Riforma del Condominio, sportello immobiliare l’esperto risponde: Aggiornato al 26 ottobre 2013

10 Gennaio 2013
Milano, (questa rubrica ha avuto inizio il 9 gennaio 2013 e viene aggiornata costantemente – l’ultimo quesito è del 26 ottobre 2013)
Si ricorda che la materia è ampiamente trattata nel libro “Riforma del Condominio” di Assoedilizia, edito da Wolters Kluwer.
La pubblicazione su Newsfood.com avviene su espressa autorizzazione di Assoedilizia.
QUESITO n° 41 (26 ottobre 2013)
Domanda:
– Siamo un gruppo di condomini e vorremmo cambiare l’amministratore. Gli abbiamo chiesto più volte di indire l’assemblea ma lui dice che aspetterà alla fine della gestione.
Può farlo?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani:
– Assolutamente no, perché l’amministratore è tenuto a convocare entro 10 giorni l’assemblea ponendo all’ordine del giorno la sua revoca e la nomina di un nuovo amministratore,
quando gliene viene fatta richiesta da almeno due condomini o più, che rappresentino almeno un sesto del valore dell’edificio.
Oltretutto la reiterata omissione della convocazione per la sua sostituzione è valutata come “grave irregolarità” dallo stesso art. 1129 n.1 c.c. ai fini della revoca da parte
dell’autorità giudiziaria.
Perciò se l’amministratore non provvede, da un lato gli stessi richiedenti possono provvedere alla convocazione dell’assemblea, indicando il relativo ordine del giorno; o, dall’altro lato,
possono rivolgersi all’autorità giudiziaria per la revoca d’ufficio.
QUESITO n° 40 (21 ottobre 2013)
Domanda:
– Il nostro amministratore è un condomino e quando pone in votazione il rendiconto vota anche lui per i suoi millesimi. Può farlo?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani:
– Come condomino l’amministratore ha pieno diritto di voto su ogni materia all’interno del condominio, salvo i casi e le decisioni per le quali si trova in “conflitto di interesse”, e cioè
quando egli si trova a tutelare un proprio interesse che potrebbe essere in contrasto con quello del condominio, come certamente avviene per l’ approvazione del proprio rendiconto delle spese
sostenute, come ha ritenuto ripetutamente la Corte di Cassazione
QUESITO n° 39 (12 ottobre 2013)
Domanda:
– Nel nostro condominio si fa fatica a raggiungere i numeri minimi delle presenze, anche in prima convocazione; se un condomino dopo un certo tempo se ne va e si scende sotto il minimo
l’assemblea può continuare?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani:
-L’art.1136 del codice civile stabilisce dei numeri minimi di presenze per poter iniziare validamente le riunioni assembleari; e precisamente almeno la metà dei condomini tutti e 2/3 del
valore dell’edificio, in prima convocazione, ed 1/3 dei condomini e dei millesimi, in seconda convocazione. La Riforma ha infatti abbassato il numero delle presenze per agevolare lo svolgimento
delle riunioni.
Tuttavia questi numeri debbono essere riscontrati solo all’inizio della riunione e differiscono da quelle necessari per l’approvazione dei vari argomenti (in linea di principio maggioranza dei
condomini presenti ed almeno metà del valore in prima convocazione, ed un terzo in seconda). Quindi anche se un condomino si assenta e si scende sotto il numero minimo richiesto per la
“costituzione della assemblea”, questa può anche continuare e deliberare purchè si raggiungono i più bassi numeri previsti per l’approvazione dell’argomento specifico.
QUESITO n° 38, ( 5 ottobre 2013)
Domanda:
Sono un amministratore di condominio e da tempo ho costituito un conto corrente per ogni stabile, dove faccio versare tutti i soldi da parte dei condomini.
Alcuni però, per cifre modeste, preferiscono venire in ufficio e versare in contanti la somma dovuta.
Posso accertarlo, e posso trattenere questi soldi per far fronte a piccole spese correnti che debbo effettuare per contanti?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani:
– I pagamenti per contanti sono consentiti fino a 1000 euro e quindi è sempre possibile che un condomino voglia utilizzare questo mezzo di pagamento; quindi non si può
impedirglielo.
Tuttavia i danari così ricevuti, e per i quali è stata rilasciata ovviamente una ricevuta, debbono sempre essere versati sul conto corrente del condominio con la relativa causale; e
non possono in alcun modo essere trattenuti e tanto meno utilizzati per pagamenti di ogni genere.
Se un pagamento deve essere effettuato per contanti, è necessario che Lei prelevi dal conto il relativo importo con la specifica causale, e ciò in quanto l’art.1129 del codice
civile, come modificato dalla legge di riforma, ora già entrata in vigore, stabilisce che tutte le movimentazioni avvengono attraverso il conto corrente.
E non si tratta di una violazione di poco conto perché lo stesso articolo, così come modificato, prevede espressamente la possibilità di revoca dell’amministratore (n.3 dei
casi previsti come gravi irregolarità), anche su richiesta di un solo condomino, senza che il giudice possa neppure valutare la gravità o meno del comportamento.
QUESITO n° 37, (30 settembre 2013)
Rendiconto dell’Amministratore
Domanda:
– Abbiamo revocato l’incarico al vecchio amministratore e ne abbiamo nominato uno nuovo; questi ha chiesto al vecchio amministratore di fargli il passaggio delle consegne della
contabilità e dei documenti.
Il vecchio amministratore ha risposto che per farlo vuole 500 Euro.
Dobbiamo pagarglieli?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani:
– Nulla all’amministratore uscente è dovuto per il passaggio delle consegne oltre al normale compenso
pattuito; passaggio di consegne che fra l’altro è un atto assolutamente dovuto, così come il rendiconto della propria gestione e la consegna di tutti i documenti.
Anzi il nuovo articolo 1129 del codice civile dispone espressamente che l’amministratore debba altresì compiere in forma assolutamente gratuita tutti gli atti urgenti e necessari per
evitare effetti pregiudizievoli al condominio stesso.
QUESITO n° 36, (28 settembre 2013)
Rendiconto dell’Amministratore
Domanda:
– Il nostro amministratore è un anno che non presenta il rendiconto. Dice che non ha avuto tempo e che lo presenterà assieme a quello del prossimo anno. E’ corretto?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– Fino all’entrata in vigore della normativa della riforma del condominio non esisteva per legge un termine perentorio per la presentazione del rendiconto ma l’amministratore poteva essere
revocato dall’autorità giudiziaria, anche a richiesta di un solo condomino, se non lo faceva per due gestioni.
Ora, invece, l’art. 1129 n.10 stabilisce che l’amministratore deve presentare il rendiconto annuale entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio; e se non lo fa può essere revocato
dall’autorità giudiziaria .
