Dall’acquacoltura il 50% del pesce d’Italia, ma la pesca è in crisi

28 Gennaio 2012
Cresce l’importanza dell’acquacoltura ed aumenta il peso della crisi economica.
Questi i temi principali della conferenza del presidente Federpesca Antonio La Rocca, nel suo intervento all’assemblea annuale dell’associazione.
Per cominciare l’acquacoltura che, con mitili e pesce d’allevamento copre il 50% della produzione nazionale. Tuttavia, tale buon risultato è controbilanciato dalla perdita di valore
della pesca tradizionale: in termini assolute, tale settore è sceso del 25% rispetto al 2006-011.
Per La Rocca, il problema principale è nei costi del gasolio, sempre meno sostenibili. La loro crescita ha due esiti, entrambi negativi.
Il primo, la scomparsa di una marina civile nazionale: nell’ultimo periodo, la flotta italiana ha perso tra il 25 ed il 30% degli occupati. Di conseguenza, cala anche il peso del settore:
nell’Unione Europea, l’Italia è al quinto posto, con una produzione annua di 466.000 tonnellate. Questo obbliga il Paese a ricorrere alle importazioni, ormai vicine al’80% del pesce
disponibile.
Il secondo, l’aumento dei prezzi della merce, che scoraggia l’azione del consumatore, spesso senza portare vantaggi diretti ai pescatori. Infatti, “Se il consumatore finale vede spesso
aumentare i prezzi dei prodotti ittici al banco di vendita, si può star pur certi che i nostri armatori non vedono un centesimo del valore aggiunto che si realizza lungo la filiera”.
Matteo Clerici