trend di vendita da qui al 2016 e si respirava anche al Vinitaly: i rosati hanno tutte
le carte in regola per conquistare il campionato di serie A.

Lo scorso anno guadagnarono le medaglie d’oro sia l’Abruzzo che la Lombardia mi pare proprio che il proposito per questo nuovo anno sia quello di vedere nei primi posti anche la sua regione
che storicamente produce Rosati da sempre?

Se si fa un concorso nazionale, con tanto di autorizzazione del Ministero, prestigiosi partner come Assoenologi e l’Accademia della Vite e del Vino, l’unico in Italia dedicato ai rosati, in
qualità di referente istituzionale si deve sperare che il medagliere venga conquistato dai più meritevoli. Sono convinto che in Puglia ci siano tanti vini e tante etichette capaci
di conquistare l’oro. E’ normale che da cittadino pugliese io faccia il tifo per loro.

Ma il concorso è solo quell’occasione che mancava per rimettere in discussione un prodotto e i suoi produttori sempre con l’obiettivo, è chiaro, del miglioramento continuo, o
può anche avere dei riscontri altri, secondo lei, penso al rilancio del Rosato italiano sui mercati internazionali, penso anche al miglioramento delle quote di mercato del Rosato su
quello nazionale?

Appunto è esattamente così. E’ una forma di affermazione culturale che prova a scardinare anche antichi pregiudizi attorno ad un vino un tempo considerato inferiore rispetto al
classico “nero”, né da pasto né da taglio, un “mezzo” vino o “da osteria”, ma che invece ha nel mondo milioni di estimatori che hanno riscoperta la piacevolezza di questa
qualità enoica ricca di profumi ed essenze. Il Concorso mira dunque anche a questo: ad affermare il ritorno alla cultura del rosé e così allargare la platea dei suoi
potenziali consumatori. Poi penso all’area del confronto che offre questa nostra iniziativa. Confronto tra produttori e vini ma anche nuove tecniche di vinificazione e affinamento dei rosati.

Al Vinitaly la presentazione del Concorso in conferenza stampa con la novità di quest’anno, i due testimonial con tanto di quota rosa, quindi Enzo Vizzari e Adua Villa, ma c’era anche
il suo predecessore Dario Stefàno che lo scorso anno ideò e realizzò la prima edizione del Concorso. Ci parli del perché di questi due testimonial così
importanti e quindi del rapporto di continuità del lavoro già ben fatto da Stefàno lo scorso anno e che oggi le ha passato il testimone di questo bell’impegno sul fronte
delle Risorse Agroalimentari.

Il mio predecessore ha dimostrato con i risultati quanto sia stata importante la promozione nel settore delle produzioni tipiche, dei vini e dei prodotti a marchio Puglia. Un lavoro ben
impostato che era opportuno proseguire perché confutato da risultati più che apprezzabili sia sul piano della stima dei mercati, sia sul piano dei valori medi relativi all’export.
Vizzari, giornalista esperto, nome di riferimento per le Guide de L’Espresso, così come la lady sommelier Adua Villa, hanno raccontato meglio di me la meravigliosa “onda rosa” che parte
dalla Puglia. E tutti sanno quanto sia difficile in questo settore raccontare lo sforzo di chi produce specie se l’alchimia è frutto di un processo di vinificazione delicato e costoso. I
due testimonial sono stati all’altezza di questa responsabilità.

Riepiloghiamo un po’ le tappe del concorso. Il 24 aprile è il termine ultimo per le Cantine d’Italia per iscriversi e presentare i campioni. E poi?

Poi ci sarà la cerimonia del bere. Una cosa che da sempre mi affascina. Centinaia di calici di varie gradazioni di rosa con etichette coperte e palati e olfatti esperti pronti a
districarsi in questa gradevolissima selva. Anche quest’anno abbiamo avuto centinaia di iscrizioni. Il 4 e 5 maggio si riunirà la commissione di enologi e giornalisti del settore per le
prove di degustazione. Il 18 maggio sarà Otranto, invece, il luogo-cornice prescelto per la cerimonia di premiazione. Ma dopo il concorso ci sarà la sfida più importante:
condurre a ulteriore visibilità e presentare sui mercati internazionali i migliori vini rosati consacrati da questa seconda edizione. Stiamo pensando a vetrine internazionali, ma non mi
faccia svelare troppo.


