Castagne a rischio: crolla la produzione
9 Ottobre 2007
Per le castagne italiane sarà un’annata nera, c’è il fondato rischio di un taglio del 30-50 per cento per la produzione nazionale, la causa: l’andamento anomalo del clima, in
particolare la siccità, e il diffondersi del “cinipide galligeno” (un insetto, importato anni fa dall’estremo Oriente), che stanno mettendo a serio rischio uno dei frutti simboli
dell’autunno.
A lanciare il grido di allarme è la Cia-Confederazione italiana agricoltori, la quale sottolinea che gravi danni si registrano in zone fortemente vocate, come il Cuneese, i Monti Cimini
e l’Avellinese.
Nel Cuneese -avverte la Cia- la situazione è preoccupante. Si aggira attorno al 30 per cento il calo della produzione di castagne. E proprio il “cinipide”, che da tempo minaccia i
castagneti, è stato il motivo principale. Scenario simile è quello dei Monti Cimini, con l’aggravante che in questa zona al taglio produttivo ha contribuito anche la
scarsità di pioggia e il clima molto caldo degli ultimi mesi.
Per questa ragione la Cia sollecita interventi per fronteggiare le conseguenze provocate dall’attacco di questi insetti che possono assumere dimensioni rilevanti.
Le misure e le azioni messe in atto dal governo nazionale e dalle Regioni interessate -avverte la Cia- non hanno prodotto, allo stato attuale, risultati soddisfacenti. Pertanto, è
necessario istituire al più presto un Tavolo nazionale sull'”emergenza cinipide” che veda impegnato il governo, attraverso il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali,
le Regioni interessate al problema, le Istituzioni scientifiche e le organizzazioni professionali agricole. Compito del Tavolo deve essere, in primo luogo, il coordinamento delle
attività di ricerca per definire i metodi di lotta, concentrandosi soprattutto su quella biologica basata sugli insetti antagonisti.
Secondo la Cia, occorre, inoltre, una forte iniziativa di informazione, divulgazione ed orientamento del sistema, mentre considera indispensabile il coinvolgimento e la partecipazione attiva
dei castanicoltori e delle loro associazioni.
Allarma anche lo scenario della castanicoltura dell’Avellinese, soprattutto nella zona del Serino e di Montella, dove il calo produttivo supera il 50 per cento. Le cause, in questo caso, non
risiedono nell’attacco del “cinipide”, che ancora non è giunto in tale zona, ma nella combinazione tra la forte siccità (nello scorso inverno non ha nevicato e le piogge sono
state scarse) e la diffusione di funghi patogeni. A tale proposito c’è da ricordare che i produttori hanno chiesto lo stato di calamità alla Regione Campania che ha avviato i
relativi accertamenti.
La Cia sottolinea che l’Italia è il maggior produttore di castagne in Europa, seguita da Spagna, Portogallo e Grecia. Il nostro Paese copre più del 15 per cento della produzione
mondiale, mentre Cina, Corea del Sud e Turchia, ne coprono complessivamente quasi il 60 per cento. La produzione media di castagne e marroni degli ultimi 20 anni in Italia va dalle 50 mila alle
70 mila tonnellate.
Conseguenze del calo produttivo -rileva la Cia- si avranno anche sul prezzo finale, destinato a lievitare, del prodotto fresco e dei dolci a base di castagne. Infatti, l’industria dolciaria
assorbe ogni anno oltre 7.500 tonnellate di produzione castanicola.
Occorre, quindi, per la Cia, un chiaro impegno del governo e delle Regioni anche per il reperimento di adeguate risorse, finalizzate al rimborso dei danni e al sostegno per la perdita di
reddito dei produttori.