UN’EUROPA DA RIORDINARE … prende più di quello che ci dà, e ci bacchetta

15 Dicembre 2018
Sabato, 15 Dicembre 2018
Subject: QN IL GIORNO pag. 31 · 15-12-2018 «UN’EUROPA DA RIORDINARE»
di Achille Colombo Clerici
L’Italia e’ una delle nazioni fondatrici della U.E. e, fra i 27 Paesi membri, e’ il terzo contributore netto dell’Unione, dopo Germania e Francia; cioe’ un importante finanziatore del bilancio comunitario. Secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato, complessivamente dal 2000 al 2016 all’Europa abbiamo versato 230 miliardi e 675 milioni di euro e ne abbiamo incassati 162,3 miliardi per programmi europei. In pratica per l’Italia i costi dell’Europa sono stati pari a 68 miliardi e 345 milioni: più di 4 miliardi l’anno. Ma, va detto, che i calcoli dell’UE, pur confermando l’Italia contributore netto, riducono di molto tale squilibrio.
Parte di questo esborso va al mantenimento dell’immensa macchina amministrativa (decine e decine di migliaia di dipendenti) dell’Unione europea che nel 2016 è costata 9,2 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (57,8%) destinati a far funzionare la Commissione Europea.
Possiamo anche comprendere l’entità dell’apparato che governa un continente. Ma se andiamo a vedere il quadro della collocazione delle sedi istituzionali dell’Unione, rimaniamo sconcertati.
Il Parlamento Europeo opera a Bruxelles e Strasburgo, un duplicato illogico; il Consiglio dell’Unione europea ha sede a Bruxelles come pure la Commissione Europea; la Corte di Giustizia con annesso Tribunale a Lussemburgo; la Banca Centrale Europea a Francoforte.
Si aggiungano le 30 Agenzie europee – organi indipendenti, specializzati e decentralizzati che hanno lo scopo di fornire consulenza alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri – suddivise tra i vari Paesi dell’Unione che vedono l’Italia ospitarne soltanto due, come il Portogallo: In Francia le Agenzie sono 4, in Olanda e Spagna 3, per citare. Mentre le Autorità di vigilanza, tre, sono andate a Francia (l’Eba traslocherà da Londra a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’UE) e Germania.
Non solo abbiamo perso un enorme e continuo indotto finanziario, ma abbiamo anche perso gran parte delle possibilita’ di influenza culturale sull’Europa. La nostra, sic stantibus rebus, sara’ sempre più marginale, da periferia culturale del Continente.
E’ una delle conseguenze di una impostazione miope, prima, e del passaggio graduale del potere politico dalla Commissione al Consiglio, poi. Ma e’ proprio la Commissione Europea che dovrebbe affrontare tale questione di fondo dell’Unione, senza pensare di affidarla al consesso dei governi degli stati membri, che si esprimono secondo l’umore politico del momento, come e’ avvenuto nel caso Ema.
Puo’ mai l’Europa pensare di andare avanti con questa impostazione ?
Achille Colombo Clerici
Fonte: Istituto Europa Asia
per Newsfood.com
Elaborazione grafica di MG Marketing
Statistiche sui funzionari europei: quanti sono, stipendi, ferie, indennità aggiuntive, tassazione agevolata, pensione…
… povera Italia, poveri Italiani
Nel 2010 la Commissione impiegava 25.018 persone, di cui 12.931 compresi nella categoria AD e 12.087 nella categoria AST. A questi si aggiungono 7.122 “esterni” (agenti a contratto, funzionari nazionali distaccati, ecc.)[3].
Le DG che occupano più personale sono il Servizio traduzione (2.427 dipendenti) e il Centro Comune di Ricerca (2.243 dipendenti).
I funzionari e dipendenti della Commissione provengono da tutti gli stati membri. La nazionalità complessivamente più rappresentata è quella belga (19,5% del totale), soprattutto grazie al fatto che circa il 30% dei dipendenti di categoria AST è belga; ciò si spiega con il fatto che i tre quarti dei dipendenti della Commissione lavorano in Belgio. Tra i dipendenti di categoria AD, le nazionalità più rappresentate sono quella francese (1.444 persone) e quella tedesca (1.375 persone). Sono italiani 1.225 dipendenti di categoria AD e 1.348 dipendenti di categoria AST (10,2% del totale dei dipendenti della Commissione). Generalmente le nazionalità che sono sotto-rappresentate sul totale dei dipendenti esprimono tuttavia un numero significativo di funzionari di alto livello[4].
Anche se gran parte delle attività della Commissione si svolge a Bruxelles e in parte minore a Lussemburgo, vi sono dipendenti della Commissione in tutti gli stati membri. In Italia lavorano 1.025 dipendenti della Commissione, appartenenti in larga parte alla sede di Ispra del Centro Comune di Ricerca.
Le donne rappresentano il 51,9% dei dipendenti della Commissione, contro il 48,1% degli uomini. In media le dipendenti donne sono più giovani e sono state assunte più di recente, in gran parte dagli anni Novanta in poi. Tuttavia le donne costituiscono solo il 39,4% dei dipendenti di categoria AD e sui 37 direttori generali solo 3 sono donne. In ogni caso, il numero di donne impiegate dalla Commissione con funzioni dirigenziali è cinque volte più grande oggi di quindici anni fa; l’obiettivo della Commissione è portare al 25% la quota di donne nei posti di categoria AD 14- AD 16 e al 30% quella nei posti AD 9- AD 13 entro il 2014[5].
Condizioni lavorative
Con le modifiche allo Statuto dei funzionari delle istituzioni europee entrate in vigore il 1º gennaio 2014 tutti dipendenti delle Istituzioni comunitarie, incluso quelli della Commissione, lavorano un minimo di 40 ore alla settimana e dispongono di almeno 24 giorni di ferie all’anno.
Gli stipendi base sono compresi tra i 2.300€ al mese per un dipendente AST appena assunto ai circa 16.000€ al mese per un funzionario di massimo livello con oltre quattro anni di anzianità[6]. Come nel caso di molte organizzazioni internazionali, i salari sono sottoposti ad un sistema di tassazione diverso da quello del paese in cui i funzionari svolgono le proprie mansioni; le tasse variano dall’8% al 45% e contribuiscono al bilancio dell’UE. Agli stipendi base possono aggiungersi varie indennità, riconosciute ad esempio a chi ha dovuto lasciare il proprio paese di origine per lavorare alla Commissione, e assegni familiari.
I dipendenti della Commissione versano il 2% dello stipendio base per l’assicurazione sanitaria e il 10,3% circa per la pensione; attualmente è dovuto un ulteriore contributo cosiddetto “di solidarietà”, del 6-7%. La pensione di anzianità viene ottenuta di norma a 63 anni, anche se sono possibili pre-pensionamenti (con riduzione dell’assegno di pensione) a 58 anni e pensionamenti posticipati a 67 o, in via eccezionale, a 70 anni. L’ammontare massimo della pensione di anzianità è pari al 70% dell’ultimo stipendio base … (Leggi tutto)
Redazione Newsfood.com