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Psicologia: le regole per gestire i diverbi

By Redazione

WASHINGTON – Il vostro prossimo è nervoso? Colleghi, amici, conviventi, vigili urbani e parenti possono guastare le giornate anche del buon Samaritano, per questo secondo Sartre
“l’inferno è l’altro” (inteso appunto come il prossimo), per uscire vivi e possibilmente senza troppi danni da una conversazione che si fa troppo accesa, un guru della comunicazione ha
stilato i suoi personali comandamenti.

Si tratta di Stephen J. Hopson, già broker a Wall Street che dall’anno scorso si è trasformato in un motivational speaker, una sorta di motivatore della comunicazione
interpersonale. In base alla sua inveterata esperienza a trattare soprattutto con gli uomini d’affari incravattati e, spesso, sull’orlo di una crisi di nervi, Hopson propone sette semplici
regole cui attenersi in caso di imminente litigio.

LE 7 REGOLE
1_ restate calmi: regola d’oro in quasi tutte le situazioni, secondo Hopson quando il diverbio è in atto meglio tacere e lasciare sfogare l’arrabbiato.

2_Lasciate che l’altro conduca la conversazione: premessa al primo punto, se l’altro gestisce la conversazione sarà più facile tacere durante lo sfogo. Nella maggior parte dei
casi l’interlocutore disputante ha solo voglia di sfogarsi un po’ e di essere ascoltato.

3_ Tenete in considerazione il punto di vista altrui: altrimenti state parlando da soli.

4_Riconoscete le ragioni dell’interlocutore: altrimenti state di nuovo parlando da soli, oppure siete passati dalla parte dell’interlocutore arrabbiato. Hopson consiglia la seguente formula per
dichiarare all’altro la vostra attenzione: «Sì, sì, capisco quello che intendi».

5_Se gli insulti sono sulla punta della lingua, andatevene: quando butta proprio male, fate presente che l’ira è cattiva consigliera e cambiate momentaneamente aria.

6_Se siete in errore ammettetelo: facile a dirsi, quando accade l’interlocutore probabilmente vi amerà per il resto della vita.

7_Usate l’immaginazione: se proprio non potete calmare, blandire, coccolare e scappare, usate l’immaginazione e trasformate il tiranno che vi sta innanzi in un orco buono, in un personaggio
delle favole, con una psicologia semplice e burbera. Sarà più facile tollerare l’attacco e uscirne indenni.
Chissà cosa ne penserebbe Sartre.

Gabriele De Palma
28 settembre 2007

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