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Reati alimentari: le responsabilità del commerciante

Reati alimentari: le responsabilità del commerciante

By Redazione

Prima del 1962, il commerciante era tenuto a operare verifiche sulla propria merce, prima di porla in vendita, anche se questa gli era fornita in confezioni originali.

Le cose cambiarono radicalmente con l’entrata in vigore della legge 30 aprile 1962 n. 283, relativa alla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, ed in particolare con il suo articolo 19:

“Le sanzionipreviste dalla presente legge non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle prescrizioni della legge stessa riguardi requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che il commerciante non sia a conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di alterazione.”

E’ utile, innanzitutto, chiarire cosa si debba intendere per “confezioni originali”. Così si è pronunciata la Cassazione (n. 35723 del 12/7/07):

“… soltanto il prodotto deperibile destinato ad essere aperto esclusivamente dal consumatore, custodito in involucro sigillato, può qualificarsi come in confezione originale ai fini dell’esonero di responsabilità previsto dall’art. 19 L. 283/62.”

La discriminante è, quindi, legata alla possibilità o meno di verificare “dall’esterno” la presenza o meno di difettosità. Si tratta, in pratica, di quei segnali di alterazione che il commerciante è comunque in grado di rilevare e sui quali è chiamato a vigilare: contenitori deformati (tipica la “bombatura” dei barattoli), prodotto visibilmente non regolare nel caso di contenitori trasparenti, confezioni mal saldate o lacerate, presenza di odori anomali, ecc.

In questi casi, qualora il rivenditore ponga comunque in vendita i prodotti, egli può essere chiamato a risponderne sia a titolo di colpa (per mancata vigilanza), sia addirittura a titolo di dolo, nel caso in cui la difettosità fosse stata a lui nota già prima della messa in commercio.

Poiché l’esenzione di responsabilità viene esplicitamente subordinata al concetto di “confezione originale” (che, quindi, non consente, di norma, l’esame diretto del contenuto), ci si può domandare quale sia la situazione per quel che riguarda i cosiddetti prodotti “sfusi”.

La questione riguarda, ad esempio, l’eventuale presenza di fitofarmaci sui prodotti ortofrutticoli o di contaminanti nel pesce.

Sino agli anni settanta, la giurisprudenza aveva assunto posizioni piuttosto severe. Così si leggeva in una sentenza del 2 maggio 1975 (Cass. n. 143):

“il commerciante di qualsiasi prodotto alimentare venduto sfuso ha il dovere di porre in vendita il prodotto conforme alle prescrizioni della legge. Se si accertano delle difformità rispetto alle prescrizioni, egli risponde penalmente a titolo di colpa per non avere fatto eseguire quei controlli e preso tutte quelle precauzioni idonee ad evitare l’immissione in commercio di un prodotto non regolamentare. La sua responsabilità penale potrà essere esclusa solo dalla sua assoluta buona fede; quando cioè risulti provato che l’agente ha compiuto tutto quanto era necessario per l’osservanza delle norme, di talchè la violazione appaia determinata da inevitabile errore che si identifica con la forza maggiore o il caso fortuito.”

(Su questo argomento, si veda anche la sentenza n. 44016/2009, riportata nelle Note Finali.)

Una successiva sentenza (Cass. n. 37853 del 19.9.2001), pur ribadendo il concetto, fornisce anche una sorta di “modus operandi” per il commerciante:

” … atteso che anch’esso [il commerciante] è destinatario del precetto penale che impone l’adozione di ogni cautela al fine di evitare l’immissione in commercio di un prodotto non regolamentare, ne consegue che la responsabilità può essere esclusa solo ove, quantomeno periodicamente, siano stati eseguiti controlli a campione su ciascuna delle categorie di prodotti acquistati per la rivendita o sia stata richiesta al produttore la prova di tali indagini.”