QUESITO n° 35 (21 settembre 2013)
Domanda:
– Ho chiesto più volte all’amministratore di avere una copia dell’estratto conto della Banca per controllare le uscite e i pagamenti, ma non me lo dà perché dice che
c’è la privacy. Ha ragione?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– Poter avere copia dei documenti condominiali, compreso l’estratto conto bancario, è un diritto dei singoli condomini, sancito dall’art. 1129, ovviamente a spese del richiedente.
Quindi la sua richiesta deve essere soddisfatta e all’interno del condominio non opera alcuna privacy perché i dati relativi sono di interesse generale.
E la mancata consegna dei documenti stessi può costituire motivo di revoca dell’amministratore.
QUESITO n° 34 (6 luglio 2013)
Domanda:
– Sono spesso assente dall’Italia, non conosco molto i miei condomini e ho contatti solo con l’amministratore; quando si tiene l’assemblea annuale posso mandargli la delega e dirgli le
c
ose su cui sono d’accordo e quelle che non approvo?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– La legge di riforma del condominio ha stabilito (art. 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile) che l’amministratore non può ricevere delega da alcun condomino; quindi
non può essere incaricato a rappresentarla.
Se vuole può incaricare un altro condomino, ed anche fornirgli delle istruzioni; tuttavia l’assemblea dovrà attenersi solo a quanto farà il suo delegato perché il
potere di delega non può essere limitato.
Tuttavia se il suo delegato non rispetterà le sue volontà Lei potrà agire nei suoi confronti per il risarcimento di eventuali danni.
QUESITO n° 33 (2 luglio 2013)
Domanda:
– Nel mio condominio, io sono proprietario e mia mamma è usufruttuaria del nostro appartamento; lei non viene mai alle assemblee a cui partecipo io.
Posso votare anche per lei sulle questioni ordinarie delle spese di gestione?
L’amministratore mi dice di sì perché con la riforma sono diventato corresponsabile.
E’ vero?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– Effettivamente la Riforma del condominio ha reso corresponsabili nel pagamento delle spese l’usufruttuario e il nudo proprietario (67 delle Disposizioni di attuazione al codice civile),
talchè se uno dei due non paga, gli importi possono essere richiesti all’altro, indipendentemente dal fatto che si tratti di spese ordinarie o straordinarie.
Invece, per quanto riguarda il diritto di voto in assemblea, in linea di principio, è rimasta invariata la competenza che resta dell’usufruttuario per le spese ordinarie ed i
servizi.
Tuttavia, in virtù del principio della solidarietà di cui si è detto, può ritenersi che in mancanza dell’usufruttuario il diritto di voto possa essere esercitato
in sua vece dal nudo proprietario.
QUESITO n° 32 (26 giugno 2013)
Domanda:
– Ho letto che con la riforma il numero delle deleghe sarà limitato; se qualcuno si presenta con un numero maggiore del consentito cosa succede?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– La legge di Riforma del condominio ha introdotto, all’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al codice
civile, un limite alle deleghe, che prima, per legge non esisteva, anche se molti regolamenti ne limitavano il numero.
Il massimo delle deleghe consentite per ciascun partecipante all’assemblea, nei condominii con più di 20 condomini, non può superare 1/5 dei condomini e 1/5 dei millesimi (quindi
non più di 200 millesimi, e se i condomini fossero 50, non più di 10).
Nel caso in cui taluni si presenti in assemblea con un numero maggiore di deleghe, innanzitutto il presidente dovrebbe contestare la situazione ed invitare il rappresentare a scartare le deleghe
in eccedenza; e se questi non lo fa, si può ritenere che egli stesso possa procedere a non ritenere valide le ultime rilasciate. In mancanza di datazione si potrebbe anche pensare ad un
sorteggio per escludere quelle in eccedenza.
Ed ove si sia egualmente deliberato si deve ritenere che le decisioni siano impugnabili ed annullabili, nel limite dei 30 giorni, da parte degli assenti e dissenzienti.
QUESITO n° 31 (31 maggio 2013)
Domanda (numero deleghe)
Siamo una comunione di tre fratelli in cui io possiedo oltre il 70% mentre gli altri miei fratelli possiedono il 20 ed il 10%.
Normalmente alle assemblee va solo mio fratello che ha il 10%; può partecipare a nome di tutti?
E se vado anch’io chi ha diritto a votare?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
Nella comunione ogni comproprietario ha la facoltà di amministrare i beni comuni direttamente, salvo accordi con gli altri comproprietari, e quindi ne ha anche la rappresentanza autonoma;
quindi può partecipare alle assemblee di condominio senza alcuna delega degli altri comproprietari.
Ma se in assemblea si presenta più di un comproprietario, l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al codice civile, dispone che la comunione ha diritto ad un solo rappresentante,
che è designato dalla maggioranza delle quote di comproprietà, ai sensi dell’art.1106 c.c.
Perciò se Lei interviene con la sua quota del 70% certamente prevarrà la sua presenza a fronte del solo 10% di suo fratello; e quindi il diritto di voto Le spetterà in via
esclusiva.
QUESITO n° 30 (31 maggio 2013)
Domanda (numero deleghe)
-Ho letto che con la riforma il numero delle deleghe sarà limitato; se qualcuno si presenta con un numero maggiore del consentito cosa succede?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
La legge di Riforma del condominio ha introdotto, all’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al codice civile, un limite alle deleghe, che prima, per legge non esisteva, anche se molti
regolamenti ne limitavano il numero.
Il massimo delle deleghe consentite per ciascun partecipante all’assemblea, nei condominii con più di 20 condomini, non può superare 1/5 dei condomini e 1/5 dei millesimi (quindi
non più di 200 millesimi, e se i condomini fossero 50, non più di 10).
Nel caso in cui taluni si presenti in assemblea con un numero maggiore di deleghe, innanzitutto il presidente dovrebbe contestare la situazione ed invitare il rappresentare a scartare le deleghe
in eccedenza; e se questi non lo fa, si può ritenere che egli stesso possa procedere a non ritenere valide le ultime rilasciate. In mancanza di datazione si potrebbe anche pensare ad un
sorteggio per escludere quelle in eccedenza.
Ed ove si sia egualmente deliberato si deve ritenere che le decisioni siano impugnabili ed annullabili, nel limite dei 30 giorni, da parte degli assenti e dissenzienti
QUESITO n° 29 (29 maggio 2013)
Domanda
– Nel nostro condominio si fa fatica a raggiungere i numeri minimi delle presenze, anche in prima convocazione; se un condomino dopo un certo tempo se ne va e si scende sotto il minimo
l’assemblea può continuare?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
L’art.1136 del codice civile stabilisce dei numeri minimi di presenze per poter iniziare validamente le riunioni assembleari; e precisamente almeno la metà dei condomini tutti e 2/3 del
valore dell’edificio, in prima convocazione, ed 1/3 dei condomini e dei millesimi, in seconda convocazione.
