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DIZIONARIO PER GLI SPUMANTI ITALIANI… IN LINGUA ITALIANA e glossario dei vini

DIZIONARIO PER GLI SPUMANTI ITALIANI… IN LINGUA ITALIANA e glossario dei vini

By Giuseppe

DIZIONARIO PER GLI SPUMANTI ITALIANI… IN LINGUA ITALIANA e glossario dei vini
GLI SPUMANTI ITALIANI MERITANO UN DIZIONARIO IN LINGUA ITALIANA – e un glossario per i nostri vini

 

SPUMANTI D’ITALIA: UN SUCCESSO E UNA CRESCITA QUALITATIVA CHE IMPONE UN LINGUAGGIO E TERMINI ITALIANI SEMPRE

BOLLICINE NON E’ CORRETTO, CHARMAT NEANCHE…

REMOUGE E DEGORGEMENT HANNO DELLE ALTERNATIVE?

PROVIAMOCI. UN TEMA PER LA NUOVA EDIZIONE DI… SPUMANTI D’ITALIA DEL 2020

L’Italia è il primo paese produttore al mondo di vini spumeggianti

L’Italia è il primo paese produttore al mondo di vini spumeggianti, è il primo esportatore nel mondo per volumi ma non per valore, è il primo paese al mondo per biodiversità viticola nelle vigne da cui si ottengono le uve per fare vini effervescenti, il primo paese per numero di etichette diverse per il solo comparto “delle bollicine enoiche”.
Già aggiungiamoci “enoiche” o altro, perché di bollicine si parla anche per altre e note bevande, anche concorrenti, per cui a qualcuno il termine “bollicine” tout court non piace: è svilente, è indefinito, è non identitario. Benissimo, ma che diciamo e facciamo?

Nel 2018 l’Italia ha prodotto 700 milioni di bottiglie di vini spumeggianti

Nel 2018 l’Italia ha prodotto 700 milioni di bottiglie di vini spumeggianti, ottenuti con presa di spuma quindi vuol dire che all’interno della bottiglia troviamo per fermentazione naturale una pressione minima di 5 atmosfere per legge, di cui 690.000 effettivamente consumate/stappate in Italia e nel Mondo, su una produzione mondiale di 2.780.000.000 di bottiglie, in crescita, con una Plv pari a 16 mld di euro all’origine. 
Il mercato italiano stappa 200 mln/bott cui aggiungere circa 6 mln/bott di importazione (per il 90% Champagne). Sempre nel 2018, nel mondo, hanno consumato/stappato circa 500 milioni di bottiglie. Esportiamo in 120 paesi, di cui 395 mln/bott dell’Universo Prosecco, 50 mln/bott Asti Docg, 2,5 mln/bott metodo tradizionale classico, 42,5 mln/bott di metodo italiano diversi Doc e VdT. 
Un valore all’origine in cantina di 1,6 mld/euro che al consumo finale, totale nel Mondo e in Italia, rappresenta un giro d’affari diretto di 6,1 mld/euro, stiamo parlando solo di bollicine, senza contare il valore aggiunto e l’indotto che si crea attorno ad un bottiglia di bollicine.www.ovse.org
Appunto il termine “bollicine” è sicuramente un diminutivo del valore del vino, come ha un significato al ribasso sempre parlare e scrivere di
“ottimo qualità/prezzo” dei vini italiani: facciamo due autogoal e gli altri ci battono in valore all’origine, valore commerciale, valore al consumo.
Il giro d’affari mondiale delle bollicine francesi, tutte, ammonta nel 2018 a 19,2 mld/euro. Innanzitutto occorre, per tutto il vino italiano, iniziare ad usare meglio, bene certi termini, introdurne dei nuovi più corrispondenti alla realtà. Lo dico ai produttori, ma soprattutto ai blogger, ai comunicatori, agli uffici stampa, alle persone ospitate in TV-Radio e sui giornali senza un konw how significativo.

