«Spegnete i motori, andate in bici» 40 città invitano a lasciare l'auto
6 Ottobre 2007
Bologna – Nel giorno in cui quaranta città italiane celebrano la «giornata senz’auto» – astensione volontaria dall’uso dell’automobile – il ministro dell’Ambiente
Alfonso Pecoraro Scanio annuncia di voler destinare 16 milioni del fondo triennale per la «mobilità sostenibile» all’uso della bicicletta quale efficace deterrente contro le
emissioni di gas serra.
Oltre a ciò, arriveranno anche 1,25 milioni per i progetti riguardanti la bici a noleggio («bike sharing») sull’onda del successo avuto nelle capitali europee.
La «città senz’auto» è un accordo volontario, i cittadini non sono obbligati a non usare la macchina, a cui hanno aderito i sindaci dei principali centri italiani per
sensibilizzare i cittadini sui temi dell’inquinamento promuovendo, nel contempo, la cosiddetta «mobilità sostenibile» a basso impatto ambientale. Come la bicicletta, appunto,
il cui uso, in Italia è quanto mai difforme: si va dalle percentuali «danesi» di alcune città emiliane e del sud Tirolo, allo zero assoluto del sud.
Fra i centri in cui questo mezzo è più in voga c’è Ferrara che si fa vanto del primato al punto da scrivere sui cartelli «città della bicicletta», mentre
Bolzano da vent’anni scommette su chi pedala fino a innalzare la percentuale della due ruote dal 3-4% al 27%-28%.
Pare proprio che alla bicicletta si addicano il freddo e la nebbia. Il popolo dei pedalatori abita nella valli alpine (Trento è terza fra le città più
«ciclabili») o nella umida Padania laddove la cultura contadina ha tramandato l’uso del mezzo di trasporto più economico e vantaggioso dal punto di vista energetico.
L’asse della via Emilia, da Piacenza a Modena, da Ferrara a Ravenna e le città della pianura lombardo-veneta come Mantova, Cremona, Rovigo, Verona e Padova, sono il vero nocciolo duro
dei pedalatori italiani.
Ma oltre l’Appennino tosco-emiliano, la bicicletta sulle strade urbane diventa rara per scomparire del tutto al sud, salvo qualche timida ma promettente comparsa in Puglia e in Sicilia sotto
l’impulso del turismo. Tuttavia anche la media del settentrione, è molto lontana dalle percentuali nordeuropee dove ciascun abitante ha a disposizione dagli 80 metri in su di pista
ciclabile.
In Italia, la città più virtuosa, secondo una graduatoria stilata da Legambiente, è Ravenna con 32 metri di ciclabile per abitante. Tutta emiliana la parte alta della
classifica con Modena (27), Ferrara (26) e Reggio Emilia (22). Solo una città lombarda si inserisce al terzo posto, Mantova, con la stessa quota di Ferrara.
Scarsissime le dotazioni delle undici città metropolitane: solo Torino, benché capitale dell’automobile, dimostra una tendenza a una crescita significativa di ciclisti
raggiungendo il 5%. Più o meno è la quota di Bologna (che tuttavia punta al 7%) ma il capoluogo emiliano non mostra progressi simili a quelli in atto sotto la Mole.
«Torino è fra i grossi centri, quello che ha investito maggiormente, ma il progresso più significativo nel nostro Paese è quello di Bolzano – spiega Gigi Riccardi,
direttore della Fiab, la federazione italiana amici della bicicletta – perché, mentre nelle città padane esisteva già la cultura dell’andare in bicicletta, lì
è stata creata con investimenti sistematici». E non si tratta solo di costruire piste ciclabili, ma di «realizzare un contesto favorevole alla circolazione di chi
pedala». Per esempio consentendo di percorrere le zone a traffico limitato, le corsie preferenziali e persino di viaggiare contromano nelle strade a senso unico. A Bolzano, solo esempio
in Italia, è consentito.
Se si investe, i risultati arrivano, ma l’Italia, in questo senso, è molto carente. La prima legge sulla «mobilità ciclabile» è la «Galletti» del
’98 che stanziò 11 miliardi di lire. A questo primo finanziamento, che incentivava la costruzione di una pista ciclabile per ogni strada ristrutturata o costruita ex novo ed erogava
soldi a progetto pagando un terzo dell’opera, ne è seguito un altro di 20 miliardi nel 2001. Poi, durante il governo Berlusconi, solo due milioni di euro. Ora la promessa è quella
di mettere a disposizione 90 milioni all’anno per un triennio di cui il 5% destinato alla mobilità ciclabile.
Eppure la bicicletta potrebbe essere la via più semplice per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica responsabile dell’effetto serra. Una pubblicità spiritosa
della città di Ferrara mostrava il numero di chilometri che si potevano percorrere con una bustina di zucchero. In Emilia Romagna, regione con il maggior numero di pedalatori, ogni
giorno per andare al lavoro o a scuola, una buona fetta di cittadini si sposta in bicicletta con percentuali che vanno da un minimo del 7% di Modena al 15,1% di Ferrara. Si tratta di migliaia
di persone che, se motorizzate, provocherebbero ingorghi e inquinerebbero ancor più un territorio dove le polveri sono oltre la media per 60 o 70 giorni all’anno, al punto da provocare
una procedura di infrazione per mancato rispetto della direttiva europea.
Valerio Varesi
(22 settembre 2007)