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Bibite di fantasia: un’altra occasione persa

Bibite di fantasia: un’altra occasione persa

By Redazione

La rete è in questi giorni affollata da messaggi relativi alle “bibite spazzatura”, argomento non nuovo in verità, ma che ha trovato un rilancio grazie alla Legge comunitaria 2007, all’articolo 9, infatti, si legge:

Art. 9 (Modifiche alla legge 3 aprile 1961, n. 286, recante la Disciplina delle bevande analcoliche vendute con denominazione di fantasia)

1. L’articolo 1 della legge 3 aprile 1961, n. 286, è abrogato.

Vediamo allora cosa dice l’articolo abrogato:

L. 3.4.61 n. 286 – Art. 1

Le bevande analcoliche vendute con denominazioni di fantasia, il cui gusto ed aroma fondamentale deriva dal loro contenuto di essenze di agrumi, o di paste aromatizzanti di agrumi, non possono essere colorate se non contengono anche succo di agrumi in misura non inferiore al 12 per cento.

Non è la prima volta che la normativa sulle bibite di fantasia attira l’attenzione della cronaca.

Se ben ricordiamo, già alcuni anni or sono nacquero dei problemi legati, allora, alla raffigurazione dei frutti in etichetta. In una circolare del Ministero delle Attività Produttive (n. 168 del 10.11.03) si leggeva:

Bevande di fantasia al gusto di frutta.

E’ chiarito che le bibite aventi un contenuto di succo di frutta inferiore al 12% possono venire identificate da nomi di fantasia e da ulteriori diciture indicative del gusto (“al gusto di?”, “al sapore di..”, ?). Tali diciture (es. “bevanda analcolica”/”bevanda analcolica al gusto di limone”) non si riferiscono, in effetti, al frutto di per sé (come invece, a es. , “limonata”). E’ peraltro consentita l’indicazione volontaria della percentuale del succo. Si ritiene infine abrogato il divieto, per le confezioni di tali bevande, di avere forma o colore né portare figure o indicazioni che facciano comunque riferimento a frutta, piante o loro parti.

Le rimostranze furono immediate: sembrava trattarsi della possibilità di raffigurare in etichetta un ingrediente (frutto), senza che tale ingrediente fosse in realtà presente.

Effettivamente il testo era poco chiaro, tanto che, alcuni mesi dopo (Circ. MI.A.P. n. 168 bis del 25.3.04), fu aggiustato il tiro:

Le bevande di fantasia di cui all’art. 7 del D.P.R. 19.5.58, n. 719, devono essere prodotte in conformità alle disposizioni di detto decreto. Conseguentemente possono essere preparate con o senza aggiunta di succo di frutta, in quantità inferiore al 12% e devono essere presentate con denominazione di vendita e modalità tali da non creare confusione con le bevande di cui all’art. 4.

Dette bevande vengono poste in vendita, anche se provenienti da altri Stati membri, nel rispetto delle disposizioni previste dal Decr. MINISAN 27.2.96, n. 209 e di quelle previste dal D. L.vo 27.1.92, n. 109.

A questo punto, è inevitabile arrivare al D.P.R. 19.5.58 n. 719 (Regolamento per la disciplina igienica della produzione e del commercio delle acque gassate e delle bibite analcooliche gassate e non gassate confezionate in recipienti chiusi):

Art. 4

Le bibite analcoliche, vendute con il nome di uno o più frutta a succo (quali l’uva, l’arancio, il limone, il mandarino, la ciliegia, il lampone, la pesca e simili) o recanti denominazioni che a tali frutta si richiamino, debbono essere preparate con il succo naturale concentrato o liofilizzato o sciroppato del frutto o delle frutta di cui alla denominazione.

Le bibite analcoliche preparate con il succo di più specie di frutta debbono riportare sulle etichette i nomi delle relative frutta.

L’aggiunta, senza obbligo di specificazione di succhi, di estratti o di essenze naturali provenienti da agrumi diversi da quello di cui alla denominazione, è consentita soltanto alle bibite analcoliche preparate con succo di arancio o limone o mandarino.

È consentita l’aggiunta di estratti o essenze naturali provenienti da altre parti delle frutta impiegate nella preparazione.

