Reati alimentari: il “cattivo stato di conservazione”

19 Luglio 2010
Nelle cronache, che con frequenza quasi quotidiana ci danno notizia di ispezioni e/o sequestri di alimenti, gli Organi di Controllo fanno spesso riferimento al “cattivo stato di conservazione”.
Si tratta della lettera b) dell’art. 5 della legge 283/62 (“Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”), che così recita:
“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari:
…
b) in cattivo stato di conservazione “
Contrariamente a tutti gli altri casi menzionati nel citato articolo (alimenti privati anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolati a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale; alimenti con cariche microbiche superiori ai limiti stabiliti; alimenti contenenti additivi non autorizzati; ecc.), la lettera b) non fa riferimento al prodotto in sé, bensì al “come” l’alimento viene conservato.
Affinché si configuri tale reato, quindi, non è necessario che il prodotto alimentare risulti in qualche modo alterato.
Sul punto si è pronunciata la Cassazione (n. 35234 del 28.6.07):
” … ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall’art. 5, lettera b) L. n. 283/62, lo stato di cattiva conservazione, potendo concernere sia le caratteristiche intrinseche che le modalità di conservazione del prodotto, riguarda tutte quelle situazioni in cui le sostanze, pur potendo essere ancora genuine e sane, si presentano mal conservate e cioè preparate, confezionate e messe in vendita senza l’osservanza delle prescrizioni dirette a prevenirepericoli di una precoce alterazione, contaminazione o degradazione intrinseca del prodotto.”
Ma quali sono queste “cattive condizioni di conservazione”? Ecco alcuni esempi:
– operazioni di surgelamento che non siano effettuate “senza indugio”, così come prescritto dalla normativa in materia: es. art. 3 del decr.to leg.vo 110/92: “La preparazione dei prodotti da surgelare e l’operazione di surgelazione devono essere effettuate senza indugio mediante attrezzature tecniche tali da contenere al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche.” (Cass. n. 46860 del 16.10.07);
– “detenzione di cibi già cotti in teglie scoperte ad una temperatura ambiente di 26 °C” (Sez. Unite, sentenza n. 443 del 19.12.01);
– “detenzione di acque minerali e bibite esposte all’aperto, all’aria, alla luce solare e agli agenti atmosferici in genere” (Cass. n. 28355 del 4.7.06);
– mancato rispetto delle condizioni di conservazione esplicitamente indicate sulle confezioni (“conservare in luogo fresco ed asciutto”, “non esporre ai raggi solari o a fonti di calore”, ecc.): situazioni tipiche dei prodotti esposti nelle vetrine dei negozi…;
– stoccaggio in ambienti sporchi, polverosi, infestati e, comunque, in condizioni igieniche precarie;
– utilizzo di strumenti di lavoro e contenitori sporchi, arrugginiti, ecc.;
– utilizzo di mezzi di trasporto inidonei
– utilizzo di apparati refrigeranti inidonei (a questo proposito si veda la sentenza n. 2281 del 26.10.06, riportata nelle Note Finali e relativa, tra l’altro ai cosiddetti congelatori “a pozzetto”).
Da ricordare, infine, che non è necessario che si realizzi una vera e propria compravendita, ma è sufficiente la mera detenzione.
Note finali:
Sentenza n. 2281 del 26.10.06 (Sentenza n. 2281 del 26.10.06: Derrate alimentari varie detenute in congelatore a pozzetto. Cattivo stato di conservazione. Reato ex art. 5 lett. b) L. 283/62)
Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare
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