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Esportare Vino italiano post Covid 19: cosa funziona e cosa bisognerebbe fare

Esportare Vino italiano post Covid 19: cosa funziona e cosa bisognerebbe fare

By Giuseppe

Futuro del mercato e consumo vino italiano – cosa funziona e di cosa c’è urgente bisogno –

26 luglio 2020
Il vino italiano nel mondo
Online… non è così semplice. Il vino ha bisogno di presenza e di contatto: possono tornare utili le guide di esperti ma online, ma più semplici e meno referenze tipologiche. L’assaggio mirato, con business, è molto utile se gestito da esperti e professionisti del consumo e mercato. Meno teoria e più concretezza per il vino italian.
Cosa c’è bisogno post Covid 19
Da anni come Ovse-Ceves assaggiamo vini, Evo, aceto, birra, sale in particolare. Il vino e gli spumanti sono il nostro core-business, come si dice. Fin dalla fondazione ci è stato insegnato come assaggiare, per chi e per che cosa. abbiamo una formazione legata alla viticoltura e alla enologia, grazie a partner come Fregoni, Ratti, Niderbacker, Desana, Colagrande, Amati, Boselli e tanti altri amici professori….peccato in pensione e dimenticati. Veronelli mi ha insegnato a assaggiare. Oggi 2020, post Covid, il vino italiano – prima e meglio di altri paesi produttori – deve darsi una mossa, deve saper cambiare, deve proporre soluzioni e impegni diversi. E’ importante oggi continuare a “vedersi” almeno nell’assaggio e nella proposta di qualche vino.
Per fortuna da anni come Ovse-Ceves degustiamo vini nelle occasioni più diverse: in cantina, nei consorzi, in eventi, nella nostra sala in azienda agricola, spesso da soli, massimo da sempre in due-tre persone non di più. Ne andava, e va,  anche di rispetto della privacy e di non far sapere a molti chi degustava e giudicava “per noi”.
Così abbiamo sempre inviato in solitaria nostri messaggeri che ci hanno descritto i vini con dettagliate considerazioni.  Ovse-Ceves lavora solo su incarichi.  I nostri “committenti” dell’assaggio-giudizio dei vini italiani non sono guide nazionali (abbiamo collaborato a suo tempo anche ad alcune guide cartacee), ma operatori del settore italiani e stranieri e con loro da sempre si dialoga, si parla, si fanno domande, si ascolta cosa commentano sul mercato e sui consumatori del loro paese.
Oggi degustiamo vini insieme, ma distanti. Non si viaggia più, si risparmia tempo e denaro, si assaggia su “commissione” il più delle volte. Per il business del vino non ha senso assaggiare 5/6000 vini all’anno, tutti gli anni: ha senso per dare un riscontro alla cantina, ma non fa più vendere come 20-30 anni fa.
Invece è molto più importante avere segnalazioni autorevoli, chiedere alle cantine solo le campionature richieste dai committenti commerciali, selezionare in anticipo per conoscenza, ricevere volontariamente campioni dalle cantine, poter presentare pubblicamente le etichette meritevoli, dare un parere a chi già intende acquistarli in modo che abbia un giudizio terzo.
Ho fatto questo esempio perché questo “modello” di approccio e di percorso – con le dovute mutazioni – esprime il futuro del vino: sempre più soggettivo privato e personale… sempre meno oggettivo  pubblico e collettivo. Solo gli acquisti online e in Gda di etichette di minor prezzo mantengono una prassi oggettiva perché dettata più dal prezzo unitario e dalla pubblicità, cioè dal fantomatico assurdo e sbagliato slogan ancora in bocca a molti della bontà del rapporto qualità/prezzo. Da anni chiediamo agli operatori di esprimersi in termine di rapporto identità/valore.
Il rapporto qualità/prezzo spinge in basso il valore del vino stesso, non alza mai il pregio e il profilo, né collettivo né individuale. Stessa cosa gli abbinamenti obbligati cibo-vino con il cibo che detta la regola. Sono finiti.
