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Riflessione di Carlo Petrini sulle cene e i pranzi natalizi: Ricordiamoci di mangiare Bene e Sano (anche a Natale)

Riflessione di Carlo Petrini sulle cene e i pranzi natalizi: Ricordiamoci di mangiare Bene e Sano (anche a Natale)

By Giuseppe

Carlo Petrini

“Il cibo non è soltanto memoria di una società ma è anche uno specchio con la quale ognuno di noi si rapporta con gli altri e se stesso: dimmi come festeggi a tavola e ti dirò chi sei”.

In questo modo si possono riassumere le parole e le riflessioni, che come al solito si caratterizzano per una grande lucidità di pensiero, che Carlo Petrini, Presidente ed animatore di Slow Food, ha scritto nell’articolo “Lo spirito giusto? Evitare gli sprechi”, apparso a pag. 41 de “La Repubblica” di giovedì 11 dicembre. Il pezzo mette al centro della sua analisi il “perché le feste sono sempre più diventate una sorta di scorciatoia per enormi mangiate pantagrueliche, in cui invece di socializzare e di stare assieme, si rischia di mangiare male e di stare peggio in termini di salute”.

Le “colpe”, sottolinea Petrini, vanno ricercate nella “società dei consumi e degli eccessi”, il modello imperante almeno da circa 60-70 anni nel mondo Occidentale e che non pare essere stato scalfito più di tanto dalla perdurante crisi economica mondiale. “Se guardiamo al Natale è però evidente come la celebrazione sia collettivamente sfociata in una scialba parodia consumistica di ciò che la festa religiosa rappresenta in origine. Questo scivolamento è anche simbolo del degrado dei rapporti interpersonali” afferma Petrini e lo afferma da posizione di “genuino agnosticismo”, quindi con una valenza intellettuale ben maggiore: non fondate sulla fede cioè, bensì sulla speculazione intellettuale. 

Ogni tipo di religione, società o gruppo ha scandito i momenti più importanti del proprio calendario con il cibo; il mangiare è stato, sin dagli albori dell’umanità, oltre che “mezzo di sostentamento” anche “veicolo sociale”.

I cacciatori primitivi celebravano feste all’anima del Mammut appena abbattuto, disegnandone i contorni sulle pareti delle caverne e poi si pascevano della sua carne, in modo tale che lo spirito indomito del gigantesco mammifero li accompagnasse e gli desse forza nelle loro difficili vite.  E invece noi, uomini del terzo millennio, “nativi digitali” di un mondo molto meno vecchio di quello che crediamo, abbiamo dimenticato persino i perché delle feste e delle presunte tradizioni che celebriamo con tanto sfarzo.

Petrini non ci ammonisce, piuttosto ricorda, sulla scia del dibattito fatto con Enzo Bianchi durante la recente “Repubblica delle idee” di Reggio Emilia, come occorra maggiore sobrietà nel festeggiare, perché il Natale, la Pasqua o qualsiasi altra festività religioso/sociale non è un mero party, ma qualcosa di più. In tutti i momenti difficili, durante le guerre o le deportazioni, uomini e donne “si sono anche scambiate ricette, consigli culinari e ricordi delle nonne.

Pranzo di NatalePerché cucinare vuol dire pure ricordare e tentare di fare un timballo come quello della nonna significa anche riannodare il filo della propria memoria, intima e collettiva”.

Quando questo Natale tutti noi siederemo a tavola, durante la cena della vigilia, in mezzo a capitoni e agrifogli, oppure durante il pranzo, tra tortellini in brodo e palline multicolori, ricordiamoci, almeno per un attimo, che saremo assieme “spettatori e attori” di una cerimonia millenaria, un atto di memoria che affonda le sue ragioni nei secoli, molto più a fondo insomma di qualsiasi coltello intento a tagliare un’ala di tacchino arrosto.

Mattia Nesto
Newsfood.com

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