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VINO ITALIANO? TUTTO VA BEN… MADAMA LA MARCHESA! … by Comolli

VINO ITALIANO? TUTTO VA BEN… MADAMA LA MARCHESA! … by Comolli

By Giuseppe

VINO ITALIANO? TUTTO VA BEN… MADAMA LA MARCHESA!

DALLE VOCI E DAGLI ARTICOLI… NON MI PARE! 

di Giampietro Comolli

 

Corre l’obbligo di ricordare che già 5 anni fa, governo Letta e  Renzi, più volte ho sollecitato che il mondo del vino italiano aveva bisogno di una forte semplificazione burocratica-amministrativa. Si è realizzata, giustamente, per il forte impegno di macroaziende e macrostrutture, ma anche e soprattutto per una nuova politica gestionale di sistema e di filiera, rinnovando e semplificando, concentrando e alzando l’asticella.

Troppi freno a mano tirati negli ultimi 10 anni, invece di definire, anche intervenendo su leggi esistenti, una  programmazione di lungo periodo di tutto il settore.  Un forte connubio con settori secanti sia alla produzione che nel mercato perché stavano registrando un forte calo dei consumi.

I successi export e gli indirizzi Ocm-UE hanno annebbiato o bloccato alcune altre iniziative già urgenti allora, oggi improcrastinabili. Fa piacere vedere che autorevoli colleghi giornalisti e testate di settore siano anch’essi intervenuti e stiano insistendo molto oggi su questi temi.

Il mercato nazionale va rivisto, intendendo per mercato… tutta la filiera, compreso il consumatore finale. Le norme non bastano.

Sono gli uomini a fare la differenza, con pragmatismo, alzando il tiro, facendo scelte anche non unanimi, con visione almeno decennale, se non ventennale. Le decisioni unanimi o a stragrande maggioranza sono sempre al ribasso e parziali.

La Francia è corsa ai ripari, dopo i segnali di debacle, con una nuova “motiv” 3 anni fa e i primi risultati già si sono visti nel secondo semestre 2018… recuperando in vendite e in valore dei vini fermi (e bollicine) all’estero, in inversione di tendenza sul mercato interno.
Ricordo ancora la mia non tanto ironica battuta di anni fa : “…non si può vivere di solo export!”

IL VINO ITALIANO DEVE ESSERE FORTE IN ITALIA ANCHE COME REFERENTE TURISTICO

Rinnovo l’auspicio, soprattutto verso i produttori italiani che fanno buon uso delle docg-doc-igt, ai rappresentati dei consorzi di tutela piccoli e grandi, a tutte le strutture del vino e al neocomposito Ministero Agricoltura-Turismo (ho sempre auspicato ci fosse un binomio stretto, oltre a collegamenti con cultura, ambiente, arte) di smettere con i piani autoreferenziali.

Ma non tutto dipende dai gestori dei consorzi, non tutto nasce dallo strapotere delle cantine sociali, non tutto è causa di chi scappa dai consorzi. E’ l’intera filiera-sistema che è indecisa, manca qualcosa: troppo orientata alla vendita, all’export, alla autonomia e autodeterminazione, a non condividere differenze sostanziali.

Difronte a una realtà composta dall’ 85% di microaziende e un 15% di grandi cantine, vinificatori e imbottigliatori (con numeri invertiti o quasi per volumi di vendita e fatturato)  la strategia-politica-logistica del solo “censo” come parametro unico, non soddisfa più nessuno. Forse all’inizio ha aiutato a crescere, a raggiungere obiettivi straordinari, ora non più.

Non è prioritario – come scrive qualcuno – cambiare i vertici degli enti consortili: prima occorre una regia che sappia mettere insieme censo-procapite-tutela-costi-vigilanza-indirizzo-brand senza doppioni, senza infiniti soggetti che possono fare tutto, e poi niente.

Più che un periodo complesso per la produzione, oggi sono i singoli mercati-canali a richiedere maggiore attenzione. Il rischio è che grandi imprese italiane perdano contatti con la realtà delle “domande” che si annidano anche nello stesso comparto commerciale o canale. Non avere una strategia, non definire una linea per ogni attore del sistema, non stendere un programma di lungo periodo con il dovuto sostegno e guida del Mipaaft,  non avere uomini che abbiano fatto di tutto nel vino, non avere figure esperte in settori come il digitale e il marketing integrato distrettuale ha dimostrato che il mondo del vino è bloccato.

Si guarda troppo indietro e sempre nell’orto del vicino.  Risparmiare su uomini validi, su analisi, su statistica vera, su consulenti capaci di aggregare e guidare non è stata la strada giusta. Innovare e migliore ha bisogno di fondi e i vini docg-doc-igt hanno bisogno del contributo di tutti “…gli aventi diritto”.

Mi sono sempre preso le mie responsabilità fin dal 1998 quando capii che era necessario cambiare la Federdoc di allora, coadiuvato da altri 4-5 brillanti direttori di consorzio (Liberatore, Campatelli, Piazza, Pelisetti) lungimiranti rispetto ad altri che non parteciparono. Allora capaci di cambiare rotta, nuova impostazione… arrivò ai risultati legislativi-organizzativi di tutta la filiera del 2010.

In quella occasione nacque la mia candidatura per Ricci Curbastro trovando il consenso di Piemontesi e Toscani, oltre che dei Veneti e Romagnoli… ancora oggi in sella perché ha saputo far condividere anime diverse.

FEDERDOC AL CENTRO, MA NUOVI RAPPORTI DELL’INTERPROFESSIONE. DECIDERE CHI FA COSA. GUADARE AVANTI CON DECISIONE

Ciò dimostra che se ci sono direttori capaci nei consorzi, con equilibrio e passione c’è innovazione. Ultimamente la tavola rotonda si è allargata, ci sono troppi spigoli, errori di allineamento, avvisaglie non governate. Troppo consociativismo, diatribe sulle rappresentanze della/per/fra l’interprofessione, segnali forti non capiti.

Giustamente come dice qualcuno… troppi nodi al pettine presenta tutto il mondo del vino tricolore. Il problema vigne-vino in regione Veneto può essere un problema solo se non è ben governata al suo interno, ben programmare.

Il mondo oggi non consente di vivere di medaglie impolverate. Tutte le “grandi” denominazioni di origine italiane hanno problemi interni e di sviluppo esterno. Anche chi elargisce premi, è in imbarazzo.

Occorrono subito due interventi: una chiara strategia tecnico-vigilante nazionale e regionale indirizzata non alla soluzione più comoda per l’offerta anche se è la parte “pagante”, ma avviando una capillare azione domanda x domanda di mercato e di canale del consumatore finale.

Meno persone in ufficio e più nei luoghi di consumo. Il secondo punto riguarda un ritorno alle modalità e finalità di sostegno diretto del Mipaaf-Mise alla interprofessione riconosciuta per valorizzare la tutela, fare formazione, conoscenza e difesa del consumatore italiano oltre che a una nuova regolamentazione dell’Ocm-Ue per i mercati interni e per i mercati terzi.

Un grazie a Fabio Piccoli e a Carlo Flamini per avermi stimolato a intervenire nuovamente.

 

Vedi anche intervento
a RAI UNO Economia del 24 gennaio 2019

https://youtu.be/Xl3yft5TGo0

 

Giampietro Comolli
Newsfood.com

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

 

 

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