La Riforma ha infatti abbassato il numero delle presenze per agevolare lo svolgimento delle riunioni.
Tuttavia questi numeri debbono essere riscontrati solo all’inizio della riunione e differiscono da quelli necessari per l’approvazione dei vari argomenti (in linea di principio maggioranza dei
condomini presenti ed almeno metà del valore in prima convocazione, ed un terzo in seconda). Quindi anche se un condomino si assenta e si scende sotto il numero minimo richiesto per la
“costituzione della’assemblea”, questa può anche continuare e deliberare se si raggiungono i più bassi numeri previsti per le approvazioni.
QUESITO n° 29 (29 maggio 2013)
Domanda – Abbiamo intenzione di far eseguire il rifacimento della facciata del condominio, con una spesa molto elevata che vorremmo dilazionare; mi hanno riferito che col prossimo mese
di giugno bisogna necessariamente costituire un fondo. E’ vero?
E i lavori si possono iniziare anche se non sono stati raccolti tutti i soldi?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– In effetti la legge di Riforma del condominio, che entrerà in vigore il prossimo 18 giugno, prevede (art.1135 n.4) che quando si delibera l’esecuzione di lavori straordinari, si debba
anche “costituire” obbligatoriamente un fondo pari all’entità dei lavori da eseguire.
Una deliberazione che non lo prevedesse, sarebbe quindi viziata e potrebbe essere impugnata da un condomino dissenziente, assente o astenuto.
Tuttavia si ritiene che il vizio sia di semplice “annullabilità”, e quindi debba essere fatto valere entro i trenta giorni, decorrenti dalla delibera per i presenti, e dalla comunicazione
per gli assenti. Non essendovi altra sanzione espressa, la mancata impugnazione non dovrebbe creare altri problemi.
Ci si chiede poi se sia sufficiente la deliberazione di un fondo, magari con versamenti dilazionati all’andamento dei lavori, che potrebbero anche essere avviati, oppure si debba necessariamente
precostituire un accantonamento integrale, prima di iniziare le opere.
Questa seconda soluzione pare eccessivamente paralizzante, perché rimanderebbe inevitabilmente l’esecuzione di interventi, magari subito necessari. Quindi per l’avvio dei lavori si ritiene
sufficiente che la delibera costituisca il fondo e ne determini le modalità del versamento.
QUESITO n° 27 (23 maggio 2013)
Domanda – Nel corso dell’ultima assemblea del mio condominio un argomento posto in discussione ha ottenuto il voto favorevole di 8 condomini su 20 in totale, con 7 contrari. I
favorevoli possedevano 335 millesimi ed i contrari 398. Il presidente ha detto che la delibera era valida perchè c’era la maggioranza dei condomini presenti e più di un terzo dei
millesimi. E’ vero?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– La legge di Riforma del condominio non ha in realtà modificato i meccanismi di approvazione delle deliberazioni assembleari e si è limitata a ridurre solamente il numero
minimo dei condomini presenti, abbassandolo da 2/3 alla metà, per la prima convocazione, e ad 1/3 per la seconda; ma le quote millesimali richieste sono rimaste, in via ordinaria, le
stesse: metà del valore in prima convocazione, ed un terzo in seconda. Ma di queste quote deve essere portatrice la maggioranza dei condomini presenti. Quindi in ogni caso i voti
favorevoli debbono risultare essere la maggioranza delle presenze in assemblea, sia per “teste” che per millesimi.
Perciò nel suo caso, se la delibera ha anche raggiunto i valori minimi richiesti (maggioranza delle teste: 8 contro 7; ed dei millesimi = 334), questa quota non rappresenta in
realtà la maggioranza del valore millesimale presente in assemblea (698 = 335+ 398 – maggioranza 349).
Quindi la deliberazione non è valida.
QUESITO n° 26 (19 maggio 2013)
Domanda – Alcuni giorni fa si è tenuta l’assemblea del mio condominio e io ho chiesto che venisse scritto a verbale il contenuto di un mio foglio di contestazioni e
motivazioni su di un mio voto contrario. L’amministratore si è rifiutato di trascrivere il mio testo e si è limitato a inserire nel verbale due righe delle mie contestazioni. Poteva
farlo?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– In effetti la vecchia formulazione dell’articolo 1136 c.c. prevedeva che nel verbale si dovessero riportare le sole deliberazioni dell’assemblea con i risultati delle relative votazioni
(favorevoli, contrari ed astenuti, con i relativi millesimi), e nulla più. Quindi le argomentazioni potevano essere trascurate, anche se il buon senso poteva comunque suggerire che
se ne facesse almeno un accenno.
Ora tuttavia l’articolo 1136, ultimo comma, riformato prevede che: ” ……della riunioni dell’assemblea si redige processo verbale…….”.
Quindi poiché non si fa più riferimento alle sole “deliberazioni” ma al complesso della “riunione”, si deve supporre che si debbano riportare anche le motivazioni e le
argomentazioni svolte dai condomini, seppure in forma sintetica.
Quindi se la sua contestazione non sarà prolissa e fuori tema, dal prossimo 18.6. 2013 il contenuto dovrà essere riportato nel verbale.
QUESITO n° 25 (14 maggio 2013)
Domanda – Ho venduto il mio appartamento oltre un anno fa ad un signore “extracomunitario” che, mi riferisce l’amministratore, ha già cominciato a non pagare le spese; e
nonostante io abbia immediatamente comunicato la vendita, il nuovo condomino non ha mai fatto avere all’amministratore la copia del rogito. Ora l’amministratore mi dice che debbo pagare io le
spese di condominio. E’ vero?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– In forza dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, penultimo comma, come per il passato, l’acquirente di una unità immobiliare è tenuto
solidalmente con il venditore per il pagamento delle spese relative all’anno in corso ed a quello precedente la vendita; quindi il venditore risponde, per lo stesso motivo, oltre che delle spese
dell’anno in corso all’atto della vendita, anche di quelle relative all’anno precedente.
Tuttavia, mentre con la precedente formulazione della norma, dall’atto della cessazione dell’anno in corso il venditore non aveva più alcuna responsabilità nel pagamento delle
spese, ora lo stesso articolo, all’ultimo comma, prevede espressamente che anche il venditore continui a rispondere in solido con l’acquirente nel pagamento delle spese sino a quando non sia
stato trasmessa all’amministratore la copia autentica dell’atto di cessione della proprietà.
Quindi se la copia di tale atto non è stata trasmessa dall’acquirente, o da Lei stesso, la sua responsabilità nel pagamento continuerà. Si raccomanda quindi di farsi
rilasciare sempre dal notaio una copia dell’atto e di farla avere comunque all’amministratore, al fine di bloccare il protrarsi della corresponsabilità.