Non è più necessario avere il consigliere vicino al tavolo per azzeccare il giusto abbinamento. Quante volte con uno storione ho bevuto, e visto bere, un ottimo Gutturnio frizzante!  Così noi cosi detti “esperti di vino” dobbiamo smetterla di accontentare tutti e la filiera, dobbiamo essere filtri smart per una platea di operatori commerciali professionisti che poi devono rispondere ad altri, siano essi distributori esteri o nazionali, consumatori finali giovani o anziani.
E’ finito il tempo di “far roteare il vino nel bicchiere”, bisogna raccontare la storia territoriale che entra dentro nel calice. La scelta e la proposta del vino è sempre più pragmatica: incontrarci o parlare di vino solo per il business. L’importante è la stima e la fiducia reciproca: oggi postCovid è una carta vincente.
Obbligati a stare a casa nel proprio paese, limitando molto le escursioni nelle cantine in Italia dal mondo, gli esperti italiani “superpartes” e non commercianti,  diventano interlocutori indispensabili. Manca il contatto umano, la pacca sulla spalla, lo scambio del calice se c’è un dubbio organolettico, ma c’è tanta professionalità, sintesi, responsabilità. La fiducia e la certezza del giudizio diventa oggi lo strumento e il mezzo più importante per offrire un portafoglio vini all’acquirente mondiale di alto profilo, o dell’”identità/valore” che chiede, che così si avvale di un parere qualificato, poi fa gli acquisti e gli ordini autonomamente e direttamente come meglio crede.
Tramite importatore o distributore. Questo avviene oramai in tutti i paesi. In questi giorni ottimi segnali per il vino italiano stanno arrivando da importatori ufficiali dal Giappone e dal Canada, bene anche l’UK ancora ! Ma e’ importante che il “sistema Italia” ovvero il nostro Governo Conte bis, il ministro Bellanova, il ministro Franceschini sappiano che il mercato mondiale quando ordina e acquista una bottiglia di vino italiano, beve Italia, vuol assaporare luoghi, paesaggi, ambiente, profumi, mare, arte, gastronomia…addirittura con denominazioni specifiche legate a nomi di città, di regioni di musei. Chiedono Sicilia, Etna, Firenze, Venezia, gli Uffizi, il Garda, la reggia … il monte… il museo… la città di…
Grazie a questo crediamo che oggi sia necessaria una operazione immediata integrata, verticale, mirata di promozione e pubblicità (si parlo proprio di spot pubblicitari diretti-secchi-potenti e non di eventi promozionali: ottima la pubblicità della birra Ichnusa!) sul binomio geografia-vino del made in Italy perché così si “identifica” un luogo noto e conosciuto con un distretto produttivo.
Oggi c’è una grande richiesta di vini con uve autoctone in purezza, o in gran parte, in ogni proposta vino; il consumatore mondiale chiede di leggere in etichetta il nome del vitigno; un rafforzativo se chiaro viene dal  binomio vitigno-denominazione perché così si posiziona mentalmente-profumatamente-artisticamente-paesaggisticamente il vino lungo lo Stivale.
Eppoi c’è una richiesta di etichette nuove, fra cui tante bollicine. Anche i vini frizzanti stanno riprendendo. In ogni caso si chiedono vini bianchi e rossi meno titolati e alcolici. Di grande attualità e forza, non solo perché è una amica da tanti anni, l’iniziativa speedtasting ® di Michèle Shah in quanto va in questa ottica ed è una bravissima degustatrice di vini italiani, con la quale abbiamo assaggiato tante bollicine.
E’ anche questo un programma di internazionalizzazione del business enoico italiano che andrebbe sostenuto, come per esempio un unico-ricco-dinamico portale di e-commerce nazionale “e-on-wineitaly” in diverse lingue, con una forte campagna all’estero di pubblicità del vino italiano, a carico dell’Ocm Governo Italiano.
Continuiamo a chiederlo: speriamo che succeda qualcosa!

Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
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