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Expo 2015: Le cascine formano una rete per dare il loro contributo nell’accoglienza

Expo 2015: Le cascine formano una rete per dare il loro contributo nell’accoglienza

By Redazione

Milano – “Anche noi vogliamo dare il nostro contributo alla buona riuscita dell’Expo 2015” dice Giampaolo Papetti, 44 anni, che da quando era un ragazzo lavora i campi e adesso guida, in
via Chiesa Rossa, la cascina Basmetto.

La sua è una delle 59 proprietà del comune di Milano ed è anche una delle 13 realtà cittadine (le altre sono Cascina Caldera, Cascina Cavriana, Cascina Cotica,
Cascina Grande di Chiaravalle, Cascina Isola Nuova, Cascina Merezzate, Cascina Molinello e Cascina Rizzardi, Cascina San Gregorio Vecchio, Cascina Sant’Ambrogio, Cascina Torrette di Trenno e
Cascina Tre Ronchetti) dove ancora si fa attività agricola. Ci sono poi 9 cascine sede di strutture di accoglienza e integrazione, altrettante ospitano uffici e servizi pubblici
comunali, 8 sono utilizzate da istituzioni pubbliche e associazioni, 2 hanno dei ristoranti gestiti da privati, 18 sono abbandonate, in rovina o molto degradate, altrettante hanno alcuni spazi
degradati, le rimanenti sono utilizzate come residenza sociale, sono oggetto di progetti di recupero, sono affittate come abitazioni a privati e infine ce ne sono alcune occupate da inquilini
abusivi.

La mappa completa è stata illustrata oggi durante la presentazione del progetto “Cascine Expo 2015” alla Triennale di Milano.

L’idea di “Cascine Expo 2015” è quella di mettere in rete i singoli insediamenti di proprietà di Palazzo Marino organizzandoli sul fronte dell’accoglienza, della difesa
ambientale, della funzione sociale, del servizio pubblico senza perdere, anzi rafforzandone, le caratteristiche rurali. Facendo ruotare tutto su quattro “poli agro-ambientali”che formano una
specie di corona interna al capoluogo lombardo (il Parco Lambro, il Parco della Vettabia, il Parco di Trenno e il Parco delle Cave) con l’obiettivo di valorizzare le produzioni locali, il
controllo e la trasparenza della filiera, il Made in Italy, la sicurezza del consumatore e più in generale un nuovo legame con il territorio, fra agricoltura e consumatori, fra campagna
e città.

“Con l’Expo abbiamo l’occasione di avviare e realizzare anche progetti a sfondo sociale, di recupero edilizio e di apertura di servizi a favore della città – spiega Nino Andena,
Presidente della Coldiretti Lombardia- partendo però dal presupposto che le aziende agricole hanno bisogno di stabilitàe che per questo i contratti di affitto non possono durare
solo due anni, che è un periodo troppo breve in un settore come il nostro per poter programmare investimenti importanti”.

Milano, al contrario di quello che si può pensare, è una città che ha conservato, fra palazzi e cemento, un cuore agricolo vivo e pulsante, sia dal punto di vista
produttivo che da quello sociale. Ci sono, ad esempio oltre 2.200 ettari di terrenicoltivati, fra cui 700 a riso, 253 a prati, 520 a mais e poco meno a frumento, 79 a orzo, quasi 19 con i
vivai.

“E’ una ricchezza di varietà e prodotti che non s’immagina in una metropoli come questa – commenta Andena – ed è una risorsa che va valorizzata anche per il servizio di
conservazione delle aree verdie di presidio del territorioche i nostri agricoltori svolgono ogni giorno”.

Alla cascina Basmetto, ad esempio, Giampaolo Papetti oltre a produrre riso, tiene le porte aperte alle visite organizzate dalla gente del quartiere e aderisce a molte delle iniziative
organizzate in zona. “Siamo qui da una vita – dice – speriamo di restarci e di continuare in questo lavoro. Ho un figlio di 8 anni e un nipote di 7, spero di riuscire a far capire anche a loro
la bellezza di questo mondo. Ma c’è anche bisogno di certezze per il futuro, con contratti d’affitto più lunghi dei due anni attuali e di un piano che metta a sistema tutte le
cascine di Milano. L’Expo potrebbe essere l’occasione giusta per fare tutto questo”.

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