QUESITO n° 24 (30 aprile 2013)
Domanda – Sono amministratore di un condominio che fa molta fatica a raggiungere la maggioranza necessaria per confermare la mia carica, e quindi sto proseguendo in “prorogatio”; ora
con l’entrata in vigore della legge di riforma, se non ottengo nuovamente la nomina “ufficiale” per mancanza di millesimi debbo chiedere la mia nomina all’autorità giudiziaria? E dopo il
primo biennio che succede?
Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
– L’articolo 1129 del codice civile riformato conferma che l’incarico dell’amministratore dura un anno; tuttavia precisa che l’incarico stesso si intende rinnovato per un egual periodo, quindi
per un altro anno.
Nulla prevede che con l’entrata in vigore della Riforma l’amministratore già in carica debba rinnovare il proprio incarico; tuttavia sarebbe doveroso che alla scadenza, la nuova
nomina fosse posta all’ordine del giorno dell’assemblea; compito che le spetta ai sensi del n.1 dell’art.1135.
Se anche questa volta dovessero mancare i numeri per ottenere la nomina formale non si ritiene che Ella debba ricorrere all’autorità giudiziaria perché il procedimento
è in realtà previsto dall’art. 1129 solo per l’amministratore dimissionario.
In linea teorica tuttavia potrebbe anche essere attuabile una simile richiesta, ma si ritiene che l’amministratore possa ancora continuare nell’esercizio formale e sostanziale delle proprie
funzioni in virtù dell’istituto appunto della “prorogatio”.
Così come avverrebbe nel caso in cui dopo il primo rinnovo, diciamo tacito, dell’incarico, l’assemblea non provvedesse agli ulteriori rinnovi e neppure a nominare un nuovo
amministratore.
Perciò, anche con la Riforma, l’amministratore resterà in carica sin tanto che l’assemblea non proceda a deliberare la cessazione dell’incarico tramite o una revoca espressa od un
diniego del rinnovo, con contestuale nomina del nuovo amministratore.
QUESITO n° 23 (26 aprile 2013)
Niente deleghe all’amministratore.
Domanda – Il nostro amministratore è solito raccogliere un certo numero di deleghe che gli danno i condomini che non intendono partecipare all’assemblea; e con queste deleghe si
raggiungono i numeri prescritti per la validità dell’assemblea stessa.
Purtroppo però lui vota, con le stesse deleghe, anche a favore dell’approvazione del proprio rendiconto e spesso le eccezioni degli altri condomini presenti vengono disattese. E’
possibile?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
Risposta – Attualmente, cioè prima del 18 giugno 2013, se il regolamento di condominio non pone limite al numero delle deleghe, ogni rappresentante, e quindi anche l’amministratore,
può rappresentare tutti i condomini che gli hanno rilasciato la delega (che non può comunque essere “in bianco”, ma deve indicare nome e cognome del delegato), senza alcuna
limitazione.
Tuttavia egli non potrà votare con queste deleghe per l’approvazione del suo rendiconto perché la pressoché costante giurisprudenza ha affermato che vi è evidente
“conflitto di interessi”.
Ma a far tempo dal 18 giugno 2013 non sarà più possibile conferire deleghe all’amministratore. Perciò egli non potrà in assemblea rappresentare alcun
condomino.
QUESITO n° 22 (23 aprile 2013)
Forma della convocazione dell’assemblea.
Domanda – Il nostro amministratore è solito effettuare le convocazioni in assemblea tramite una telefonata della sua segretaria; ai condomini che si sono lamentati ha risposto
che lo fa per risparmiare spese.
E’ corretto?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
Risposta – Ora, prima dell’entrata in vigore della Riforma del condominio, questo meccanismo era consentito purchè vi fosse la prova dell’avvenuta convocazione; e la segretaria avrebbe
potuto testimoniare la circostanza.
Tuttavia col prossimo 18 giugno 2013 entrerà in vigore la Riforma del condominio che detta (art.66 delle Disposizioni di attuazione al codice civile) alcune disposizioni tassative
(perché questo articolo è dichiarato inderogabile dal successivo art. 72) per la convocazione: e precisamente, o con lettera raccomandata, o con posta elettronica certificata, o con
fax, o con consegna a mano.
Ogni diversa modalità dà luogo ad una irregolarità che può portare all’annullamento della convocazione stessa.
QUESITO n° 21 (18 aprile 2013)
Delega scritta.
Domanda – Un condomino si è assentato dall’assemblea dichiarando verbalmente che lasciava la delega a un suo vicino. L’amministratore ha contestato che la delega doveva essere
scritta.
E’ vero?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
Risposta – Attualmente, prima dell’entrata in vigore della legge di Riforma del condominio (Legge n.220/2012), la delega può essere rilasciata in qualsiasi modo, e quindi anche
verbalmente.
Tuttavia dopo il 18 giugno 2013, quando sarà entrata in vigore la Riforma, la delega potrà essere rilasciata solamente in forma scritta (art.67 delle Disposizioni di attuazione al
codice civile).
Quindi quel condomino, prima di andarsene, avrebbe dovuto consegnare al presidente una comunicazione scritta contenente la delega al suo vicino.
QUESITO n° 20 (17 aprile 2013) Corriere della Sera – Rubrica “Domande e Risposte” Case e Condominio –
Niente accordo sull’amministratore. Che fare?
“Ogni condomino puo’ rivolgersi al giudice.”
Domanda
Nel mio condominio, a causa della presenza di un condomino titolare di una quota millesimale elevata, che si è espresso contro la conferma dell’amministratore uscente, nell’ultima
assemblea non è stata raggiunta la maggioranza necessaria per una valida nomina. So che l’amministratore non confermato è tenuto a svolgere tutti i compiti di ordinaria
amministrazione; ma è necessario attendere la fine della gestione e la convocazione di nuova assemblea per ridiscutere l’argomento?
– Risponde Achille Colombo Clerici presidente di Assoedilizia – pubblicato il 17 aprile 2013
R. Per discutere sull’argomento l’assemblea può riunirsi in qualsiasi momento. Ove l’amministratore cessato dall’incarico non provveda di sua iniziativa alla convocazione, i condomini – la
legge richiede che siano almeno due e rappresentino un sesto del valore delle quote millesimali – possono fargliene richiesta per iscritto e ove questi non provveda, decorsi dieci
giorni dalla richiesta, procedere direttamente alla convocazione.
Va inoltre segnalato che, quando i condomini sono più di quattro (con la legge di riforma il numero è elevato a otto), quando cioè la nomina dell’amministratore è
obbligatoria, ove l’assemblea non provveda, come avviene nel caso in cui non si raggiungano le maggioranze necessarie, ciascun condomino può assumere l’iniziativa di rivolgersi
all’autorità giudiziaria che nominerà un amministratore.
L’intervento dell’autorità, finalizzato ad evitare che l’ente condominiale rimanga privo di amministratore, non esautora l’assemblea dai propri poteri: l’amministratore giudiziario
può infatti essere revocato a seguito di successiva valida delibera di nomina assunta dall’assemblea nel rispetto delle maggioranze di legge.