Spesso il vino italiano è comunicato da improvvisati, da comunicatori provenienti da altri settori

Consiglio di iniziare ad usare un linguaggio moderno, nuovo, italiano, coerente con la nostra storia e i successi recenti:   parliamo di rapporto “identità/valore” perché esprime un parametro più ampio , completo e complesso che è la fotografia esatta del lavoro, impegno, territorio, vitigni che i produttori di vino fanno, compreso i vini spumeggianti. Niente Spumante o Spumanti, niente Bollicine, niente Talento, niente Charmat, niente Martinotti, niente Grosse Botti, niente Autoclavi…giustamente, sicuramente giusto.
Quindi ben venga Asti, Alta Langa, Alto Adige, Franciacorta, Trento, Monti Lessini, Prosecco, Cruasè,  Valdobbiadene e altre Dop-Igp dedicate esclusivamente alle “bollicine enoiche”… Ma che ne facciamo dei termini più o meno stranieri che ancora oggi, in pieno Rinascimento Spumeggiante Effervescente Tricolore (ricordo anche il successo di bollicine frizzanti intorno alle 3 atmosfere dentro la bottiglia come Lambrusco, Malvasia, Lessini Durello, Oltrepò Pavese…), vengono utilizzati anche dagli “ambasciatori” del buon bere italiano, come i sommelier, i baristi, i responsabili di cantina, i ristoratori, gli albergatori oltre che da comunicatori improvvisati che si inventano fake news su ogni alimento, bevanda, ricetta e piatto per “dire ognuno la sua”?
Per esempio: perlage, flute, giropallette, bidule, remouage, degorgement, bidule, demì,  millesimè, cremànt, pupitre, muselet, prise de mousse, cru, liqueur de tirage, liqueur de expedition, methode champenoise, sabrage…. tanto per citarne alcuni, sono i principali termini in lingua francese che monopolizzano il mercato, la notorietà, la conoscenza, lo stimolo all’acquisto e al consumo.
In poche parole “millesimato” è più figo che “vendemmia o vendemmiato”? Remouage è più qualificato di sboccatura? Liqueur ha un tono altisonante maggiore di sciroppo che fa aumentare il prezzo automaticamente? I francesi hanno quasi eliminato in etichetta il termine “methode champenoise” anche perché sollecitato da norme vincolanti, ma nello stesso tempo hanno intelligentemente preso gli antichi nomi  del Vecchio Testamento per dare un nome a tutti i formati di bottiglie: geniale, chapeau! E noi? 
Gli stessi inglesi, neofiti per modo di dire delle bollicine (NB: visto che i primi 70 anni di vita in bottiglia e di commercio sicuro dello Champagne lo si deve ai sudditi degli Stuart che sul Tamigi imbottigliavano e commercializzavano il vino che arrivava sfuso da Reims), da pochi anni producono il loro nuovo Champagne nelle vigne del Kent e Sussex, grazie ai francesi, ma usando solo termini della lingua di Albione.
Ma non abbiamo niente che il latino o l’italiano arcaico o lo Stil Novo o la prosa dantesca possa prestarci in modo univoco? Credo che  riprendere termini come lixivium (il mosto fiore), mulsum (mix di vini diversi), lora (vino giovane da fermentare), picatus (vino denso), ratiente (vino acidulo), aigleucos (vino spumante dolce ), acinatico (vino spumante secco rifermentato)… tanto per citarne alcuni, ma ad approfondire Columella, Plinio, Virgilio… diventano una fonte inesauribile, come anche i libri della Genesi.
Lo stesso dicasi per il nome proprio del metodo di produzione: solo noi italiani perseveriamo a dare un cognome di persona al nome di un metodo di produzione del vino, come l’ingegnere meccanico Charmat (francese) che buggerò e fregò l’enotecnico Martinotti (italiano). 
Un contributo importante nella ricerca, analisi, prova, valutazione dei termini e del loro uso linguistico e contenutistico internazionale, tradizionale e anche italiano, può venire da alcuni testi che sono pietre miliari della storia dei nomi del vino, per tema e per origine, grazie a degli autori curiosi, intelligenti e appassionati.
Per esempio, non in ordine di importanza, rammento: Il piacere del vino di Paola Gho e Giovanni Ruffa del 1993, Glossario del vino di Gino Veronelli del 1980, Tuttovino di Franco Tommaso Marchi del 1980, Découvrir le gout du vin di Emile Peynaud e Jacques Blouin del 1999, Le Guide du vin di Raymond Dumay del 1999, Dictionnaire du vin di Michel Dovaz del 1999 e Il dizionario dei termini del vino di Alessandro Masnaghetti del 2001.
Intanto ri-leggiamo (per chi li ha già letti, ma credo in molto  pochi) questi libri, riflettiamo e ne riparliamo “cum grano salis”, senza presunzione, senza eccessi di provincialismo e nazionalismo oscuro,  con quella giusta dose equilibrata e consapevole che tutti i grandi brand hanno una loro storia, uno storytelling e un livetelling, per presentarsi, per vivere nel tempo. Prima o poi qualcuno deve pensarci.

Giampietro Comolli

Redazione Newsfood.com
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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