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Recovery Found: UE e ITALIA post Covid – Aiuti tanti, occasione da non perdere per cambiare

Recovery Found: UE e ITALIA post Covid – Aiuti tanti, occasione da non perdere per cambiare

By Giuseppe

UE e ITALIA post Covid e post Recovery –
26 luglio 2020

Che cosa hanno in comune recovery fund e covid 19?

Qualche verità in più sugli strumenti economici finanziari UE.
Quali scelte obbligate per l’Italia. Come può e deve fare bella figura l’Italia dopo 30 anni di cose non fatte. La UE ha sbagliato a pretendere austerity di bilancio, senza pretendere prima le riforme strategiche. Il vero errore della UE è puntare tutto su spread, tassi, moneta, finanza. La UE deve bloccare in anticipo i fondi senza riforme. Ma riforme egualitarie per tutti: niente rebates, niente sconti, quote pari all’1% dell’iva nazionale per tutti, niente agevolazioni fiscali, niente paradisi fiscali, niente agevolazione latifondisti senza terra del nord Europa, trattamenti diversi in base al reddito dei cittadini europei, niente sostegni a imprese fallimentari, rispetto degli asset strategici di ogni paese…

Post Covid19 deve ri-nascere una Europa di popoli, di Stati Uniti veri,

Post Covid19 deve ri-nascere una Europa di popoli, di Stati Uniti veri, senza veti… ma di controlli preventivi, di vigilanza continua, di commissari non debitori verso il proprio paese.
Per la crisi pandemia Covid 19, l’Europa ha messo in campo alcuni bazuka. Utili e giusti? Via libera al pacchetto fino a 540 mld/euro per prestiti per le imprese della BEI, poi c’è il Sure da 100 mld/euro per integrare le casse integrazioni delle imprese dei paesi membri particolarmente in difficoltà in modo di eliminare i licenziamenti di fabbrica ma in uffici del terziario, poi c’è il Mes il famoso salva-Stati con i prestiti per il supporto diretto e parzialmente collegato-indiretto al sistema sanitario nazionali.
In merito ci siamo già espressi considerando l’operazione BEI (ma anche quello della BCE già avviato prima del Covid 19) una operazione importante: un sacco di soldi a tasso agevolato per le imprese europee, in primis anche le italiane così in crisi e così in difficoltà, come dichiarato da Confindustria.
Ad oggi la quota teorica per l’Italia è stata richiesta al minimo sindacale nei mesi di giugno e luglio 2020: ma allora c’è bisogno di fondi europei? Il Covid 19 ha in ogni caso dimostrato che una crisi orizzontale simmetrica, ha colpito in modo assai diverso i paesi del Nord Europa rispetto a quelli del Sud soprattutto nell’ occupazione e nel calo del Pil. Questo insegna che alcune regole “comunitarie” devono essere totalmente uguali per tutti i 27 paesi e altre direttive devono essere adattate alle diverse peculiarità produttive, sociali, civili, legali del singolo paese.
Come la moneta è unica, così la giustizia (tempi, accessi, percorsi, indipendenza, trasparenza…) deve essere uguale in tutti i paesi: se sono 10 anni di carcere in Germania devono lo stesso essere in Italia, per lo stesso reato. Se la libera concorrenza o la difesa di prodotti interessano all’Olanda, altri possono interessare l’Italia. Se esiste una Europa meridionale di frontiera con problemi totalmente diversi da quelli del Baltico, bisogna che abbiano trattamenti diversi, ma rispettati da tutti. Questa Europa sociale e solidale viene prima del rating e dello spread che appaiono sempre più strettamente connessi a quello che dicono (o decidono) alcuni commissari europei. Oggi dell’Italia, con uno spread a 150 punti, non è più in prima pagina e nelle dichiarazioni di tutti. Non si vive di sola finanza, anzi.  
Ne vedremo delle belle: i 2500 mld/euro (questa la somma del bazuka messo in atto da fondi Ue e Stati e banche) non copriranno nessun indebitamento pubblico. L’Italia aumenterà al 160-170% il suo debito. E dal 2028 in poi chi pagherà? I politici attuali? Le banche? La Cassa Depositi e Prestiti? Il Tesoro? Non credo proprio.
Sarà chiesto agli italiani di pagare il debito degli italiani fatti da sprovveduti al Governo. Non parlo solo di Conte 1-2, parlo anche di chi lo ha preceduto: tutti, da Berlusconi del 1994 in poi. Abbiamo subito scelte politiche (no referendum costituzionale e riforme e semplificazione dello Stato), soldi buttati (Alitalia), leggi ad personam (non solo del capo del governo), conflitti di interessi mancati (esistenti per il 50% dei parlamentari).
Nessuna colpa all’elettore se non aver sbagliato chi eleggere, ma forse uno vale l’altro. Eppure pagheremo noi se ancora in vita o i nostri figli con la eredità ricevuta. Non sta in piedi un paese del genere.
A novembre 2020 ne scopriremo delle belle: +12% disoccupati, + 16% aziende chiuse, + 20% di saracinesche abbassate, – 25% di dipendenti privati, + 25% di indebitamento pubblico per funzioni essenziali come le pensioni. I 300 mld/euro dalla UE che arriveranno forse in 24 mesi ( da Bce, Bei, Sure, RFund e speriamo anche il Mes che obbligherebbe i politici a ragionare)  solo se inizieranno qualche riforma, non saranno sufficienti.
L’Italia sarà in default. Giustamente già oggi, luglio 2020, qualche economista ragioniere ha fatto i conti veri del tesoro: fra vari dare/avere, prestiti/tassi, restituzione/prestiti, spread/quota associativa UE… i famosi 300 mld/euro sulla carta oggi, si ridurranno a poco più di 120 mld/euro veri reali disponibili. Dove andiamo con questo gap alla porta? La tempistica sarà il problema minore, con le famiglie non in grado a far fronte ai pagamenti minimi, con le banche a controllare i giro conti, ma non interessati ad indagare se un dipendente pubblico delle forze dell’ordine con uno stipendio fisso di 2000 euro netti al mesi, ha intestati 23 conti correnti in Italia e all’estero, in banche diverse, per movimenti annui vicino a mezzo milione di euro. Questo fa incavolare gli altri paesi d’Europa: la non credibilità soprattutto degli enti e delle azione del settore pubblico. E continuiamo a non intervenire?

Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

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Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
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