QUESITO n° 19 (15 aprile 2013)
Animali nel condominio: questione chiusa ?
Domanda –
Il regolamento del mio condominio vieta di tenere animali in casa.
Vorrei prendermi un cagnolino, ma alcuni condomini mi hanno detto che non posso perché è vietato, e il nostro regolamento è contrattuale.
E’ vero?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
In effetti un regolamento contrattuale di condominio è una sorta di contratto fra i condomini; infatti tale genere di regolamento viene richiamato od allegato espressamente agli atti di
acquisto.
Quindi per modificarlo ci vorrebbe il consenso di tutti i condomini.
Tuttavia la legge di Riforma del condominio (n.220/2012), che però entrerà in vigore soltanto il 18 giugno 2013, stabilisce che i regolamenti non possono vietare di tenere animali
domestici in condominio.
La legge però, solitamente, dispone per il futuro, e quindi questo divieto dovrebbe valere certamente dopo il 18 giugno, e per i regolamenti che saranno predisposti dopo di allora.
Tuttavia si sostiene che il diritto a tenere in casa un animale domestico rappresenta un vero e proprio diritto della persona, come tale non sopprimibile; perciò si tende ad applicare la
norma anche ai regolamenti vigenti ed anche a quelli di natura contrattuale, quasi fosse una norma di ordine pubblico.
Ovviamente è indispensabile che gli animali vengano tenuti in modo da non recare disturbo eccessivo per rumori od altro, perché in tal caso ci si troverebbe in presenza di una
violazione dell’art.844 c.c., nonché dell’art.659 del codice penale.
QUESITO n° 18 (10 aprile 2013)
“Il sottotetto è sul mercato. Chi può comprare ?
Se d’uso comune serve il consenso dei condomini”
Domanda – Sono proprietario di un appartamento all’ultimo piano del mio fabbricato. L’amministratore ci ha informato che una impresa costruttrice sarebbe interessata ad acquistare il
vano sottotetto per effettuare opere di recupero edilizio. Questo diritto non spetta a me quale proprietario dell’ultimo piano? Come si concilia con il diritto di sopraelevazione che pure mi
spetta?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
In mancanza di un titolo che disponga in ordine alla situazione giuridica del bene, il sottotetto soggiace alla presunzione di appartenenza al condomino proprietario dell’ultimo piano.
Va chiarito che per si intende quel vano a tetto di ridotte dimensioni avente l’esclusiva funzione di isolare il piano ultimo dal caldo e dal freddo.
Siamo dunque fuori da tale presunzione tutte le volte in cui, per le caratteristiche strutturali obbiettive e di destinazione, risulti che il sottotetto serve all’uso comune. In tal caso
vige infatti la presunzione inversa di appartenenza alla collettività dei condomini.
In tali termini dispone anche la legge di riforma del condominio che all’art. 1117 cod. civ. come novellato annovera espressamente, tra i beni comuni, i sottotetti destinati per caratteristiche
strutturali e funzionali all’uso comune.
Sarà dunque preliminare accertare la titolarità del bene.
Se il sottotetto in questione è condominiale, con il trasferimento all’impresa – atto che necessita del consenso di tutti i partecipanti al condominio – viene meno il diritto del condomino
dell’ultimo piano di costruire in sopraelevazione; diritto che spetterà ora al nuovo proprietario del sottotetto, nel rispetto di quanto contrattualmente pattuito con i partecipanti al
condominio.
QUESITO n° 17 (09 aprile 2013)
L’amministratore da mesi non convoca l’assemblea per il rendiconto
Domanda – Il nostro amministratore, a distanza di otto mesi dalla chiusura della gestione condominiale non ha ancora convocato l’assemblea per il rendiconto. Cosa si può
fare?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
Innanzitutto bisogna ricordare che un amministratore non più gradito può essere
revocato in qualsiasi momento; ma lo deve fare l’assemblea a maggioranza di 500 millesimi. E l’assemblea la deve convocare lo stesso amministratore, che però può esservi costretto
su richiesta di almeno due condomini che rappresentino 1/6 dei millesimi (art.66 Disposizioni di attuazione al codice civile); e solo in caso di sua non ottemperanza potranno provvedervi
direttamente i condomini richiedenti.
Ma se gli scontenti non raggiungono la maggioranza richiesta, la revoca non è possibile; né è possibile richiederla all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art.1129
c.c. perché per questa ipotesi, attualmente, prima dell’entrata in vigore della legge di Riforma (18 giugno 2013), è necessario che il rendiconto non sia stato presentato per due
anni, o sussistano gravi motivi.
Per fortuna ora la Riforma ha introdotto un termine tassativo per la presentazione del rendiconto di sei mesi dalla chiusura dell’esercizio (art.1130 c.c.), stabilendo altresì che ove
l’amministratore non rispetti questo termine ogni condomino, anche uno solo, ha il diritto di chiedere all’Autorità Giudiziaria (art.1129 c.c.) la revoca dell’amministratore, e ovviamente
l’eventuale nomina di un altro.
QUESITO n° 16 (08 aprile 2013)
Due fratelli comproprietari e condomini.
Domanda – In assemblea si sono presentati due fratelli, comproprietari al 50% ciascuno di una unità immobiliare, e il presidente voleva allontanarne uno invitandoli a decidere
chi dei due doveva restare e votare. E’ giusto?
– Rispondono Achille Colombo Clerici, Nicola Assini, Marco Marchiani
In effetti la norma dell’art.67 delle Disposizioni di attuazione al codice civile, anche dopo la
riforma, prevede che i comproprietari abbiano diritto in assemblea ad un solo rappresentante, scelto da loro ai sensi dell’art.1106 c.c. Ma se non vi è contrasto tra essi, sembrerebbe un
po’ eccessivo pretendere di allontanare uno dei due, a condizione che non sorgano divergenze al momento almeno del voto, perché in questo caso essi hanno diritto ad un solo voto, e questo
deve essere espresso, a nome di tutta la comunione, da uno solo di loro.
Le difficoltà sorgono se gli stessi siano in contrato, perché dovrebbero votare a maggioranza la scelta del rappresentante della comunione; ma se le loro quote sono eguali, come
spessissimo succede, una maggioranza non può neppure formarsi.
Quindi che si fa? Si allontanano dall’assemblea entrambi lasciando non rappresentata la comunione?
Anche questa soluzione mi parrebbe eccessiva.
La precedente formulazione dell’articolo 67 predetto disponeva che in caso di mancato accordo, la scelta veniva effettuata dal Presidente dell’assemblea con sorteggio.
Ora questa soluzione non è più menzionata.
Si deve ritenere che sia abrogata?
Si dovrebbe dire di sì perché il comma dell’articolo è stato interamente sostituito con una diversa formulazione che ha escluso questa ipotesi.
