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SEMAFORO ROSSO CIBI DOP MADE IN ITALY: ONU FA MARCIA INDIETRO

SEMAFORO ROSSO CIBI DOP MADE IN ITALY: ONU FA MARCIA INDIETRO

By Giuseppe

ONU FA MARCIA INDIETRO: NO AL SEMAFORO ROSSO SUI CIBI DOP MADE IN ITALY

GIOIELLI ALIMENTARI ITALIANI SALVI. ONU FA MARCIA INDIETRO. NIENTE SEMAFORO ROSSO PER I CIBI DOP MADE IN ITALY

 

SEMAFORO ROSSO

PERCHE’ QUESTO ACCANIMENTO NON TERAPEUTICO DI 7 PAESI FPGH, COMPRESO LA FRANCIA, OGGI SCONFITTI ?  

Di Giampietro Comolli

Effettivamente la prima sensazione che viene ad un tecnico come il sottoscritto è quella della delusione, della paura di aver sbagliato tutto nella vita, di essere “uomo dell’Ottocento”. Il dubbio è di non aver capito il mondo, di aver girato i marciapiedi di tutte le città del mondo, o quasi, e di non aver imparato nulla.

 

Perchè l’Onu, ripeto l’Onu, l’organizzazione mondiale della sanità, i ministeri della salute e della ricerca alimentare di paesi come la Gran Bretagna, la Svezia, la Finlandia, l’Olanda, la Polonia continuano da anni a combattere contro alcuni cibi?  Guarda caso, lo dico con cognizione di causa, spesso sono prodotti made in Italy.

Quel made in Italy, noto in tutto il mondo, che il consumatore attento e appassionato acquista quando può prima di altro, quei prodotti che sono calamite di attrazione turistica da tutto il mondo. Quel made in Italy che oggi sostiene per quasi il 40% tutto il PIL italiano ed è in continua crescita. Quella crescita che, lasciata lievitare in modo naturale, ci consentirebbe di stare tranquilli con un 2,4% di rapporto bilancio-deficit.

“Pensar male, si fa peccato, ma si ha spesso ragione” diceva qualcuno, ma evidentemente sembrerebbe – in senso generale – che l’Italia stia sul gozzo a molti. Perché? Non siamo guerrafondai, non amiamo schierarci troppo, non abbiamo petrolio e miniere fondamentali, non abbiamo giacimenti… Abbiamo solo un bel clima, luce abbondante, mare, lavoriamo più di tuti gli altri per dato di fatto concreto.

Abbiamo una ottima e forse anche più profonda istruzione generale della maggior parte dei paesi al mondo. Facciamo un buon turismo, mangiamo bene, abbiamo 4000 mld/euro contanti in banca, abbiamo 3000 mld euro investiti in terzi. Abbiamo un patrimonio privato di immobili pari a 8000 mld di euro di valore… cosa vogliono?
Vogliono l’Italia? Coi soldi possono portarcela via ma non potranno mai comprare la nostra ITALIANITA’.

L’Onu voleva bloccare tutti i cibi dove c’è un contenuto eccessivo – e chi  ha stabilito il minimo – di sale, di zucchero, di grassi. Ma forse gli inglesi e i tedeschi non hanno mai fatto il calcolo dei grassi, sale e zucchero contenuti in una Sacher dedicata a Metternich o in un biscotto Walchers o Shortbread dell’Impero Britannico. O un Saumagenknodel o un Bragenwurst della Baviera o Westfalia  oppure i noti formaggi francesi di Moulis Oléron o Carrés Etorki  sempre con confetture zuccherate.

Ebbene i prodotti italiani soprattutto quelli DOP-IGP (i più richiesti e venduti al mondo con anche una biodiversità regionale molto diffusa) hanno rischiato di ottenere la qualifica mondiale di “insalubri”. Allora ho sbagliato tutto a credere per 40 anni che il marchio DOC-DOP fosse anche sinonimo di garanzia, qualità, tracciabilità.

La certezza del diritto, della zona e del metodo esclusivo di produzione sono solo elucubrazioni mentali e delle faziosità alimentari? Tutti i grandi DOP italiani avrebbero dovuto portare in etichetta il famoso semaforo, ma tutti con il cerchio rosso, o peggio nero come è successo in Cile e in Argentina per il Grana Padano.

Il tutto ovviamente appesantito e aggravato da dazi doganali, accise, tasse di importazione per scoraggiare il consumatore: un chilo di Grana Padano DOP con il bollino nero è arrivato a costare sul banco anche l’equivalente di 44 euro.

Fortunatamente la risoluzione finale dell’Onu ha scongiurato il pericolo portato avanti da una proposta in ambito diplomatico mondiale altamente divisiva. Controproducente per i rapporti fra paesi quando esistono già canali storici tenuti presso il WTO di Ginevra, voluta solo da 7 paesi Foreign Policy and Global Health (FPGH), ovvero Brasile, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica, Thailandia e… Francia.

Mi sembra un gruppo molto eterogeneo, ma che ci fa la Francia noto stato grandeur e del famoso paradosso francese proprio impostato sulla ricetta “formaggi salutistici”?
Questo attesta – se ce n’era bisogno e quindi senza esaltarsi – che le eccellenze made in Italy a tavola sono sane e vanno bene per la salute, e forse danno fastidio a qualcuno!

La verità – e nessuno compreso Ue e Onu entrano nel merito – è sostenere l’importanza della quantità dei consumi, delle modalità e del target dei consumi, della certezza dell’origine e la tracciabilità del metodo. I prodotti DOP-DOC made in Italy hanno bisogno di seri controlli “terzi” che attestino ovunque la rispondenza. Occorre fare prelievi all’estero soprattutto in quei casi di “deroghe” concesse a figure non della zona produttiva che possono confezionare, distribuire prodotti certificati italiani.

Spesso capita che ditte italiane all’arrembaggio, ditte europee non rispettose delle norme restrittive europee non tengano conto dei disciplinari di produzione. Una norma che l’Europa ha sposato e fatto propria nel 1956 con i trattati di Roma. Dobbiamo buttare via anche questo dell’Europa? Spesso in Italia c’è grande clamore per qualche infrazione – da condannare sempre – amministrativa-burocratica, ma poi anche nei paesi del Nord-Europa ne scopriamo di tutti i colori.

Forse per la prima volta – se nessuno ritornerà più alla carica dei successi italiani – possiamo mettere una pietra tombale sul bollino. In primis generalizza, standardizza, omogenizza tutti i prodotti senza capire, spiegare, formare e informare il consumatore su enormi differenze. Una semplificazione colorimetrica non può spiegare cosa esiste nella produzione di un Culatello o una Coppa di Piacenza o un Grana Padano.

Inoltre sono tutti Brand-Territorio unici che senza la millenaria storia del #saleitaliano nelle miniere dell’appennino emiliano non sarebbero mai stati creati. Un organismo come l’Onu – inoltre – dovrebbe fare altro e non piccarsi di norme amministrative e prescrittive.

 

Giampietro Comolli
Newsfood.com

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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