Studio rivela il segreto delle proteine adesive della malaria grave
6 Ottobre 2007
Uno studio condotto da scienziati svedesi e ugandesi ha gettato nuova luce sul modo in cui le proteine «adesive» prodotte dal parassita della malaria scatenano casi particolarmente
gravi della malattia.
La ricerca, finanziata in parte dall’Unione europea, è stato pubblicata on line dalla rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences» (PNAS).
La malaria è causata da un parassita chiamato Plasmodium falciparum, trasmesso dalle zanzare. I parassiti stazionano per un breve periodo nel fegato dell’essere umano ospitante, quindi
si immettono nel flusso sanguigno, dove contagiano i globuli rossi.
È qui che producono una proteina chiamata PfEMP1 (P. falciparum erythrocyte membrane protein-1), che si stacca dai globuli rossi ed è in grado di legarsi a recettori presenti in
altre cellule ematiche e sulle pareti dei vasi sanguigni. Tali proteine, quindi, agiscono come una colla tra le cellule ematiche che si attaccano tra loro e aderiscono alle pareti dei vasi
sanguigni.
I casi gravi di malaria si verificano quando un elevato numero di vasi sanguigni si agglutinano ostruendo il flusso sanguigno diretto verso organi vitali come il cervello e i polmoni. Tra i
sintomi della malaria grave figurano l’anemia, disturbi respiratori e l’encefalopatia.
Secondo il professor Mats Wahlgren del Karolinska Institute, che ha condotto la ricerca, in media circa il 10% di coloro che soffrono di malaria sviluppa la forma grave della malattia, anche se
questo dato si rivela superiore in alcuni gruppi, per esempio nei bambini molto piccoli. L’Organizzazione mondiale della sanità afferma che la malaria uccide un bambino ogni 30 secondi.
In quest’ultimo studio, i ricercatori hanno osservato le proteine «adesive» PfEMP1 prodotte dai parassiti prelevati da bambini ugandesi affetti da malaria, alcuni dei quali colpiti
dalla forma grave della patologia.
Gli scienziati sono riusciti a individuare le parti della proteina che le permettono di legarsi più saldamente ai recettori nei vasi sanguigni, rendendola effettivamente
«più adesiva». Inoltre, tali parti «adesive» della proteina erano più comuni nelle proteine prodotte dai parassiti prelevati dai bambini affetti da malaria
grave.
Gli scienziati adesso stanno applicando le loro nuove conoscenze allo sviluppo di un vaccino contro la malattia.
«Non esistono ancora vaccini che possano prevenire lo sviluppo della malaria e curare le persone gravemente contagiate», ha dichiarato il professor Wahlgren. «Ora abbiamo
scoperto una struttura che può essere utilizzata per un vaccino che potrebbe aiutare questi soggetti.»
L’équipe del professor Wahlgren ha già sviluppato un prototipo del vaccino che simula la forma maggiormente adesiva della proteina PfEMP1. Esperimenti sugli animali hanno
dimostrato che è efficace nel prevenire che i globuli rossi contagiati diventino «adesivi» e scatenino così i sintomi associati alla malaria grave.
La ricerca è stata sostenuta con risorse dell’Unione europea nell’ambito del progetto BioMalPar («Biologia e patologia del parassita della malaria»), finanziato a titolo
dell’area tematica «Scienze della vita, genomica e biotecnologie per la salute» del Sesto programma quadro.
Un anno fa l’équipe del professor Wahlgren ha annunciato lo sviluppo di un potenziale nuovo farmaco contro la malaria grave chiamato dGAG (glicosaminoglicano depolimerizzato). Da
sperimentazioni condotte su topi e primati è emerso che il dGAG è efficace nell’arrestare il processo che consente ai globuli rossi infetti di diventare «adesivi» e
nel disgregare le masse esistenti di cellule.
Attualmente il professor Wahlgren collabora con l’azienda farmaceutica svedese Dilafor al fine di sviluppare ulteriormente il farmaco. Si auspica di poterlo poi sperimentare sugli esseri umani,
ha dichiarato al Notiziario CORDIS il professor Wahlgren.