Tuttavia, per evitare una palese ingiustizia, e dato che il voto non può essere frazionato, non mi parrebbe fuori luogo se il presidente procedesse ancora con un sorteggio. Il buon senso
potrebbe coprire una evidente lacuna.
QUESITO n° 15 (03 aprile 2013)
Indennità di perdita di avviamento, chi paga?
Il proprietario, non l’inquilino commerciante
Ho locato il mio immobile ad una società di intermediazione immobiliare, che ha adibito i locali a sede operativa dei suoi uffici. Venuto a scadenza il contratto a seguito di mia
disdetta, la conduttrice, non essendo interessata al rinnovo, mi richiede l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale. Sono tenuto a corrisponderla?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
In linea generale, il conduttore di un immobile commerciale, industriale o artigianale, alla cessazione del rapporto locatizio che segue ad
iniziativa della parte locatrice, ha diritto all’ indennità per la perdita dell’ avviamento, se il locale costituisce luogo aperto alla frequentazione diretta della generalità
indiscriminata degli utenti e dei consumatori ed è dunque di per sé idoneo a costituire collettore di clientela.
Se, dunque, nei locali in questione si registra un afflusso stabile di clientela per soddisfare la domanda di bisogni primari quali la ricerca di unità abitative e/o commerciali in genere
il diritto all’indennità sussiste.
Va peraltro precisato, con particolare riferimento all’attività di intermediazione che, se così come svolta nei locali, essa soddisfa, non un pubblico indifferenziato raggiunto
attraverso i messaggi pubblicitari tipici di tale attività, ma esigenze di singoli soggetti contattati direttamente o di singoli operatori economici, l’avviamento non compete.
QUESITO n° 14 (14 marzo 2013)
“Ho saldato il debito dell’ex proprietario. Che fare ?
« Puo’ rivalersi e recuperare tutta la somma versata »
Recentemente ho acquistato un appartamento ubicato in un condominio. Ho scoperto che il venditore non ha pagato i contributi condominiali relativi a diverse annualità, anche anteriori
al biennio antecedente all’acquisto. Ho, mio malgrado, pagato l’intero debito. Posso recuperare tali importi dal venditore?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Al quesito deve darsi risposta senz’altro affermativa. Se è vero che l’acquirente risponde in solido con il venditore verso il condominio
per il pagamento dei contributi condominiali relativi al biennio antecedente all’acquisto(art. 63 comma 2° disp. att. cod. civ.), nei rapporti interni tra alienante ed acquirente – salvo che
sia diversamente convenuto in sede di vendita – è operante il principio della personalità dell’obbligazione.
Conseguentemente l’acquirente che abbia pagato contributi non di sua competenza, sia relativi al biennio sia antecedenti, ha diritto di pretendere l’integrale rimborso.
Il pagamento di contributi non dovuti comporta infatti surroga al condominio che è stato soddisfatto.
Diversamente, si verificherebbe un arricchimento indebito del venditore che verrebbe ad avvantaggiarsi del comportamento diligente dell’ acquirente, pur essendo l’unico soggetto tenuto al
pagamento.
QUESITO n° 13 (8 marzo 2013)
– Io e mio marito abbiamo visto un appartamento su progetto che ci piace molto, adatto alle nostre esigenze e che pertanto vorremmo acquistare. Ovviamente è ancora tutto da
costruire. In quali rischi possiamo incorrere se ci obblighiamo fin da ora ad acquistarlo?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
La normativa in materia di acquisto di immobile ancora da costruire offre delle valide tutele. In primo luogo, il costruttore, all’atto della
sottoscrizione del contratto preliminare, deve procurare il rilascio a favore dell’acquirente di fideiussione di importo pari alle somme ricevute in acconto e di quelle che riceverà fino
al trasferimento dell’appartamento.
La fideiussione, che può essere rilasciata da una banca, da una impresa esercente le assicurazioni o da un intermediario abilitato, garantisce la restituzione delle somme versate al
costruttore oltre gli interessi, nel caso in cui questi incorra in ‘situazione di crisi’ e cioè sia sottoposto ad esecuzione immobiliare o addirittura venga dichiarato fallito.
Secondariamente, al momento della stipula del contratto di compravendita definitivo, il costruttore deve consegnare all’acquirente polizza assicurativa decennale, efficace dall’ultimazione delle
opere, a copertura dei danni all’immobile e a terzi, conseguenti a rovina totale o parziale oppure a gravi difetti costruttivi, per vizio del suolo o per difetto della
costruzione, manifestatisi successivamente all’acquisto.
Inoltre, l’operazione nel suo complesso è sottratta ad eventuali azioni revocatorie da parte del curatore fallimentare.
Si badi però che il contratto deve necessariamente riguardare immobili ‘in costruzione’ per i quali cioè sia già stato richiesto il permesso di costruire, posto che la
tutela non opera se il contratto ha ad oggetto immobili esistenti solo “sulla carta”.
QUESITO n° 12 (8 marzo 2013)
Ho recentemente concesso in locazione un open space ad uso palestra. Con il conduttore eravamo d’accordo che avrebbe fatto eseguire dei lavori di ristrutturazione piuttosto significativi
quali la realizzazione di spogliatoi con docce, saune e vasche idromassaggio.
L’inquilino mi ha segnalato che l’inizio delle opere è imminente e nel contempo mi chiede di verificarne la fattibilità con riguardo alla situazione statica del
fabbricato.
Sono tenuto a tale verifica?
Come mi devo comportare?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
E’ evidente che, se locatore e conduttore si sono accordati nel senso che quest’ultimo può apportare modifiche all’unità locata, non è possibile vietarglielo in corso di
contratto.
La circostanza che le opere siano particolarmente invasive, tali addirittura da far dubitare della tenuta statica dell’immobile, impone al locatore di attivarsi per le opportune verifiche ad
evitare corresponsabilità risarcitorie per i danni eventualmente arrecati a terzi.
La circostanza infatti che l’immobile sia stato concesso in locazione e a maggior ragione nel caso in cui il locatore sia al corrente della natura e consistenza delle opere che verranno
realizzate dall’inquilino, non fa venir meno l’onere di custodire il bene locato.
QUESITO n° 11 (8 marzo 2013)
– Sono proprietario di un appartamento che ho locato a studio professionale. Lo scorso anno ho inviato disdetta al conduttore deducendo la necessità di adibire l’immobile ad esigenze
familiari di mio figlio prossimo alle nozze ed ottenendo il rilascio dell’appartamento allo scadere del primo sessennio. Essendo venuti meno i progetti matrimoniali di mio figlio, che nel
frattempo ha riattato l’immobile per sé, l’ex conduttore ora mi richiede il risarcimento del danno per non essere stati rispettati i motivi della disdetta.
