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Coldiretti: «balza in alto anche il grano, 5% in un giorno»

By Redazione

Dopo il record del petrolio torna a salire anche il prezzo del grano che fa registrare un balzo verso l’alto del 5 per cento in un solo giorno per chiudere a circa 0,29 Euro al chilo al Chicago
Board of Trade, che rappresenta il punto di riferimento del commercio internazionale delle materie prime agricole.

Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che l’ultimo prezzo del grano è stato fissato per bushel (pari a 27,2 chili) a 11,63 dollari per i future con consegna a maggio.

Una tendenza al rialzo di cui non beneficiano certamente gli agricoltori italiani che – precisa la Coldiretti – hanno già raccolto e venduto da tempo il grano mentre sono costretti in
questo periodo ad affrontare costi di produzione per la sua coltivazione stimati in aumento del 9,27 per cento rispetto allo scorso anno, sulla base dei dati Ismea riferiti a gennaio.

L’andamento delle quotazioni delle materie prime come il grano è – sottolinea la Coldiretti – fortemente condizionato dalle speculazioni internazionali che si spostano con
facilità dai mercati finanziari in difficoltà a quelli delle commodities. Ad influenzare le quotazioni – riferisce la Coldiretti – sono le informazioni sugli effetti negativi del
maltempo sulle potenzialità produttive in diverse parti del mondo, dal Canada all’Argentina fino all’India mentre si registra una richiesta senza precedenti di prodotti agricoli da parte
di Paesi in rapido sviluppo come Cina ed India.

I rialzi secondo gli operatori non influenzeranno a breve il mercato al consumo poiché le grandi multinazionali americane come Kellogg, General Mills e Kraft si sono garantite con
contratti di fornitura di lungo periodo, mentre per l’Unione Europea l’effetto – sottolinea la Coldiretti – risulta contenuto dai valori record dei tassi di cambio tra l’euro e il dollaro,
anche se l’aumento del petrolio influenza il costo dei trasporti.

Peraltro in Italia il prezzo di pane al consumo dipende – conclude la Coldiretti – solo in minima parte da quello del grano, che incide appena per il 10 per cento sul valore finale di vendita e
dunque nella forbice dei prezzi dal grano al pane c’è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori e a tutte le componenti della
filiera senza aggravare i bilanci delle famiglie con conseguenze negative per i consumi con gli acquisti familiari che sono calati del 6,3 per cento per il pane in un anno.

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