Le bibite di cui al presente articolo debbono avere, per ogni 100 cc., un contenuto di succo naturale non inferiore a gr 12 o della quantità equivalente di succo concentrato o liofilizzato o sciroppato. La percentuale complessiva del succo contenuto deve essere riportata sulla etichetta. (Comma così modif. da D.P.R. 2.8.04 n. 230)

Art. 7

Le bibite analcoliche vendute con denominazioni di fantasia, o comunque diverse da quelle previste nei precedenti artt. 4, 5 e 6, debbono rispondere alle disposizioni di carattere generale del presente regolamento.

Dunque:

– sin dal 1958 (almeno) esistono le “bibite analcoliche vendute con denominazioni di fantasia”;

– esse sono ben distinte dalle altre categorie di bibite “vendute con il nome di uno o più frutta a succo”;

– poiché le “bibite di fantasia” possono essere preparate anche senza frutta, non ha molto senso fare riferimento al valore del 12 %, che invece è esplicitamente richiesto per le bibite dell’art. 4;

– la circolare n. 168 precisa, correttamente, che nel caso delle bibite di fantasia, la denominazione di vendita, qualora faccia riferimento al frutto, deve utilizzare menzioni tali (“al gusto di?”, “al sapore di..”, ?) da non essere confuse con quelle cui hanno diritto esclusivo le bevande dell’art. 4;

– infine, il richiamo al D.to Leg.vo 109/92 presente nella circolare n. 168 bis, serve a risolvere le ambiguità dell’ultima frase della circolare precedente ( Si ritiene infine abrogato il divieto, per le confezioni di tali bevande, di avere forma o colore né portare figure o indicazioni che facciano comunque riferimento a frutta, piante o loro parti.). Come è noto, infatti, l’articolo 8 del 109/92 prevede l’obbligo di indicare la quantità di un ingrediente “qualora l’ingrediente ?sia messo in rilievo nell’etichettatura con parole, immagini o
rappresentazione grafica”.

Quindi, concludendo, se nella bibita di fantasia non c’è traccia di arance, non è possibile raffigurare tale frutto in immagine, né utilizzare denominazioni ingannevoli (bibita all’arancia = NO; bibita al gusto di arancia= SI’), in quanto si sarebbe poi costretti ad indicare non solo la presenza, ma addirittura la quantità di un ingrediente che in realtà non c’é.

Certo, il ragionamento è un pochino complesso per i non addetti ai lavori, ma, appunto, non sarebbe stato meglio, magari dopo aver gridato allo scandalo, fornire qualche elemento utile a capire? Nessuno lo fece, perdendo così una buona occasione di informare i consumatori fornendo loro elementi oggettivi di giudizio.

L’argomento offerto dalla Comunitaria 2007 è piuttosto diverso, in quanto la norma del 1961 fissava vincoli non sorretti dalla normativa europea e perciò applicabili soltanto agli operatori italiani sul nostro mercato e non anche agli altri operatori della UE (né, quindi, alle loro “bibite di fantasia” importate in Italia).

Si legge infatti, nella Relazione al Disegno di Legge:

L’articolo 9 contiene l’abrogazione dell’articolo 1 della legge 3 aprile 1961, n. 286 recante “Disciplina delle bevande analcoliche vendute con denominazione di fantasia”. Il suddetto articolo prevede il divieto di impiego di coloranti per alcune tipologie di bevande; esso risulta in contrasto con le disposizioni comunitarie in materia di additivi e coloranti, già recepite nel nostro ordinamento con il decreto ministeriale 27 febbraio 1996, n. 209, sulla disciplina dell’impiego di coloranti, edulcoranti ed additivi diversi dai coloranti e dagli edulcoranti nei prodotti alimentari (di cui alle direttive 94/84/ CE, 94/35/CE, 94/36/CE, 95/2/CE, 95/31/CE). Tale disposizione, non essendo stata abrogata esplicitamente da una norma di rango primario, determina: una ingiustificata discriminazione per i produttori nazionali rispetto agli operatori degli altri Paesi; un freno alla competitività delle imprese italiane, nonché confusione degli organi di vigilanza e conseguenti difficoltà ed oneri sulle imprese.

Non abbiamo però trovato queste osservazioni (né tantomeno un accenno alla normativa vigente) in nessuno degli articoli che abbiamo letto, ove, al contrario, si parla di “mancanza di trasparenza dell’informazione su cibi e bevande” e di “via libera a bibite che contengono sopratutto zucchero, aromi e coloranti invece della frutta vera, con un inganno all’insaputa dei consumatori” i quali, proprio per evitare di essere ingannati, avrebbero il diritto di essere informati correttamente e completamente soprattutto da chi si prefigge di tutelarli.

Un’altra occasione persa.

Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare

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