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Abbronzati da morire. Il caso della tanoressia

Abbronzati da morire. Il caso della tanoressia

By Redazione

L’ estate porta numerosi vantaggi, tra cui quello di potersi “dorare” al sole.

Ma esiste anche il rischio di esagerare; e quando rischio diventa non solo una realtà, ma anche un ossessione si parla di tanoressia.

Il termine è stato coniato dall’ Università del Texas ed è formato dall’ unione delle parole anoressia e tanning (abbronzatura, in inglese) ed indica un particolare
disturbo dovuta all’ errata percezione del proprio corpo.

Gli affetti da tale disturbo, spiegano gli psicologi, non si vedono mai abbastanza bruniti: essi arrivano a dipendere patologicamente dall’ abbronzatura, in modo simile a quanto accade con i
“palestra-dipendenti” o ai bulimici.

Secondo una ricerca medica su circa 4000 soggetti, il tanoressico-tipo ha precise caratteristiche: sesso femminile, età tra i 16 ed i 40 anni, prevalentemente residente al nord e
disidratata a causa dell’eccessiva esposizione al sole e di una dieta errata.

Particolarmente colpiti i soggetti più giovani: secondo alcune stime, il 20% dei giovani tra i 13 e i 19 anni è colpito da tale malattia psichica.

Oltre alle conseguenze sociali, la tanoressia può provocare gravi problemi fisici: i dermatologi sottolineano come la continua esposizione ai raggi UVA (sia al naturale, che nel
solarium) può provocare nei, rughe e (nei casi più gravi) melanomi.

Ma il problema di un cattivo rapporto con la doratura della pelle non riguarda solo i tanoressici.

Un indagine condotta dal Gifde (Gruppo italiano di fotodermatologia) e dalla Sidev ( Societa’ italiana di dermatologie e venereologia) rivela come il 29% degli italiani (praticamente 3 soggetti
su 10) non ritengano necessario proteggersi adeguatamente durante la tintarella.

Per gli autori dell’ indagine ciò può essere dovuto ad una sottovalutazione del ruolo dei prodotti per la protezione.

A riguardo, ecco la spiegazione di Giuseppe Monfrecola, coordinatore del Gifde e docente all’universita’ Federico II di Napoli: “I prodotti solari rivestono un ruolo preventivo cosi’
importante da indurci a sperare che anche in Italia, come gia’ avviene negli Usa, possano un giorno essere considerati non semplici cosmetici ma veri e propri farmaci”
. Ovviamente da
banco.

Spostare i prodotti solari dalla sfera dei cosmetici a quella dei farmaci, ha proseguito Monfrecola, ”comporterebbe vantaggi per il consumatore (non solo efficacia e sicurezza ma anche
trasparenza, con l’elenco di indicazioni e controindicazioni) e abbatterebbe il pregiudizio della classe medica”.

Aspetti legislativi a parte, comunque, la cosa certa e’ che la qualità dei filtri solari ”va migliorata parallelamente ai cambiamenti sociali (più tempo passato al chiuso,
mito dell’abbronzatura e vacanze mordi e fuggi con esposizioni intense e saltuarie in aree spesso tropicali)”
.

Esistono diversi prodotti di protezione contro le intemperanze del sole, adatti a qualunque tipo di pelle (dalla più sensibile alla più “rude”) ed in grado di difendere da
qualunque tipo di sole, da quello “moderato” delle nostre latitudini a quello rovente tipico dei Paesi tropicali: per favore, usateli.

L’abbronzatura deve essere un piacere, non un rischio.

Matteo Clerici.

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