Siamo quindi, a pieno titolo, in ambito HACCP, particolarmente per quanto attiene i piani di autocontrollo. E’ interessante osservare, a questo proposito, come non sia sempre indispensabile prevedere complesse attività di verifica: in determinate circostanze può essere sufficiente un semplice esame visivo, come risulta dalla seguente sentenza (Cass. n. 37307 del 4.10.2009):

“La responsabilità penale sotto il profilo della culpa in vigilando del responsabile di un punto vendita di catena di supermercati alimentari per il fatto di aver messo in commercio pesce che presenta infezioni da parassiti (stadi larvali di cestodi) deve essere esclusa, anche nell’ipotesi che il piano di autocontrollo stabilito a livello centrale si limiti a prevedere la «sola ispezione visiva da parte del responsabile di reparto», in quanto la rilevabilità dei parassiti da parte di un occhio esperto, la sussistenza di controlli sanitari obbligatori a monte lungo la catena commerciale e la deteriorabilità del prodotto escludono che a livello di punto vendita si possano richiedere accertamenti più complessi della mera ispezione visivademandata al preposto al singolo reparto…”.

Da questo esempio si possono trarre alcune importanti considerazioni:

# E’ fondamentale che, nel caso di delega di responsabilità (tipica nel caso di strutture complesse, quali quelle cui si riferisce la sentenza), il delegante si accerti che il delegato sia in possesso delle necessarie conoscenze, specifiche del ruolo che è chiamato a ricoprire; in caso contrario ci si può trovare di fronte a episodi di culpa in eligendo (si veda, nelle Note Finali, l’articolo Reati alimentari: di chi è la colpa?).

# Altrettanto importanti sono le cosiddette attività di qualifica dei fornitori: solo l’utilizzo di fornitori affidabili (e costantemente monitorati) può giustificare un alleggerimento dei controlli di accettazione.

# Come si è visto, anche l’eventuale deperibilità dei prodotti può giocare un ruolo nella gestione delle attività di controllo: si tratta di “quei prodotti sfusi che non rivelano esteriormente alcun vizio e per i quali l’analisi o qualsiasi appropriato controllo [con l’eccezione della “mera ispezione visiva”] si risolverebbe, per l’estrema deperibilità del prodotto stesso, nella incommestibilità e in pratica nella impossibilità di immetterlo al consumo. (Cass. n. 2933 del 16.2.96)”. E’ evidente come, in questi casi, sia indispensabile l’affidabilità del fornitore.

Meritano, infine, un accenno, le responsabilità che competono agli importatori di prodotti esteri, sui quali gravano oneri ancora maggiori. Così la Cassazione (n. 6323 del 26.3.99):

“quando un prodotto alimentare sia confezionato all’estero e provenga da un produttore straniero non soggetto alla legge penale italiana, a carico dell’importatore è posta una responsabilità molto più specifica di quella del commerciante al dettaglio. Infatti, l’importatore deve accertare la rispondenza alla normativa sanitaria dei prodotti con controlli non soltanto formali ed esterni, ma tali da garantire la qualità del prodotto anche se importato in confezioni originali.”

Riassumendo:

# nel caso di prodotti “in confezione originale”, il dettagliante ha l’onere di verificare l’eventuale presenza di difettosità percepibili sensorialmente (vista, odorato, tatto, …);

# nel caso di prodotti “sfusi”, ai controlli precedenti vanno aggiunte le verifiche analitiche (i cui risultati vanno archiviati in modo opportuno, specie ai fini della rintracciabilità) su campioni rappresentativi (fatto salvo quanto accennato circa i prodotti deperibili) e/o la richiesta ai fornitori di documentazione che dimostri gli avvenuti controlli;

# nel caso di prodotti provenienti dall’estero, siano essi sfusi o confezionati, l’importatore ha l’obbligo di effettuare i previsti controlli, prima di procedere alla loro successiva distribuzione.

Note finali

Reati alimentari: di chi è la colpa?

Vendita di alimenti scaduti e cattivo stato di conservazione

sentenza n. 44016 ( Cass. Sez.III del 18 novembre 2009)

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Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare

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