“Lasciateci coltivare OGM”: l’appello di 700 contadini

11 Giugno 2014
Sono 700. Sono imprenditori agricoli, in maggior parte del Nord: friulani, veneti e lombardi.
Sono gli autori di una lettera-appello, inviata alla senatrice Elena Cattaneo: “Lo Stato riconosca la libertà scientifica e d’impresa”. In altre parole, chiedono il permesso di coltivare OGM.
In Italia, la discussione sull’uso di organismi geneticamente modificati in agricoltura è da tempo mutata in una lotta tra fondamentalismi, basata su accuse di oscurantismo e di legami con le multinazioni. Risultato, oggi in Italia sono vietate coltivazione quanto la sperimentazione.
Secondo i firmatari, innovazione e modernità possono convivere tranquillamente.
Deborah Pioran è una di queste persone: ha contribuito alla redazione del disciplinare del Riso del Delta del Po Igp, “Conosco bene l’importanza del tipico, il suo valore economico.” allo stesso tempo, rivendica le potenzialità dell’OGM: “Perché impedire per un insensato pregiudizio un’attività che potrebbe dare lavoro a tante imprese e a tanti giovani?”.
Lo stesso percorso di Franco Nulli: ex ingegnere, ha mollato la professione per dedicarsi all’azienda di famiglia, nelle campagne lombarde. “Ho coltivato un po’ di tutto, seguendo le onde dei contributi e le bizze dei governanti: piselli, fagiolini, pomodori. Adesso riso, soia e mais”. Ora, come altri della lettera, vorrebbe provare gli OGM, ma è bloccato.
Bloccato da una politica schizofrenica, che passa dal favore alla contrarietà in fretta: “Due anni fa quando distrussero i campi dell’Università della Tuscia mi misi a piangere. Trent’anni di ricerca buttati via, come mettere i libri al rogo”.
Ma bloccato soprattutto da una serie di paradossi: “La coltivazione in Italia è vietata, ma gli OGM li mangiamo da almeno dieci anni. Le nostre mucche e i nostri maiali sono alimentati con mais modificato e così nascono i prodotti vanto delle nostre tavole, dal parmigiano al prosciutto”.
Nulli, almeno lui, ha le idee chiare: “Se mi trovassi davanti una polenta OGM e una biologica, non avrei dubbi. Quella biologica potrebbe essere piena di tossine. Tra un dubbio e la certezza, io scelgo l’OGM”. Anche perchè, conclude l’ingegnere, la battaglia non è tra cibo naturale e modificato, ma tra passato e progresso. Allora, viva la coabitazione: “Esplora il significato del termine: Perché allora non possono convivere l’agricoltura tradizionale e quella OGM? Ovviamente trovando i sistemi adeguati, mantenendo una distanza di sicurezza. Ma come facciamo a sapere qual è se non ci danno nemmeno la possibilità di fare ricerca?
Matteo Clerici