Ma la giuria del concorso? Circolano già dei nomi importanti?

Abbiamo in giuria gli esperti di Assoenologi, ma anche gli opinion-maker del mondo del vino, l’universo dei blogger che ormai dettano tendenze e mode in fatto di vino. Insomma una miscellanea
di competenze che abbiamo voluto fortemente al nostro fianco come cultori e appassionati del buon bere. Tra di loro ci sono nomi importanti come Massimo Di Cintio esperto di rosati e
giornalista di testate come Gambero Rosso, Civiltà del Bere, e redattore per l’Espresso della prima guida a questa specialità, Salvatore De Lio deus ex machina dell’Enoteca
Italiana di Siena o Franco Zilliani direttore del blog Vino al Vino. Mi sembra che siamo in ottime mani. Oltretutto siccome il vino è cultura, il 18 maggio a Otranto scambieremo tanto
sapere con il bello della nostra terra che i giornalisti componenti di commissione potranno esplorare anche attraverso gli educational previsti nelle cantine del Salento.

Prima di bere un sorso di vino, ovviamente Rosato, ci racconti un evento magari legato alla sua infanzia o alle prime esperienze con il vino, Rosato ovviamente?

Provengo da una famiglia molto legata alla terra. Fino a qualche anno fa io stesso producevo olio. Il vino è per me legato alla festa. Ne ricordo ancora uno molto buono, guarda caso
rosato, che veniva destinato soprattutto a noi più giovani della famiglia. Era il vino delle ricorrenze, del brindisi, delle occasioni. Il rosato lo lego a tutto quel periodo della mia
vita. La stagione di un fermento delicato e nuovo, proprio come i rosati.

Torniamo a parlare di vino, ma questa volta di dati di mercato. Se il mercato interno mostra segni di debolezza all’estero fortunatamente le cose cambiano. I big spender sono gli stessi da
molti anni a questa parte (Usa, Regno Unito e Germania), ma che dire dell’aumento di consumi di vino in Cina, Russia, Indonesia e Brasile? E’ un treno che proprio il vino Rosato potrà
cogliere?

Noi italiani abbiamo scoperto il rosato troppo tardi, ora stiamo recuperando questa propensione al consumo anche attraverso la pratica dell’aperitivo. Ma per gli inglesi, i russi, i tedeschi e
gli americani l’idea di un vino fresco e di grande bevalità è sempre stata di forte appeal. I dati di Vinexpo/Iwsr danno il rosato in crescita. A dominare è sempre il
rosso, ma grazie ai nuovi assetti del mercato con l’ingresso di paesi come la Cina i rosati dovrebbero segnare un aumento del consumo del 7,58% tra il 2011 e il 2016.


Tra i Paesi emergenti nei consumi anche l’Europa dell’Est. Le percentuali di crescita vanno dal 38% della Repubblica Ceca (il mercato al momento più importante dell’area, 14mo nel
ranking mondiale degli importatori di vino nel 2012) al 255% dell’Ungheria nel 2012. E sembra quasi di ritornare al 1891 quando il rosato pugliese e soprattutto quello salentino da negroamaro
iniziò ad affermarsi con l’applicazione del trattato con l’Impero Austroungarico e all’epoca il consumo di Rosato in quelle terre assorbiva un quinto della produzione dei vini. Lei che
ne pensa di questa rivoluzione sapendo anche che storicamente i più grandi consumatori europei di Rosato sono gli inglesi e gli olandesi?

In quel caso la Puglia esportò anche per debolezza degli altri mercati. Le malattie crittogamiche che infestarono i vigneti della Francia favorirono indirettamente i vini del salento, i
rosati e i cerasuoli. Ma oggi parliamo di una qualità enoica matura, pronta ad affrontare i mercati anche con spirito di innovazione. Possiamo rilanciare il comparto con maggiore forza e
il Concorso Nazionale enologico nasce nel solco di questo spirito.

Al di là dei risultati del Concorso che termina a Otranto il 18 maggio prossimo, ma quale futuro prevede per il Rosato italiano e in particolare per quello pugliese?

Che dire se non roseo.

Redazione Newsfood.com+WebTv

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