– Risposta di Achille Colombo Clerici
La circostanza che l’immobile sia stato destinato ad abitazione non del nuovo nucleo familiare, ma del solo figliolo, non costituisce presunzione assoluta di colpa ai fini dell’applicazione delle
sanzioni del ripristino del contratto o del risarcimento del danno fissato dalla legge in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone percepito prima della risoluzione
(art. 31 L. n. 392 del 1978); sanzioni poste a carico del locatore che non abbia adibito l’immobile all’uso rappresentato nella disdetta.
Le sanzioni non sono applicabili allorchè l’ impedimento non è imputabile a condotta dolosa o colposa del locatore e la diversa destinazione cui l’ immobile venga adibito risulti
comunque giustificata, come nel caso, da esigenze diverse, ma egualmente meritevoli di tutela.
QUESITO n° 10 (8 marzo 2013)
Sono proprietario di un appartamento in un piccolo paese di montagna. Questa estate intendo trascorrere le vacanze in altro luogo e locare l’appartamento per la stagione estiva a scopo di
villeggiatura senza correre il rischio che il potenziale conduttore si insedi stabilmente nel mio appartamento.
Come cautelarmi ?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
L’art. 53 dell’Allegato 1 al d.l. 23.5.2011 n. 79 c.d. Codice del turismo, specificando un principio già affermato con la L. n. 431/1998
(art. 1 comma 2 lett. c) stabilisce che “gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, siano regolati dalle disposizioni del codice civile in tema
di locazione”.
E’ stato dunque recepito il principio secondo cui i contratti stipulati per finalità turistica sono in modo assoluto svincolati dalle previsioni della legge n. 431/1998 e, dunque, in
particolare liberi nel canone.
Quanto alla durata, benché il Codice del turismo fissi una durata non inferiore ai sette giorni e non superiore a mesi sei, deve ritenersi – dal combinato disposto della normativa
codicistica e di quella di cui all’ art. 1 lett.c) L. n. 431/1998 – che nulla vieta la stipulazione di contratti di locazione di unità abitative ammobiliate ad uso turistico per durata
eccedente i menzionati limiti.
La previsione opera anche con riferimento ad immobili ubicati in località non aventi, per definizione, vocazione turistica e, dunque, anche in località che non hanno ancora
conosciuto una adeguata fruizione turistica.
QUESITO n°9 (7 marzo 2013)
– In caso di ritardato rilascio dell’immobile locato ad uso abitativo ho diritto ad essere risarcito del ‘maggior danno’ previsto dall’ art. 1591 codice civile?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Ai sensi di legge, il locatore, nelle locazioni abitative, ha diritto di percepire il canone maggiorato del 20% a titolo di risarcimento del maggior danno ex art. 1591 cod.civ. dalla data
di scadenza del contratto e fino all’effettivo rilascio (art. 6 comma 6 legge n. 431/1998).
A seguito della sentenza n. 482/2000 della Corte Costituzionale,per il periodo intercorrente dalla data di scadenza contrattuale e sino al termine della sospensione dell’esecuzione ope legis
(ovvero al termine giudizialmente fissato per il rilascio), la corresponsione dell’ultimo canone maggiorato del 20% esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno nonostante la
prova dell’esistenza di un più grave pregiudizio.
Scaduto il termine di sospensione dell’esecuzione (ovvero il termine di esecuzione fissato dal giudice) il locatore può pretendere il risarcimento del maggior danno subito rispetto a
quello quantificato dalla legge (Cass. 7.11.2001 n. 15621 – conf. Cass. 30.6.2001 n. 10390).
In ogni caso, il maggior danno va provato dal locatore in concreto.
Si segnala, peraltro, che, sul presupposto della obbiettiva difficoltà di ricevere concrete proposte di locazione relativamente ad immobili occupati e di cui è incerta la data di
riconsegna, la Suprema Corte ha ritenuto ammissibile anche la prova per presunzioni purchè gravi, precise e concordanti che permettano di provare il fatto ignoto.
A titolo esemplificativo, è stato ritenuto idoneo ai fini della prova del maggior danno la circostanza che l’unità locata fosse stata concessa in locazione immediatamente dopo la
riconsegna dell’immobile (Cass. 23.1.2006 n. 1224).
QUESITO n°8 (20 febbraio 2013)
“Compriamo insieme ma intestiamo a uno solo”. Attenzione ai pericoli in caso di separazione”
Io e il mio compagno avremmo intenzione di acquistare un appartamento in cui andare ad abitare insieme. L’acquisto verrebbe fatto con il concorso economico di entrambi in parti uguali, ma
l’intenzione è quella di intestare il bene ad uno solo di noi. Se un domani la convivenza dovesse cessare, chi non figura quale acquirente può pretendere la restituzione della cifra
pagata?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
La questione è piuttosto delicata. In casi analoghi a questo, una volta logoratisi i rapporti interpersonali, è accaduto che l’intestatario abbia rifiutato la restituzione della
somma, adducendo che vi era stata una donazione indiretta a suo favore, una liberalità attuata cioè con un atto diverso dal negozio di donazione.
Il richiedente dunque dovrebbe agire in giudizio e cercare di dimostrare quella che era l’effettiva intenzione delle parti onde provare la causa reale del versamento effettuato.
Sarà dunque buona norma dotarsi di apposita dichiarazione scritta dell’intestatario da cui risulti che il prezzo del bene è stato pagato con il concorso di entrambi e che vi
è obbligo di restituzione da parte dell’intestatario nel caso in cui la convivenza venga meno.
QUESITO n°7 (23 gennaio 2013)
Un prestito per lavori straordinari. Si puo’ ?
« Si’, ma serve la maggioranza dei millesimi »
Nel mio condominio si deve deliberare l’esecuzione di lavori straordinari, non più procrastinabili , per il rifacimento del tetto. Stante la momentanea carenza di liquidità e
l’inesistenza di un fondo “ad hoc”, con quali maggioranze assembleari si potrebbe chiedere un prestito bancario a favore del condominio?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
La maggioranza necessaria per l’adozione di una delibera che autorizzi la stipula di un contratto di finanziamento non garantito da ipoteca
per opere di manutenzione straordinaria delle parti comuni è quella richiesta dal II comma dell’art. art. 1136 del codice civile, sia in prima che in seconda convocazione
(maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio).
Qualora invece si tratti di mutuo ipotecario, mancando una precisa disposizione di legge per il condominio, la norma cui far riferimento è l’art. 1108 del codice civile dettato in
materia di comunione. Tale disposizione prevede che i partecipanti alla comunione possono accendere ipoteche sul bene comune qualora essa abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme
mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune con deliberazione della maggioranza dei comunisti che rappresenti almeno i 2/3 del valore complessivo della cosa comune. La
concessione della garanzia reale sulle parti comuni deve essere, dunque, deliberata con il voto favorevole di almeno 667 millesimi.
