EMILIA ROMAGNA: ECONOMIA ALIMENTARE E NON SOLO – focus al 30 giugno 2019

5 Luglio 2019
ECONOMIA ITALIANA:
REGIONE EMILIA ROMAGNA UNO DEI MOTORI ECONOMICI NAZIONALI SEGNA UN RALLENTAMENTO INDUSTRIALE E CALO SIGNIFICATIVO DEL SISTEMA NEI PRIMI MESI DEL 2019 – AGROALIMENTARE STABILE, MODA-ABBIGLIAMENTO IN ROSSO – PRODUZIONE FERMA, MENO ORDINI, TENDENZA DA RIBALTARE PRIMA POSSIBILE – L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA PUO’ ESSERE UN AIUTO REGIONALE MA ANCHE AL BILANCIO DELLO STATO
Ovse-Ceves allarga gli orizzonti e punta ad analisi e indagini di interi territori nazionali (regioni o macroregioni) andando oltre al solo cibo e vino. Le recenti valutazioni e dati espressi dall’Union Camere Regione Emilia Romagna, con Confindustria e gli uffici analitici di Intesa San Paolo Banca sono molto eloquenti e meritano un ulteriore approfondimento e una discussione ampia, aperta, costruttiva.
I dati delle produzioni manifatturiere e dei consumi finali (pre estate e scorporati dai picchi dei flussi turistici della riviera) mostrano segnali di rallentamento, di blocco, di peggioramento a seconda dei settori, partendo anche dal comparto agroalimentare e da quello enogastronomico.
La prima riflessione mette in luce un clima di sfiducia crescente sia dalla parte della produzione industriale e non che sul versante dei consumi: in particolare fatturato e ordinativi sono in calo, anche con il benefico effetto della fatturazione telematica e dell’obbligo dello scontrino digitale (anche se per alcune categorie tutto parte dal 1° luglio). La seconda analisi è molto più importante perché illustra uno stato e una tendenza nazionale e un segnale molto pericoloso per tutto il settore manifatturiero e industriale nazionale.
Il credito alle famiglie è in crescita per tutti i parametri (prestiti e mutui) mentre presentano un forte calo tutti i prestiti, finanziamenti medio-lungo termine, crediti a breve verso il mondo industriale soprattutto per spese e investimenti in macchinari e in aggiornamento tecnologico scientifico e innovazione tecnica, anche in presenza delle straordinarie agevolazioni di ammortamento: l’industria è ferma, non punta a crescere, non vuole aumentare volumi e fatturati.
Causa il mercato interno non buono, ma con tutte le ampie prospettive offerte dal mercato globale e internazionale. In questo settore-comparto altre regioni o macroregioni o landers europei (Germania e Francia in testa) registrano una opposta tendenza: crescita di esportazione, di ordini, di prenotazioni. E i governi dei due paesi leader europei ( primo e terzo paese manifatturiero) non presentano leggi o decreti o norme recenti o sostegni fiscali e tributari aggiuntivi o superiori o diversi da quelli già presenti in Italia, a parte alcune regole sul cuneo fiscale, il credito agevolato e gli ammortamenti già in atto da circa 7-8 anni.
E’ giusto chiedere al governo italiano più impegno per la crescita, ma occorre che gli investimenti pubblici e privati italiani siano monitorati, siano indirizzati, siano leve economiche misurate e dirette ad azioni precise: è evidente che una crescita di stipendi e occupazione può far lievitare spese e consumi, di conseguenza il famoso Pil, uno degli strumenti fondamentali per ridurre il debito pubblico di bilancio, e forse anche il deficit accumulato.
L’indagine congiunturale dei primi mesi del 2019 di UnionCamere, Confindustria Banca Intesa San Paolo vede la moda e l’abbigliamento dell’Emilia Romagna in forte calo, stabili se non in frenata tutti i comparti industriali dell’alimentare, della metallurgia, delle lavorazioni meccaniche, in leggera crescita i settori mobili, attrezzature e strumenti elettrici, meglio la pura meccanica e bene il settore dei trasporti. Anche questi dati dimostrano che i consumatori regionali e nazionali sono molto dinamici, che le forniture elettriche e le utilities dei servizi sono necessari e richiesti, che la meccanica e la meccatronica regge bene l’andamento annuale. L’export c’è, ma lento, molto ridotto rispetto alle potenzialità e al valore aggiunto che esprime la Regione Emilia Romagna. Riflessione ancora più significativa visto che riguarda il fatturato di una delle 4 Regioni locomotiva dello Stato, una di quelle Regioni che con l’autonomia condizionata intende dare spazio e voce più ad una efficienza ed efficacia a tutti i sistemi operativi e gestionali regionali, quelli già in legge delega con l’aggiunta di quelli nuovi.
Una autonomia necessaria per far fronte alla congiuntura che anche l’Emilia Romagna segnala: la regione è un forte contribuente attivo al bilancio dello Stato che quindi permette una maggiore e più equa ridistribuzione anche alle regioni italiani meno forti, dinamiche e più in crisi. Se si blocca un motore di traino, ne risente tutta la nazione. Avere regioni autonome regolamentate che non distolgono un euro dal bilancio dello Stato ma riducono le spese, fanno più investimenti, danno più servizi, sviluppano un mercato del lavoro maggiore….può essere solo utile e più utile per le regioni più in crisi.
La rilevazione registra un rallentamento della dinamica produttiva delle piccole e medie imprese industriali dell’Emilia-Romagna (-0,7%) rispetto allo stesso periodo del 2018, cui aggiungere anche una ulteriore forte inversione di tendenza rispetto agli ultimi tre mesi del 2018 (+0,6%). Il valore delle vendite si è ridotto dello -0,5% rispetto al 2018, subendo un’inversione di tendenza rispetto al risultato del trimestre precedente (+1,3%), maggiore rispetto alla produzione. Da rimarcare anche la flessione tendenziale dell’acquisizione degli ordini, sia mercato interno che estero, del -1,9%: segnale molto negativo in prospettiva.
Anche gli ordini pervenuti dall’estero hanno subito un ulteriore peggioramento rispetto del trimestre precedente (-0,4%) con una tendenza ad una ulteriore flessione. Ma quello che allarma di più è la forte riduzione del grado di utilizzo degli impianti attestato al 76,3%, quando a fine 2018 era ad un livello del 77,8%. Ecco l’ultima considerazione importante: come il numero, la frequenza e l’importo di ogni scontrino del consumatore finale sono parametri indicativi e fondamentali per valutare fiducia, spesa, necessità del consumatore… così il grado di utilizzo, la innovazione, l’ammodernamento, l’ammortamento degli impianti industriali sono fattori basilari di una “rinuncia” volontaria e di una “autoriduzione” del mondo industriale. Segnale molto negativo.
Ma esiste una politica industriale italiana? Esiste una classe di industriali propensi al rischio? Queste sono le domande vere che si deducono dai numeri
Giampietro Comolli
Redazione Newsfood.com
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
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