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Ancona: Presentato il libro “Stoccafissando, storia d’amore anconitana”

By Redazione

Per chi non ama i soliti libri di cucina ma ama comunque il buon mangiare, ancor più se legato a tradizione e cultura, è stato editato “Stoccafissando storia
d’amore anconitana”, l’ultimo lavoro di Bruno Bravetti.

L’autore, giornalista e presidente dell’Accademia dello stoccafisso all’anconitana, ha voluto raccontare, in tono leggero e spigliato, il forte e singolare legame
esistente tra Ancona e lo stoccafisso.

“La nostra è una città nata sul mare e per il mare, gli anconitani hanno una storica perizia nella pesca, amano mangiare il pesce e lo cucinano benissimo –
spiega l’autore -. E’ proprio partendo da questa consapevolezza che numerosi scrittori e giornalisti, scoprendo Ancona e il suo stocco, scrivono di paradosso gastronomico!
Come è possibile, si chiedono, che gli anconitani che sono immersi al centro del generoso Adriatico, abbiano eletto a Re della propria tavola lo stoccafisso, un pesce pescato nel
mare del grande Nord?

E’ attorno a questo apparente paradosso che ho lavorato – prosegue Bravetti -. Con i piedi ben piantati nella nostra città, nella sua storia, nella sua cultura, ho
sollevato lo sguardo sull’Adriatico e sul Mediterraneo, sull’Europa e, con una cavalcata che parte dal 1431 quando il mercante veneziano Piero Querini, naufragando a
nord-ovest della Norvegia, scoprì lo stoccafisso ho cercato di ricostruire il legame, culturale e sociale fra gli anconitani e lo stoccafisso”.

Il testo (136 pagine, 15 euro in libreria o http://www.accademiadellostoccafisso.com) scivola veloce tra vicende storiche, migrazioni di popoli, racconti di personaggi con un escamotage: il
piatto della tradizione da fine conoscitivo diventa strumento narrativo, lo scenario, il palcoscenico sul quale c’è Ancona con i suoi colori ed i suoi sapori.

E su questo palcoscenico svetta, appunto, il nostro piatto della tradizione che è armonia tra il pesce essiccato del mare del grande Nord e le persistenze alimentari
dell’Adriatico. “Un piatto che racconta la storia di più generazioni – spiega ancora Bravetti -, la pazienza, l’amore e la perizia delle donne e degli
uomini che lo hanno sperimentato, affinato nei secoli fino a farlo essere quello che noi tutti amiamo! E’ uno dei segni e dei simboli della città, è un piatto unico
e insuperabile, è insieme tradizione e modernità”.

Ed a parte qualche consiglio per cucinarlo, che poi sono i dettami posti dall’Accademia affinchè i ristoratori che lo propongono possano fregiarsi della tipicità, il
testo non contiene la ricetta esplicitamente elencata: il lettore dovrà dedurla dal contesto, dalle curiosità degli chef, dalle note storiche…perché, a parte
poche regole (le canne sul fondo del tegame, il Verdicchio per bagnarlo ed il mazzetto di erbe aromatiche completo e la lunga cottura) cucinarlo è un atto d’amore,
all’anconitana.

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