QUESITO n°6 (16 gennaio 2013)
Abito in un appartamento in affitto con la mia famiglia. Sto attualmente ospitando mio fratello e suo figlio. Il proprietario mi contesta la violazione dei patti contrattuali che vietano sia
la sublocazione, sia il comodato. Sono obbligata ad allontanare i miei parenti ?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Al quesito deve darsi risposta negativa.
L’ospitalità – anche se non temporanea e protratta nel tempo – non concreta in sè presunzione di sublocazione. Analogamente, dalla sola durata della permanenza nell’appartamento non
può presumersi l’esistenza di un contratto di comodato. Elemento significativo potrebbe essere invece l’avvenuto abbandono dell’immobile da parte del conduttore.
Sarà comunque onere del locatore addurre e provare circostanze idonee a dimostrare che siano stati accordati agli ospiti i diritti in contrasto con le previsioni contrattuali.
Si tenga presente che addirittura è stata dichiarata nulla la clausola inserita in un contratto di locazione che conteneva il divieto di concedere ospitalità non temporanea a
persone estranee al nucleo famigliare anagrafico giacchè in contrasto con i doveri inderogabili di solidarietà garantiti dalla Costituzione.
QUESITO n°5 (14 gennaio 2013)
Abito in una palazzina bifamiliare e sto al piano superiore. Ho rifatto il terrazzo che uso a fianco del mio appartamento, perche’ aveva perdite d’acqua, spendendo 3000 euro.
Mia sorella, che abita al piano di sotto, mi vuol riconoscere solo 1000
euro. Secondo me il terrazzo e’ il suo tetto e dovrebbe pagare tutto lei.
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Anche se si tratta di palazzina bifamiliare, appartenendo gli immobili a due soggetti distinti, si verte in ipotesi di condominio e la normativa applicabile è quella ad esso
relativa.
Pertanto, se la terrazza che è stata rifatta funge da tetto all’appartamento sottostante (cd. terrazza a livello) e la spesa grava per un terzo sul proprietario che ne ha l’uso, mentre i
restanti due terzi sono a carico del proprietario dell’unità sottostante cui la terrazza serve da copertura.
Il criterio applicabile è infatti quello stabilito per i lastrici solari in uso esclusivo (art. 1126 cod. civ.), stante la analogia con la fattispecie della terrazza a
livello.
Nel caso dunque non è corretto pretendere dalla sorella che è proprietaria dell’appartamento del piano terra l’intera spesa. L’ accollo andrà limitato ai due terzi
dell’esborso.
QUESITO n°4 (14 gennaio 2013)
Un anno fa il mio inquilino mi ha comunicato di avere ceduto l’attività commerciale che svolgeva nell’unità che gli ho locato e conseguentemente anche il contratto di locazione.
Da un po’ di tempo quello nuovo è in mora nel pagamento del canone locatizio. Sono pertanto intenzionato a rivolgermi all’autorità giudiziaria. Posso rivalermi anche sull’originario
inquilino che ha ceduto il contratto?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Al quesito va data risposta affermativa. La normativa in materia di cessione del contratto di locazione stabilisce che il conduttore che cede il contratto è responsabile in solido con il
cessionario del regolare adempimento delle obbligazioni contrattuali, ivi compreso dunque l’obbligo del pagamento del corrispettivo della locazione, a meno che non sia stato espressamente
liberato dal locatore.
Trattasi di responsabilità sussidiaria: condizione necessaria per farla valere è che il locatore abbia formulato preventiva richiesta di adempimento nei confronti del nuovo
conduttore.
Per agire nei confronti dell’ex conduttore è dunque sufficiente la preventiva diffida di versamento dei canoni impagati nei confronti del nuovo inquilino.
QUESITO n°3 (14 gennaio 2013)
Conduco in locazione un appartamento che da un po’ di tempo è soggetto ad infiltrazioni provenienti dal bagno dell’unità sovrastante e a nulla sono valse le mie contestazioni al
responsabile del danno. Ho segnalato la situazione anche al mio locatore il quale però mi ha risposto che si tratta di una questione di mia esclusiva competenza. E’ corretta tale
condotta?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Al quesito va data risposta affermativa. Il locatore è tenuto a garantire l’inquilino dalle molestie che diminuiscono il godimento dell’unità locata limitatamente all’ipotesi in cui
i terzi accampino dei diritti sulla cosa locata.
Per quanto riguarda invece le molestie cosiddette di fatto, quali appunto le infiltrazioni provenienti dall’appartamento sovrastante, il locatore non è tenuto ad intervenire ed il
conduttore può far valere le sue ragioni agendo direttamente nei confronti dell’autore del danno.
QUESITO n°2 ( 9 gennaio 2013)
Conduco in locazione un appartamento che da un po’ di tempo è soggetto ad infiltrazioni provenienti dal bagno dell’unità sovrastante e a nulla sono valse le mie contestazioni al
responsabile del danno. Ho segnalato la situazione anche al mio locatore il quale però mi ha risposto che si tratta di una questione di mia esclusiva competenza. E’ corretta tale
condotta?
– Risposta di Achille Colombo Clerici
Al quesito va data risposta affermativa. Il locatore è tenuto a garantire l’inquilino dalle molestie che diminuiscono il godimento dell’unità locata limitatamente all’ipotesi in cui
i terzi accampino dei diritti sulla cosa locata.
Per quanto riguarda invece le molestie cosiddette di fatto, quali appunto le infiltrazioni provenienti dall’appartamento sovrastante, il locatore non è tenuto ad intervenire ed il
conduttore può far valere le sue ragioni agendo direttamente nei confronti dell’autore del danno.
QUESITO n°1 ( 9 gennaio 2013)
Abito in un condominio composto da due soli condomini. Il mio vicino è quasi sempre assente e non riusciamo a metterci d’accordo su chi incaricare per la pulizia dello stabile e la
manutenzione del verde. Ogni decisione viene sistematicamente rinviata. Posso rivolgermi all’autorità giudiziaria?
Risposta di Achille Colombo Clerici
Analogamente ad un normale condominio, anche nel condominio cosiddetto minimo, composto cioè da due soli partecipanti, se non si adottano le decisioni necessarie per l’amministrazione dei
beni e dei servizi comuni si può ricorrere all’autorità giudiziaria nelle forme della volontaria giurisdizione.
Su ricorso dell’interessato, il Tribunale adotta i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune e può anche nominare un amministratore.
Prima di rivolgersi all’autorità è peraltro necessario provocare e/o sollecitare preventivamente la deliberazione assembleare e, in caso di esito negativo, potrà avviarsi il
procedimento.
Ciò in quanto l’assemblea, ancorché formata da due soli condomini, è l’organo sovrano cui competono le decisioni inerenti le cose comuni e solo a fronte della comprovata
impossibilità a deliberare è consentito l’intervento sostitutivo da parte dell’autorità.
Nota della Redazione:
Quesiti e risposte pubblicati periodicamente
da Newsfood.com su espressa autorizzazione di
Achille Colombo Clerici, presidente Assoedilizia.
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